Giudizio di parificazione. Allarme della Corte dei Conti. Ma se la Sicilia è al crac, la colpa è anche di Roma che toglie i soldi
La Corte dei Conti bacchetta la Regione. Malgrado numerose misure «ispirate a rigorose politiche d’intervento», i conti della Regione siciliana vanno peggiorando. Lo dicono le sezioni riunite della Corte dei conti per la Sicilia nella relazione sul rendiconto 2014 della Regione. I giudici sottolineano una «condizione di difficile sostenibilità dei conti pubblici regionali».
Ma se la condizione del bilancio siciliano è “inquietante”, molte responsabilità possono essere attribuite proprio al governo romano. Che ha tolto, in questi anni, alla Sicilia, risorse che spettano ai siciliani.
“Nel corso del 2014, – si legge nella relazione – la Struttura di gestione dell’Agenzia delle entrate ha ‘trattenuto’ le entrate riscosse nella Regione per complessivi 585,5 milioni di euro, riversandole direttamente al bilancio dello Stato a titolo di accantonamenti tributari e, per di più, in assenza di qualsiasi comunicazione formale alla Regione. Quest’ultima, in tal modo, non ha potuto ‘accertare’ la medesima somma in entrata e, conseguentemente in uscita – a titolo di concorso alla finanza pubblica – atteso che, nell’ordinamento contabile della Regione, le entrate erariali sono accertate all’atto del versamento. Queste Sezioni riunite, pertanto, – aggiugne – evidenziano come l’operato degli anzidetti Uffici statali, che hanno posto in essere una sostanziale “compensazione per cassa”, abbia realizzato una procedura unilaterale e poco trasparente, che non consente un corretto riscontro al livello di banca dati SIOPE e che mal si concilia con il principio di “leale collaborazione” che deve presidiare i rapporti istituzionali tra Stato e Regione”. Interventi unilaterali, poco trasparenti e poco “leali”. Che hanno impoverito le casse della Regione, già esangui.
“Tale prassi – si legge nella relazione – ha prodotto un duplice ordine di criticità: da una parte, non ha consentito alla Regione di operare in termini di corretta contabilizzazione delle entrate, di talché risulta fuorviante e di difficile comprensione, attraverso il rendiconto, non solo la modalità con la quale la Regione ha contribuito al risanamento della finanza pubblica, ma anche l’analisi della “serie storica” degli accertamenti”.
Non manca, poi, il mancato riconoscimento alla Sicilia dei tributi previsti dallo Statuto. In particolare dall’articolo 37, “che prevede – si legge sempre nel rendiconto – l’attribuzione alla Regione del gettito dell’imposta sul reddito degli impianti industriali e commerciali con stabilimenti ubicati nell’Isola: per l’esercizio 2014, a tale titolo, è stata assegnata la complessiva somma di 50,2 milioni che, tuttavia, non risulta ancora versata dalla Struttura di gestione, né risultano esplicitati i criteri di stima utilizzati dal Mef (Ministero dell’Economia e Finanze) per l’attribuzione di siffatta entrata”. E il giudizio della Corte dei conti nei confronti dello Stato centrale in questo caso è molto chiaro: “Queste Sezioni riunite sottolineano come, ancora una volta, in un momento di affanno finanziario per i conti della Regione siciliana, somme statutariamente spettanti non vengano erogate dai competenti organi statali”.