Regione, giunta approva ddl su rilievi del governo nazionale “Collegato”. Prevista la riscrittura dell’articolo relativo alla progressione dei dipendenti regionali assunti in base alla legge regionale n. 20 del 1999

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Approvato dalla giunta il disegno di legge “Impegni governativi” con cui il governo regionale risponde ai rilievi effettuati dalla presidenza del Consiglio dei ministri sulle norme del “collegato” alla legge di Stabilità della Sicilia.

Per un gruppo di articoli, impugnati innanzi alla Corte Costituzionale, si propone direttamente l’abrogazione, mentre per altri, sulla base della “leale collaborazione fra lo Stato e la Regione” e “nel rispetto degli impegni assunti dal governo regionale per superare le ipotesi di incostituzionalità”, viene proposta la modifica.

In particolare, il presidente della Regione, che firma il disegno di legge, ha proposto, tra gli altri, la riformulazione di articoli considerati caratterizzanti per il loro valore sociale. Tra queste, la norma che prevede gli incentivi per i medici impiegati in strutture periferiche o di provincia e quella per l’adeguamento tariffario delle strutture riabilitative per disabili psico-fisico sensoriali, per le comunità terapeutiche assistite, per le residenze sanitarie assistenziali e per i centri diurni per soggetti autistici.

Prevista anche la riscrittura dell’articolo relativo alla progressione dei dipendenti regionali assunti in base alla legge regionale n. 20 del 1999, “Nuove norme in materia di interventi contro la mafia e di misure di solidarietà in favore delle vittime della mafia e dei loro familiari”, riservando il 50 per cento delle posizioni disponibili ed estendendo il beneficio a tutto il personale in possesso dei requisiti richiesti. Inoltre, fino al 31 dicembre 2025 e nell’attesa che venga definita una disciplina statale, il ddl prevede che la legge 20 si applichi anche alle donne vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso e ai figli delle vittime di femminicidio.

Oltre alle norme del “collegato”, il testo approvato dalla giunta introduce anche alcune modifiche alla disciplina delle ex Province, fino all’approvazione dell’attesa legge nazionale di riforma degli enti di area vasta per l’introduzione dell’elezione a suffragio universale diretto degli organi. Nel rispetto della sentenza della Corte Costituzionale dello scorso luglio, infatti, il governo regionale prevede intanto l’indizione delle elezioni di secondo livello dei presidenti dei Liberi consorzi comunali e dei consigli metropolitani in una delle domeniche comprese tra il 6 e il 27 ottobre 2024. I commissari straordinari di nomina regionale, quindi, resteranno in carica soltanto fino alla costituzione dei nuovi organi.

Il testo del disegno di legge governativo sarà ora trasmesso all’Ars per la discussione e l’approvazione definitiva.

Statali, sì alla settimana di 4 giorni

Tratto da PAmagazine

Il caso più eclatante è quello di Intesa SanPaolo, la principale banca italiana, che dopo aver rotto l’unità del fronte datoriale, accettando unilateralmente la proposta dei sindacati di un aumento di ben 435 euro mensili (ratificato poi da tutte le altre imprese nel nuovo contratto dei bancari), ha anche sottoscritto un accordo aziendale estremamente innovativo che introduce la settimana lavorativa di 4 giorni, nei quali l’orario viene esteso a nove ore. E non è tutto, perché di tutte queste giornate, ben 120 saranno di lavoro a domicilio.

Un caso, quello di Intesa, che sta facendo scuola, visto che altri grandi gruppi si sono avviati in questa direzione, da Sace a Luxottica e altre ancora la stanno studiando seriamente. Il tema della settimana ultracorta si sta quindi imponendo nel dibattito sindacale, come era già accaduto con lo smart working, anche se stavolta, grazie a Dio, ci è stata risparmiata l’invenzione, alquanto provinciale, di un termine inglese che nessuno nel mondo anglosassone utilizza (in Gran Bretagna o negli Stati Uniti il lavoro a domicilio si chiama remote working, o flexible working, o mobile working, ma non certo smart).

Grande tema, quello della durata della settimana lavorativa, che inevitabilmente ha cominciato a circolare anche nel settore pubblico dove già il lavoro a domicilio è stato accettato solo come soluzione emergenziale durante la pandemia (chi si dimentica l’opposizione ferrea dell’ex ministro Renato Brunetta, ora presidente del Cnel). E infatti le reazioni da parte delle varie amministrazioni non giustificano ottimismi. Nessuno ancora ha affrontato esplicitamente il tema, ma come nel caso del lavoro domiciliare, si fa notare che soluzioni così innovative richiederebbero prima una generale riforma del sistema. Tutto ciò che va in direzione di una maggiore flessibilità, è la tesi di chi non vuole parlare di settimana ultracorta, richiede prima una profonda revisione dei meccanismi di analisi delle performance e di valutazione dell’efficienza. Non solo, si fa notare che servirebbe anche una seria ristrutturazione organizzativa, che non potrebbe non investire la formazione e i modelli di gestione del personale e la stessa dirigenza. La conclusione è che per imboccare questa strada più che di una riforma servirebbe una vera e propria rivoluzione del sistema amministrativo pubblico.

Ora, che non sia più tempo di mettere pezze a un tessuto fin troppo lacerato, come quello della Pubblica Amministrazione, non lo scopriamo oggi ma lo diciamo, per lo più inascoltati, da anni. Io personalmente mi sono sgolato nei convegni ed ho scritto, anche su queste colonne, non so quanti articoli per invocare una nuova visione del lavoro pubblico e investimenti adeguati alla sfida. Sono arrivato a invocare un piano Marshall per la PA, figuriamoci se non sono d’accordo sulla necessità di una rivoluzione del sistema, ma avverto anche la (spiacevole) sensazione che tutta questa enfasi sia un modo come l’altro per mettere le mani avanti e limitarsi a gestire l’esistente. E non è l’unica nota stonata che percepisco. Sì, perché l’obiezione che mi viene per prima in mente, quando sento parlare della settimana ultracorta, non riguarda i modelli organizzativi ma gli organici. Se ogni singola amministrazione soffre di una carenza di almeno un terzo degli addetti, che senso ha parlare di una riduzione delle giornate lavorative?

Già adesso per smaltire gli arretrati non bastano gli straordinari. E’ così vera questa riflessione che in qualche modo le stesse amministrazioni se ne rendono conto, anche se le soluzioni che propongono non vanno nella direzione giusta, come il bonus retributivo concesso ai dipendenti dell’Agenzia delle Entrate per il superlavoro connesso alle pratiche del PNRR. Ben venga ogni tipo di aumento salariale, ma trasformare i colleghi delle Entrate in cottimisti non è la strada migliore per risolvere il problema, quella passa per farli tornare da 29 mila a 43 mila, numero fissato nella loro pianta organica.

L’assoluta priorità della Pubblica Amministrazione, ora, è la ricostituzione degli organici. Primum vivere, deinde philosophari, come dicevano quelli colti. Dopodiché è ovvio che questi nuovi modelli organizzativi approfondiranno il divario già esistente tra lavoro pubblico e privato, rendendo il secondo sempre più attrattivo e competitivo rispetto al primo e non è buttando la palla in tribuna che si potrà invertire la tendenza alla disaffezione che tante volte abbiamo lamentato, ma ora che si apre la complicata fase del rinnovo contrattuale della PA sarebbe già un ottimo risultato se entrambe le parti, sindacato e amministrazioni, stessero focalizzate sulle immediate priorità e la prima di essere, ribadisco, riguarda gli organici.

CCRL 2019/2021. Inquadramento del personale nel nuovo sistema di classificazione. Sarebbe stato possibile uno scivolamento in avanti per tutti o per alcuni? Si può fare riferimento all’inquadramento in caso di mobilità intercompartimentale regolamentata dal DPCM 26 giugno 2015?

Voglio esprimere la mia personalissima opinione relativamente ad un argomento che tiene banco da diverse settimane ovvero l’inquadramento del personale regionale nel nuovo sistema di classificazione con il passaggio dalle 4 categorie alle 3 aree.

Ripeto, è la mia personalissima opinione sulla base della normativa vigente, che non intende assolutamente scoraggiare le azioni di coloro che ritengono sia stata adottata una procedura non corretta.

Sarò ovviamente felicissimo di essere smentito da un giudice in questa mia disamina.

Vediamo cosa stabilisce a tal proposito la normativa vigente, ovvero il testo unico del pubblico impiego (D.lgs 165/01).

L’Art. 52 del D.lgs 165/01 (Disciplina delle mansioni) stabilisce che:

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.
1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, dei conservatori e degli istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. La contrattazione collettiva individua un’ulteriore area per l’inquadramento del personale di elevata qualificazione. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti. In sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto per il periodo 2019-2021 possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, ad esclusione dell’area di cui al secondo periodo, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate ((dalle amministrazioni)) per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno.
All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente.

Il D.lgs 165/01 vieta, quindi, uno scivolamento in avanti per tutti o per alcuni che non sia giustificato da procedure selettive.

La riclassificazione non prevede alcuna promozione ma è l’adozione di un nuovo sistema classificatorio del personale che avviene attraverso tabelle di equiparazione tra il vecchio e il nuovo sistema classificatorio che tiene conto dei requisiti per l’accesso (per A e B assolvimento dell’obbligo scolastico).
La valorizzazione del personale è la fase successiva prevista dal contratto appena sottoscritto, con la progressione tra le aree (art. 23 del CCRL) per cui è prevista una riserva del 50% dei posti disponibili nell’ambito delle risorse assunzionali.
Il CCRL (art. 24) prevede, inoltre, una norma di prima applicazione cui sono ammessi (solo) i dipendenti in servizio. Le risorse pari allo 0,55 della massa salariale sono già disponibili.
Art. 24 comma 6. “Ai sensi dell’art. 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, al fine di tener conto dell’esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’Amministrazione di appartenenza, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e comunque entro il termine del 31 dicembre 2025, la progressione tra le aree ha luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nell’allegata tabella di corrispondenza”.

Cosa diversa è l’inquadramento in caso di mobilità intercompartimentale.
Vediamo cosa dice il D.lgs 165/01 a proposito della mobilità.

L’art. 29-bis del D.legs 165/ 01 (Mobilita’ intercompartimentale) stabilisce che:
1. Al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, sentite le Organizzazioni sindacali è definita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione.
Originariamente queste tabelle di equiparazione erano previste dal DPCM 26 giugno 2015 che ha individuato le tabelle di equiparazione tra le varie categorie e posizioni economiche dei dipendenti.

I contratti degli ultimi anni, però, hanno rivisto totalmente gli ordinamenti professionali ed hanno fatto sparire le posizioni economiche all’interno delle singole aree.

Di conseguenza, quelle tabelle non sono più minimamente applicabili.

Oggi la mobilità intercompartimentale è regolamentata dal DPCM 30 novembre 2023 che, appunto,  disciplina i processi di mobilità tra le diverse amministrazioni.

Il recente decreto stabilisce che l’equiparazione tra le aree e le categorie previste per le p.a. di provenienza e di destinazione deve avvenire mediante confronto degli ordinamenti professionali disciplinati dai rispettivi CCNL.

Si deve tenere conto delle mansioni, delle competenze professionali, dei compiti, delle responsabilità e dei titoli di accesso relativi alle declaratorie delle medesime aree e categorie.

Quindi, al dipendente trasferito è attribuito un trattamento economico composto dalla retribuzione tabellare dell’area di inquadramento e dal differenziale stipendiale dell’amministrazione di destinazione.

Il datore di lavoro può controllare la posta elettronica del dipendente?

Tratto da lentepubblica.it

Vediamo se è legale che il datore di lavoro controlli la posta elettronica di uno dei dipendenti, per cercare un illecito.


Se c’è un illecito da confermare, da parte di un dipendente, il datore di lavoro ha la possibilità di controllare la sua posta elettronica?

Dopo l’istituzione della riforma del lavoro del 2015 (il Jobs Act), si sono fatti più sottili i limiti tra controlli e privacy, fra datore di lavoro e dipendenti.

Ma è pur vero che un accesso libero viene considerato illegittimo. Ecco allora quali sono i limiti.

Posta elettronica dipendente: il datore di lavoro può controllarla indistintamente?

Secondo la legge, possono essere effettuati dei controlli sulla messaggistica elettronica dei dipendenti, da parte del datore di lavoro, solo nei seguenti casi:

  • Se avvengono sull’account aziendale (che è di proprietà del datore di lavoro);
  • Se il dipendente viene informato della possibilità dei controlli sulle mail, prima dell’inizio del lavoro (l’informativa deve essere preferibilmente in forma scritta);
  • In caso di “sospetto fondato” di un eventuale illecito da parte del dipendente.

Esclusi questi casi, il datore di lavoro non può controllare la mail dei suoi dipendenti (o ex dipendenti).

Licenziamento dipendente a causa di una mail: è possibile?

Se il datore di lavoro viene a conoscenza di un illecito, all’interno di una mail (come la divulgazione di informazioni riservate o commenti fatti per screditare il vertice aziendale), c’è la possibilità di licenziare il dipendente.

Ma il licenziamento può essere possibile solo se

  • Il dipendente era stato informato della possibilità di controllo della sua posta elettronica;
  • Il controllo della mail viene fatto dopo la notizia della condotta illecita e quindi dopo l’insorgere del sospetto.

In una sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma, pubblicata lo scorso 14 febbraio 2024, è stato annullato il licenziamento di un dirigente di una compagnia aerea.
L’azienda aveva ritenuto giusto il licenziamento, perché aveva trovato delle mail denigratorie, nei confronti della governance aziendale, nella casella postale del dipendente.

Le informazioni, però, erano state ottenute tramite un accesso illecito del manager, violando l’art.4 dello Statuto dei Lavoratori e la normativa europea e nazionale sulla privacy. Per questo, il Tribunale ha annullato la decisione precedente, reintegrando il dipendente licenziato.

Perciò, il controllo delle mail può avvenire solo dopo l’insorgere di un “fondato sospetto” e non prima. Nel caso in oggetto alla sentenza, invece, i datori di lavoro avevano acquisito le mail, prima di avere il dubbio per la commissione dell’illecito.

Statali, salario accessorio senza tetti. Così la Pa può premiare il merito

Tratto da PAmagazine

Per i dipendenti pubblici è accessorio quella parte di salario che si aggiunge allo stipendio base e dovrebbe fare la differenza, remunerando il merito e la professionalità del dipendente stesso, proprio le qualità sulle quali il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, vuole costruire l’architrave dell’imminente trattativa contrattuale. In estrema sintesi l’idea del ministro è quella di riservare aumenti, progressioni di carriera e scatti di stipendio ai dipendenti più meritevoli, quelli, cioè, che otterranno le valutazioni alte, o comunque superiori ad una nuova «soglia minima», tutta da definire, al di sotto della quale si perderà il diritto alla componente accessoria della retribuzione finale.

A leggere interviste e dichiarazioni sarebbe, insomma, questa la prima mossa con la quale il ministro intende aprire la partita a scacchi del nuovo contratto. In merito risponderemo al tavolo, ha poco senso, infatti, anticipare il confronto a mezzo stampa. Quello che però il ministro sa, perché tra l’altro l’ho anticipato proprio in un articolo pubblicato su questo sito, è che se vuole lanciarci la sfida di un confronto centrato sul merito e sulla produttività, noi di Confsal-Unsa, non ci sottrarremo. A patto, però, come ho già detto, che sia un confronto vero, a 360 gradi, dove lo Stato faccia la sua parte sapendo che non si può parlare seriamente di produttività se non si affronta anche il tema degli organici, carenti quasi di un terzo (posto più, posto meno) in ogni ramo dell’amministrazione. E già che ci siamo vorrei segnalare al ministro un’altra considerazione, tutt’altro che accessoria, che se si vuole puntare davvero tutto sulla parte aggiuntiva e complementare del salario, bisogna almeno eliminare il tetto che da qualche anno sta inaridendo questa fonte di retribuzione.

L’allarme, peraltro, lo ha lanciato una figura centrale della prossima contrattazione, cioè il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, che intervistato dal Messaggero, ha spiegato che sul salario accessorio ogni amministrazione dello Stato non può superare il tetto dei fondi stanziati nel 2016. Un vincolo che vale per tutti, anche per chi avrebbe in realtà dei margini di bilancio per distribuire altri premi o aumenti di merito (perché dispone di risorse proprie, come le agenzie fiscali, le aziende sanitarie o le Università, oppure ha soldi in cassa dovuti a risparmi di gestione). Il tetto vale comunque per tutti, con il risultato che dal 2016 a oggi l’inflazione si è già mangiata una bella fetta di quel valore. Un bel problema, tanto che lo stesso presidente Naddeo invita il governo a togliere questo tetto, visto che con esso “le amministrazioni hanno le mani legate”, ed aggiunge infatti “che più che di tetto dovremmo parlare di un tappo che blocca le politiche retributive della amministrazioni”.

Un tappo da far saltare senza se e senza ma, anche perché comporta altre distorsioni. Quando l’emergenza rende necessario distribuire incentivi straordinari, in presenza di questo tetto l’unico modo di procedere è per via legislativa, come è stato fatto recentemente con il bonus concesso ai dipendenti dell’Agenzia delle entrate per il superlavoro collegato al PNRR. “Ma tutte le amministrazioni sono impegnate su questo fronte e sarebbe giusto che anche gli altri potessero premiare i dipendenti”, ha osservato saggiamente il presidente Naddeo, invece, bloccare tutti e poi attraverso un emendamento a qualche legge, dare risorse aggiuntive a uno e non agli altri finisce per creare “una sorta di dumping tra le amministrazioni”.

Conclusione, quella del presidente dell’Aran, che non può che trovarci d’accordo, anche perché ci riporta alla considerazione iniziale, il merito e la produttività vanno premiati, ma la politica retributiva deve rispondere a una visione d’insieme e stabilire vincoli a priori, come il tetto, oppure adottare soluzioni tampone una tantum, come il bonus PNRR, è l’esatto opposto della strategia che noi auspichiamo. E vorrei essere ancora più chiaro, per evitare equivoci: non c’è dubbio che vada adeguatamente retribuito lo sforzo aggiuntivo richiesto ai colleghi dell’Agenzia delle Entrate per rispettare le tappe forzate delle procedure richieste dal PNRR. Vorrei però che si pensasse anche al fatto che questo carico di lavoro dipende, in larga parte, dal fatto che a fronte di una pianta organica di circa 43 mila dipendenti (dirigenti esclusi, ne risultano effettivamente in servizio all’Agenzia delle entrate circa 29 mila. Ecco, quindi, che ritorniamo al punto di partenza.

RINNOVO CCRL 2019-2021 DIPENDENTI REGIONE SICILIANA AUMENTI CONTRATTUALI E ARRETRATI

Mi sono dilettato con i numeri e ho elaborato 2 tabelle con gli incrementi mensili della retribuzione tabellare da corrispondere per 13 mensilità e con la quantificazione degli arretrati calcolati al 30 giugno 2024.

Il calcolo degli arretrati al 30 giugno è motivato dal fatto che verosimilmente l’amministrazione non potrà adeguare gli stipendi prima del 1° luglio 2024.

La prima tabella (tabella 1) è semplificata.

Ci sono gli aumenti dei tabellari spettanti per ciascun anno (2019, 2020 e 2021) e gli arretrati calcolati al lordo e al netto della vacanza contrattuale.

TABELLA 1

La seconda tabella (tabella 2) mostra i vari passaggi che portano alla quantificazione degli arretrati.

TABELLA 2

ATTENZIONE!!

Gli importi degli arretrati non corrispondono perfettamente per coloro che hanno conseguito la PEO nel 2020 e nel 2021 e questo riguarda non solo queste tabelle ma tutte le tabelle con la quantificazione di aumenti e arretrati in circolazione.

COMUNICATO STAMPA – FIRMATO IL RINNOVO DEL CCRL 2019-2021 PER I DIPENDENTI DELLA REGIONE SICILIANA

Palermo, 11 aprile 2024

Appena sottoscritto il rinnovo del contratto collettivo regionale di lavoro 2019-2021 che si applica a tutti i dipendenti regionali del comparto non dirigenziale, degli enti e delle società collegati alla Regione. A darne notizia sono unitariamente le segreterie regionali dei sindacati rappresentativi Cisl Fp, Cobas Codir, Fp Cgil, Sadirs, Siad Csa, Ugl Autonomie e Uil Fpl dopo avere sottoscritto il Ccrl 2019-2021 presso la sede dell’Aran Sicilia guidata dal commissario straordinario Accursio Gallo. “Riteniamo questo un importante risultato, considerati gli attuali limiti normativi ed economici sulla riclassificazione”. Peraltro, a distanza di oltre un anno e mezzo di ritardo, rispetto a tutti gli altri comparti del pubblico impiego, la firma era un atto dovuto. Adesso, occorre imprimere una forte accelerazione sull’attuazione del nuovo ccrl e proiettarci verso Il prossimo. Con il rinnovo – concludono le sigle – il comparto si avvicina all’equiparazione giuridica del Ccnl delle Funzioni Centrali, cioè dei ministeri, degli enti e delle agenzie dello Stato”. Gli aumenti contrattuali Con il nuovo contratto, i lavoratori avranno un aumento mensile degli stipendi che varia da 61,82 per la categoria economica più bassa a 145 per la categoria economica più alta. Per le categorie A l’aumento medio è di circa 65 euro. Per le categorie B l’aumento medio è di circa 76 euro. Per le categorie superiori l’aumento medio è di 100 euro per le categorie C e di circa 120 euro per le categorie D. “Adesso subito la riclassificazione” I sindacati richiedono subito l’attivazione delle procedure per la riforma dell’ordinamento professionale. “Non possiamo più attendere ritardi sull’avvio delle procedure di riclassificazione”, affermano aggiungendo: “Finalmente i fondi sono stanziati e non ci sono più alibi. Chiediamo che si proceda all’attivazione delle procedure per consentire le progressioni verticali del maggior numero di dipendenti possibili per dare il giusto riconoscimento ai tanti dipendenti che svolgono compiti di inquadramento superiore rispetto alle mansioni loro affidategli. Non ne hanno bisogno solo i lavoratori – aggiungono – lo richiede il funzionamento della macchina amministrativa che può solo trarre benefici dal giusto riconoscimento ai lavoratori”. Sul tema le organizzazioni rincarano la dose. “I futuri concorsi – dicono – prevedano una riserva dei posti per valorizzare maggiormente chi è già in amministrazione e che possiede professionalità e titoli.” Positiva la valutazione delle sigle sul potenziamento dell’istituto delle posizioni organizzative e sull’introduzione dell’area delle elevate professionalità. “Quest’ultimo è un istituto che nel resto di Italia – commentano i sindacati – inizia a essere attuato e che va nella direzione di una pubblica amministrazione capace di valorizzare le competenza e più efficiente nell’organizzazione. Una pubblica amministrazione, come la Regione Siciliana, fondamentale per la tenuta e il rilancio economico dell’Isola, d’altra parte, non può essere basata su un ordinamento professionale decontestualizzato e lontano dalle esigenze del futuro”. “Bene l’impegno di Messina e Gallo, ma serve una completa Aran Sicilia” Le organizzazioni sindacali valutano positivamente l’azione posta in essere dall’assessore Andrea Messina e dal commissario dell’Aran Sicilia, Accursio Gallo. “Il commissario Gallo – spiegano – ha manifestato apertura al confronto e gli va riconosciuto il merito di aver sopperito alla assenza del comitato direttivo ed alle gravi carenze d’organico. Dell’assessore Andrea Messina abbiamo apprezzato l’onestà intellettuale con cui ha sempre rappresentato gli invalicabili limiti, dettati dalle norme vigenti. Adesso però – rilanciano i rappresentanti dei lavoratori – non si può più rinviare il rinnovo del comitato direttivo dell’agenzia di negoziazione per recuperare tutti i ritardi che si sono accumulati.