Qualcuno ha parlato di norma salva-Renzi.
La notizia della norma salva-Renzi, per la verità, era uscita lo scorso giugno per merito di alcune testate online, a cominciare da Dagospia che aveva parlato un articolo per risolvere i problemi del premier con la giustizia amministrativa.
Il decreto di riforma, infatti, introduceva un articolo che nella formulazione originaria prevedeva che “In ragione della temporaneità e del carattere fiduciario del rapporto di lavoro si prescinde nell’attribuzione degli incarichi dal possesso di specifici titoli di studio o professionali per l’accesso alle corrispondenti qualifiche ed aree di riferimento”. Traduzione: con questa norma negli enti locali (comuni, province e regioni), le assunzioni a tempo determinato potevano essere decise in modo discrezionale a prescindere dal percorso professionale e dal titolo di studio dei candidati.
Da Palazzo Chigi avevano fatto sapere che la legge ad personam “era un errore, e che sarebbe sparita dal testo definitivo”.
La legge di conversione ha modificato la formulazione originaria.
Si tratta dalla modifica dell’articolo 90 del d.lgs 267/2000 cui è stato aggiunto il comma 3-bis “Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”.
In sostanza, con l’attuale formulazione si può essere pagati come dirigenti senza esserlo fermo restando il divieto di effettuazione di attività gestionale.
Tutto inizia quando da presidente della provincia di Firenze, tra il 2004 e il 2009, l’attuale capo del governo, si rende responsabile dell’assunzione irregolare e su chiamata diretta di quattro persone nello staff della sua segreteria. Ai quattro fortunati prescelti l’amministrazione stipula invece che uno di categoria C un contratto di categoria D, nonostante gli interessati non avessero la laurea, titolo di studio per il tipo di inquadramento…..continua a leggere