Pubblico impiego. Avvolto dalle nebbie il rinnovo del contratto bloccato da sei anni. Unica certezza l’esiguità delle risorse
All’ottimismo, successivo alla sentenza del giugno scorso della Consulta – che aveva sancito l’incostituzionalità del blocco introdotto dal governo di centro-destra e perpetuato sia da quello tecnico che da quelli di centro-sinistra – è subentrato un deciso pessimismo, generato sia dalle irrisorie risorse messe sul piatto dal governo, che dai tempi della trattativa (finora, al palo), che rischiano di essere biblici.
Quanto alle risorse destinate da Palazzo Chigi ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego, il comma 466 della legge di Stabilità quantifica in 300 milioni di euro la spesa per il triennio 2016-2018, dei quali 74 destinati a Forze armate e Corpi di polizia e 7 al personale statale non privatizzato.
Si tratta di poco meno di 100 euro lordi pro capite, dai quali, giusta il disposto del comma 467 della legge di stabilità, si devono sottrarre circa 33 euro di contributi e Irap a carico dell’ente. La differenza, divisa per 13 mensilità, riserva ai dipendenti pubblici 5 euro mensili, al lordo dei contributi e delle ritenute fiscali a carico dei dipendenti stessi.
Interessante l’articolo (in basso) di cui vi propongo un piccolo stralcio ma di cui vi consiglio la lettura integrale.
“I sindacati tradizionali, ‘pronta-firma’, sono stati complici di tutti i governi in quest’operazione di distruzione delle retribuzioni. Hanno sottoscritto per un trentennio contratti ridicoli dopo che gli scatti d’anzianità sono stati vietati dal Dlvo 29/93, da loro concordato all’epoca con il Governo Amato nei famosi accordi sul costo del lavoro. Il ‘congelamento’ degli automatismi d’anzianità, la manfrina della parziale ‘restituzione’ con la truffa della ‘presa dal mucchio’ del fondo di istituto, oggi così ridotto da impedire la retribuzione degli straordinari del personale”.