Pubblica amministrazione: sui dirigenti la mannaia del duo Renzi-Madia. Licenziamenti più facili e indennità tolte

Il Sole 24 Ore. Tagli dirigenti senza incarico
Il Sole 24 Ore del 22 giugno 2016. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars, clicca sopra l’immagine

Sei anni al massimo senza incarico poi, a seguito di una valutazione negativa del suo operato, il dirigente pubblico potrà essere messo alla porta. Nella riforma della Pubblica amministrazione non ci sono solo i licenziamenti per i furbetti del cartellino o, presto, quelli per gli assenteisti seriali o per le diserzioni di massa dal lavoro. Anche per i dirigenti è in arrivo una stretta più incisiva rospetto a quella prevista per gli altri dipendenti. Lo dispone uno dei decreti attuativi più attesi della riforma che porta la firma del ministro Marianna Madia, quello, appunto, che si occupa di dirigenza pubblica.

Nella bozza del decreto di riforma si legge che i dirigenti che non raggiungeranno gli obiettivi prefissati rischiano stipendio e mantenimento del posto. Una vera  e propria rivoluzione nella Pubblica Amministrazione che non risparmia i dirigenti. Non esiste più il posto fisso a vita quindi. Anche chi vince un concorso pubblico, per essere confermato dovrà passare un esame.

Non è ancora certo se le novità si applicheranno anche ai dirigenti scolastici che già con la legge detta Buona Scuola, sono soggetti ad una valutazione periodica. Certo è che in merito alla dirigenza interna, sono confermate le indiscrezioni già emerse per cui se un dirigente rimane senza incarico per 6 anni e il suo ultimo mandato si era chiuso con una bocciatura, allora lo stesso dirigente decade.

Per ogni anno che decorre, subirà inoltre una decurtazione della busta paga base del 10% e per non perdere il lavoro potrà anche optare per un declassamento a funzionario oppure, tramite accordo con l’amministrazione di riferimento, pur di non perdere il lavoro e tornare a casa, potrà anche prestare servizio per enti no profit. A vigilare sulla dirigenza interna, secondo quanto si prevede nella bozza del decreto, ci sarà una Commissione ad hoc.

Intervista a Massimo D’Alema: «Così Renzi sta rottamando il Pd. Il referendum? Io voterò no»

Corriere della Sera del 22 giugno 2016. Intervista a Dalema
Corriere della Sera del 22 giugno 2016

Ecco alcuni passaggi salienti dell’intervista.

Dice D’Alema:

Una parte molto grande dell’elettorato di sinistra non si riconosce nel Pd, non lo sente come proprio, non si mobilita. Lui non si è limitato a rottamare un gruppo dirigente; sta rottamando alcuni milioni di elettori».

Rispetto alle precedenti comunali hanno perso un milione di voti.

Non c’era mai stata una pressione sui mezzi di informazione così fastidiosa come quella che esercita questo governo. Neppure ai tempi di Berlusconi. Ora alimentano sulla rete una campagna sui vecchi che vogliono reimpadronirsi del partito.

A proposito della costituzionalità o meno dell’Italicum dice:

«Secondo me sì. Non sono un giudice costituzionale, ma la sentenza della Corte sollevava due questioni: il diritto del cittadino di scegliere il proprio rappresentante; e il carattere distorsivo del premio di maggioranza, quando è troppo grande.

Conclude l’intervista dicendo che al referendum di ottobre voterà NO. Feci la stessa scelta – dice D’Alema – anche sulla riforma Berlusconi del 2006 che, per certi versi, era fatta meglio.

Referendum, Renzi nel panico: se lo chiede il Pd, non si ritira più

Il Fatto Quotidiano. Referendum 3
Il Fatto Quotidiano del 23 giugno 2016. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars, clicca sopra l’immagine

I No crescono e il premier (che aveva promesso l’addio) non sa più che fare.

Inizia il tentativo di smarcarsi dal “se perdo me ne torno a casa”.

“Se perdo il referendum considero fallita la mia esperienza in politica”, aveva annunciato il premier durante la conferenza stampa di fine anno. Dunque, “me ne vado”. I sondaggi all’epoca erano buoni, il consenso sembrava saldo.