Cosa è il jobs act e cosa cambia per i lavoratori

Il governo Renzi ha varato la riforma del lavoro. Il consiglio dei ministri, nel pomeriggio del 20 febbraio, ha approvato definitivamente i decreti attuativi del Jobs act. I primi due sono stati sottoposti all’esame definitivo. Gli altri due, invece, sono stati approvati in via preliminare e dunque passeranno al vaglio del Parlamento per un parere non vincolante prima del varo.

Ecco i punti principali della riforma:

Contratto a tutele crescenti

Si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto, per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi. Per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti.

Licenziamenti discriminatori

Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro. Per licenziamento discriminatorio si intende l’allontanamento per motivi religiosi o politici.

Licenziamenti disciplinari, reintegro solo per “insussistenza del fatto”

Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo in un caso, cioè quando il giudice accerti “l’insussistenza del fatto materiale contestato”, cioè quando il fatto viene inventato dal datore di lavoro. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.

I licenziamenti

La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.

Licenziamenti collettivi

Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.

Piccole imprese

Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.

Ammortizzatori sociali (secondo decreto) Naspi, dal 2015

Il decreto introduce la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Varrà dal 1° maggio 2015 per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che abbiano cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della Naspi sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4.33. La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.

Asdi, da quest’anno

Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi, assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.

Dis-Col, per i collaboratori

Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori). Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento. Il suo importo è rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.

LE TIPOLOGIE CONTRATTUALI (decreto esaminato in via preliminare)

Stop ai Co.Co. Pro

Contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.). A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto e quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza. Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato, quindi verranno trasformati in contratti a tutele crescenti. Sarà comunque possibile stipulare Co.co.pro in virtù di accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.

Stop a contratti di associazione in partecipazione

Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing.

Contratti confermati

Contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali.

Contratto di somministrazione

Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%).

Contratto a chiamata

Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.

Lavoro accessorio (voucher)

Verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.

Apprendistato

Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro.

Part-time in casi di gravi malattie

Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).  Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.

Demansionamento ma stesso trattamento economico

In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro). Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/jobs-act-lavoro-ecco-come-cambieranno-i-contratti-497b1bbe-43f1-44cd-b268-b7e31fe2b5ea.html

Ultimatum al Governo. I diritti acquisiti non si toccano

comunicato 25 febbraio 2015 congiunto defSi è concluso, oggi (ieri), nel tardo pomeriggio, il secondo incontro con il Governo regionale per la definizione del DDL di Stabilità all’interno del quale sono contenute tutta una serie di norme relative al personale.

La nuova bozza, però, non contiene nessuna delle osservazioni già poste al tavolo nella precedente riunione a cominciare dalla mancata programmazione di una seria politica di valorizzazione del personale, al rispetto dei diritti in materia pensionistica anche nei pensionamenti anticipati, allo stop a incursioni legislative in materie contrattuali, all’erogazione dei bienni economici riconosciuti nello Stato.

I sindacati si sono dichiarati disponibili (FERMO RESTANDO L’ATTUALE SISTEMA DI CALCOLO DEL TRATTAMENTO PENSIONISTICO) ad accettare una penalizzazione, che deve essere quanto più possibile contenuta per essere realmente efficace, per coloro che, VOLONTARIAMENTE, vorranno andare in pensione con i requisiti pre-fornero chiedendo il prolungamento della finestra di fuoriuscita fino al 2020.

Nell’ultima bozza del DDL stabilità ennesima modifica al sistema di calcolo del trattamento pensionistico

  • PensioneA decorrere dal 1° gennaio 2019, le modalità di calcolo dei trattamenti di quiescenza del personale regionale in servizio, destinatario delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 10 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 21, sono disciplinate dalle norme statali in materia, avuto riguardo al trattamento economico complessivo lordo annualmente corrisposto agli interessati. Resta ferma la competenza diretta della Regione per l’amministrazione dei relativi trattamenti.
  • In armonia con i principi e le finalità dell’articolo 2 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, i dipendenti dell’Amministrazione regionale che, sino al 31 dicembre 2018, risultano in possesso dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono collocati, a domanda,in quiescenza e conseguono il diritto al trattamento pensionistico.
  • Per il personale di cui al comma 1 dell’art. 20 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, collocato in quiescenza dalla data di entrata in vigore della presente legge al 31 dicembre 2018, la quota del trattamento pensionistico, calcolata con il sistema retributivo secondo la legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, viene ridotta della misura percentuale del 15%.

Bozza DDL stabilità aggiornata al 24 febbraio