Il pareggio di bilancio, quello inserito in Costituzione con legge Costituzionale, potrebbe essere incostituzionale

Di Jastrow (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia CommonsCon “pareggio di bilancio” si intende la necessità, per Stato e Regioni, di pareggiare le entrate e le uscite di ciascun anno.

Nel 2011 il Governo Monti inserì il principio del pareggio di bilancio in Costituzione (articolo 81). Con il pareggio di bilancio in Costituzione è stato, di fatto, reso illegale il keynesimo. Non risulta più possibile la spesa “espansiva” in infrastrutture, politiche di sostegno al reddito (e al consumo) interno eccetera eccetera.

Una spesa è possibile solo se bilanciata da un taglio o da una maggiore entrata (tasse). Questo, ovviamente, implica che le minimali maggiori spese a sostegno della produzione devono essere bilanciate da tagli a spese “improduttive”. Le spese improduttive per eccellenza sono proprio quelle che riguardano lo stato sociale. Istruzione gratuita, sostegno assistenziale e previdenziale agli inabili al lavoro e ai disoccupati involontari, assistenza sanitaria …

Lo Stato si “ritira” da questi ambiti lasciando al mercato e all’iniziativa privata la gestione del sostegno sociale. Ovviamente, il privato mercato svolgerà queste funzioni solo dietro corrispettivo.

In buona sostanza, lo smantellamento dello Stato sociale e la privatizzazione dei servizi sociali essenziali. Accessibili solo a chi può consentirseli.

Questo, in modo assai schematico, il pareggio di bilancio (vigente per Stato e Regioni) e il “patto di stabilità interno” che ne deriva (per i Comuni).

La Sentenza n° 275 del 16 dicembre 2016 della Corte Costituzionale costringe a un amaro risveglio tutti i sostenitori del pareggio di bilancio. I sostenitori del libero mercato e dello smantellamento dello Stato sociale sbattono il muso contro l’amara realtà.

Matteo Renzi: “Me ne vado”, disse. Ci avevamo creduto….

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Il Fatto Quotidiano dell’11 dicembre 2016

Quella frase l’ha ripetuta sei volte. In radio, in tv e sui giornali. Ed era una frase bella. Semplice. Rivoluzionaria. Era uno schiaffo in faccia alla vecchia politica. Era un concetto altruista e generoso.

Oggi, però, sappiamo che era fasullo.

Il Fatto QuotidianoMatteo Renzi: “Me ne vado”, disse. Ci avevamo creduto perfino noi


“Se perdo mollo”, “Vedremo”. Tutte le giravolte di Matteo per restare premier ombra

L’ha sempre fatto e lo fa ancora. Sin dai tempi della Provincia di Firenze, quando usò tutti i suoi mezzi per fare della macchina amministrativa, la sua agenzia di pubblicità. Quando, 34enne, prese il Comune di Firenze, tradendo tutti quelli che lo avevano cresciuto politicamente sino a quel momento. E ora, quasi 42enne, già presidente del Consiglio, anche se gli italiani domenica scorsa gli hanno fatto pervenire una raccomandata senza ricevuta di ritorno nella quale scrivono «non ti sopportiamo più», non smette di fare il gradasso e di dire bugie.

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