Delibera della Giunta Regionale n. 207 del 7 giugno 2016. Rimodulazione degli assetti organizzativi dei Dipartimenti regionali

Delibera di giunta n. 207 del 7 giugno 2016.Delibera della Giunta Regionale n. 207 del 7 giugno 2016.

Regolamento di attuazione del titolo II della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19. Rimodulazione degli assetti organizzativi dei Dipartimenti regionali di cui all’articolo 49, comma 1, della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9. Modifica del Decreto del Presidente della Regione 18 gennaio 2013, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni – Approvazione

Dìvide et ìmpera. Il governo Renzi pensa di rinnovare i contratti solo per una parte dei dipendenti pubblici. Ipotesi tetto a 26mila euro. La Madia prepara la direttiva

Il Messaggero dell'8 giugno. Statali, aumenti non per tutti
Il Messaggero dell’8 giugno 2016

A luglio il tavolo sul rinnovo del contratto, bloccato da sette anni, entrerà nel vivo. Da qualche settimana il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, sta lavorando alla bozza di direttiva da impartire all’Aran proprio in vista dell’apertura del tavolo. Ormai è certo che l’indicazione, contestata dai sindacati, di concentrare le poche risorse disponibili soprattutto sui redditi medio-bassi, troverà spazio all’interno del testo al quale sta lavorando la Madia. Il ministro non ha tuttavia intenzione di indicare una soglia di reddito precisa al d sotto della quale far scattare gli aumenti sulla parte tabellare dello stipendio.

Commento

Divide et impera (letteralmente «dividi e comanda») è una locuzione latina tornata oggi in uso, secondo cui il migliore espediente di una tirannide o di un’autorità qualsiasi per controllare e governare un popolo è dividerlo, provocando rivalità e fomentando discordie.

Una delle ipotesi allo studio del governo è che si possa replicare lo schema degli 80 euro, ossia concedere gli aumenti tabellari di stipendio soltanto a chi guadagna meno di 26 mila euro all’anno, con tutte le iniquità che questo sistema ha comportato dal momento che non ha tenuto conto del “quoziente familiare”.

In molti casi, infatti, il bonus è andato a chi non ne aveva assolutamente bisogno (si pensi alla moglie del manager o del libero professionista che ha percepito il bonus sol perché il proprio cud personale (ora CU – certificazione unica) era inferiore ai 25 mila euro, o si pensi all’esempio dei 4 componenti dello stesso nucleo familiare che percepiscono il bonus perché il reddito di ciascuno è inferiore a 25 mila euro mentre il bonus non viene percepito da chi è monoreddito con moglie e figli a carico e percepisce un reddito di poco superiore ai 25 mila euro).

A parte il fatto che in tanti sono stati costretti a restituirlo perché hanno superato il limite previsto per l’erogazione del bonus.

Cassazione. Per gli statali vale l’articolo 18 e non la legge Fornero in caso di licenziamento

Palazzo della Consulta Roma 2006Nei licenziamenti del pubblico impiego si applica ancora l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e non la disciplina prevista dalla legge Fornero. Tanto meno quella arrivata dopo con il Jobs act. Lo ha confermato la Cassazione dopo «una approfondita e condivisa riflessione» con la sentenza n. 11868 della Sezione Lavoro depositata oggi.

Viene così confermata l’esistenza di un doppio binario tra pubblico e privato per le regole sui licenziamenti. La riforma Fornero del mercato del lavoro aveva limato l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che prevede la possibilità di reintegro del dipendente in caso di licenziamento illegittimo. Con il Jobs act, poi, il reintegro è stato di fatto limitato ai casi di licenziamento discriminatorio, quello basato su motivi di razza o religione ad esempio, sostituendolo in quasi tutti gli altri casi con un indennizzo in denaro. Ma da tutte queste modifiche restano fuori i dipendenti pubblici, come confermato oggi dalla Cassazione. Per loro in caso di licenziamento illegittimo, scatta sempre il reintegro nel posto di lavoro.