Regionali. I sindacati: “Governo ed Ars lavorino subito per abrogare una norma che promuove solo 30 dipendenti”

“L’Ars abroghi immediatamente l’articolo 74 del collegato alla legge finanziaria. È una norma incostituzionale che lede i diritti di undicimila lavoratori regionali per favorirne poco meno di 30. Chiediamo un intervento immediato o siamo pronti alle barricate”. A dichiararlo sono unitariamente le segreterie dei sindacati dei regionali Cisl Fp, Cobas Codir, Fp Cgil, Sadirs, Siad Csa, Ugl Autonomie e Uil Fpl, commentando la mancata impugnativa di una norma della legge regionale che dispone la promozione dalla categoria C alla D soltanto di trenta lavoratori assunti in quanto familiari delle vittime della mafia e della criminalità organizzata, o delle vittime del dovere.
La disposizione era stata ritenuta incostituzionale dal Mef nell’analisi preventiva della legge. Non è stata però impugnata dietro l’impegno del Presidente della Regione a modificarne il contenuto. Nel frattempo, osservano i sindacati, gli uffici hanno l’obbligo di eseguirla.
Il testo della norma prevede che coloro che sono stati assunti con la legge speciale con la qualifica di istruttore e che abbiano maturato 10 anni di esperienza lavorativa in Regione, qualora in possesso di laurea e assunti, possano essere promossi nel “livello contrattuale e qualifica corrispondenti al titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno”.
“Tale norma – osservano i sindacati – non solo mortifica tutto il restante personale, che attende la riclassificazione da oltre vent’anni, ma anche il personale assunto in forza della medesima legge, non afferente alla categoria degli istruttori”.
Per le organizzazioni dei lavoratori con una tale previsione normativa “si finisce per deturpare una causa nobile, come quella della legge regionale per i lavoratori assunti in quanto familiari delle vittime della mafia e della criminalità organizzata, o delle vittime del dovere, provocando effetti perversi, anche per via dei benefici tendenziosi, visto che sarebbero limitati solo ad alcuni destinatari. Si tratta di una disparità evidente e insopportabile oltre che di una norma incostituzionale per violazione della competenza esclusiva che viene affidata alla contrattazione collettiva”.
“La norma – concludono le sigle – vanifica il senso della contrattazione collettiva e i rapporti con il sindacato rischiando, inoltre, seriamente di fare saltare la sottoscrizione del Ccrl 2019-2021 a cui tanto abbiamo lavorato al tavolo dell’Aran Sicilia. La norma va abrogata subito”.

Arrivano i “super funzionari” nei ministeri

Tratto da lentepubblica.it

Tra le novità emerse dalla lettura dei Piao, c’è anche l’arrivo dei “super funzionari” nei ministeri: ecco chi sono e quale sarà la loro funzione.


I Piao (Piani integrati delle attività dei ministeri), resi noti nelle ultime settimane, prevedono anche l’introduzione dei “super funzionari”, una nuova categoria di dipendenti pubblici.

Saranno una sorta di via di mezzo tra funzionari e dirigenti.

Una prima parte di “super funzionari” arriverà nei ministeri già a partire da quest’anno. Altri saranno selezionati tra gli attuali funzionari, per consentire ad alcuni dipendenti di ottenere la promozione e uno stipendio più alto.

Questa nuova categoria, grazie a competenze più elevate e specialistiche, si occuperà di portare avanti alcuni progetti, come quelli finanziati dal Pnrr.

Vediamo allora di cosa si tratta e quali saranno i loro compiti.

“Super funzionari” nei ministeri: ecco tutto quello che c’è da sapere

I “super funzionari” saranno una categoria di dipendenti pubblici con elevate professionalità.
Sono figure pensate per poter “attrarre” profili competenti e dalle capacità elevate, in modo da fare concorrenza alle retribuzioni del settore privato.

Sessanta nuove figure saranno assunte dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha stanziato, proprio a questo scopo, 5,9 milioni di euro. Il costo di ogni dipendente sarà di 98mila euro.
Si tratta di una cifra molto alta, soprattutto a confronto coi 67’500 euro indicati come costo unitario di un dirigente di seconda fascia.

Altri cento “super funzionari” saranno assunti dal Ministero della Cultura, il primo ministero a muoversi in questa direzione, grazie ad un finanziamento ad hoc ricevuto per rafforzare l’organico.

La retribuzione sarà, quindi di 98mila euro lordi, tranne per il Ministero delle Infrastrutture che ha deciso di avvalersi di dieci unità, ma con una retribuzione più bassa, pari a circa 63mila euro annui.

Le nuove figure saranno introdotte anche al Ministero degli Esteri, con 18 ingressi programmati per il 2024 e altri 117 per il 2025.

Gli altri ministeri, intanto, attendono, anche per calcolare il costo e la funzione delle nuove figure.
Ad esempio, il Ministero dell’Ambiente ha avviato una prima fase di studio, mentre in altri dicasteri ancora non c’è la volontà per l’introduzione delle nuove figure.

Rinnovo CCRL 2019/2021. L’Aran finalmente ha proposto la bozza completa

L’Aran Sicilia finalmente ha proposto la bozza completa di rinnovo del contratto 2019/2021 che contiene anche la parte dell’ordinamento professionale che è stata elaborata secondo gli attuali stringenti vincoli giuridici ed economici vigenti. Rivisitate le declaratorie delle nuove aree. Le OO.SS. nelle prossime ore effettueranno un’attenta analisi di tutto l’articolato proposto per verificare che siano state recepite tutte le innovazioni possibili che sono state richieste nel corso degli ultimi incontri e in particolare per la possibilità di attivare subito percorsi di carriera con le risorse disponibili.

Per la prossima settimana è prevista la convocazione delle oo.ss. rappresentative per la firma definitiva.

Incontro Aran del 26.03.2024 -Rinnovo CCRL 2019/2021

Oggi l’Aran Sicilia finalmente ha proposto la bozza completa di rinnovo del contratto 2019/2021 che contiene anche la parte dell’ordinamento professionale che è stata elaborata secondo gli attuali stringenti vincoli giuridici ed economici vigenti. Rivisitate le declaratorie delle nuove aree. Le OO.SS. nelle prossime ore effettueranno un’attenta analisi di tutto l’articolato proposto per verificare che siano state recepite tutte le innovazioni possibili che sono state richieste nel corso degli ultimi incontri e in particolare per la possibilità di attivare subito percorsi di carriera con le risorse disponibili. Per la prossima settimana è prevista la convocazione delle oo.ss. rappresentative per la firma definitiva. Seguirà invio della bozza proposta. CGIL CISL UIL SADIRS COBAS/CIDIR SIAD/CSA UGL

Nella Pa il 40% dei dipendenti ha più di 50 anni

Tratto da PAmagazine

Quattro dipendenti pubblici su dieci hanno tra i 50 e i 59 anni. Nella Pa l’età media dei lavoratori ora raggiunge 49,8 anni. Così l’ultimo rapporto dell’Aran. La distribuzione per classi di età del personale della Pubblica amministrazione offre un quadro chiaro. Il 39% degli assunti rientra nella fascia d’età 50-59 anni. Si tratta della percentuale più alta, seguita da quella degli occupati tra i 40 e i 49 anni (26%). Solo il 5% ha un’età compresa tra i 18 e i 29 anni, il 14% ha tra i 30 e i 39 anni e infine il 16% è over 60. I settori maggiormente interessati dalla massiccia presenza di lavoratori tra i 50 e i 59 anni sono quello delle amministrazioni con comparto autonomo o fuori comparto (46% dei lavoratori totali), quello delle funzioni locali (44%) e quello delle funzioni centrali (43%).

I numeri

Salta all’occhio il fatto che a fronte di 1.266.135 dipendenti pubblici tra i 50 e i 59 anni, solo 908 hanno tra i 18 e i 29 anni e poco meno di settemila tra i 30 e i 39. Si tratta di numeri veramente esigui, anche se l’età media dei lavoratori si è ridotta negli ultimi anni. Infatti, dall’analisi dell’andamento dell’età media del personale della Pa nel ventennio che va dal 2001 al 2021 è possibile notare che dopo un periodo di crescita pressoché costante questa ha subito una leggera flessione a partire dal 2018. Ciononostante l’età media dei dipendenti della Pa, nelle elaborazioni dei dati relativi al 2021, resta piuttosto alta, con un picco di 56,7 anni nella carriera penitenziaria. I più giovani? I dipendenti delle forze armate con, in media, 40,7 anni. Dal confronto tra i dati del 2001 e quelli del 2021 si scopre che l’età media del totale dei lavoratori è aumentata, passando da 43,5 a 49,8 anni. Se in tutti i settori si è registrato tale aumento, si legge poi che il campo in cui la differenza tra l’età media del 2001 e quella del 2021 è maggiore è quello di chi è in regime di diritto pubblico, con un incremento medio di più di 10 anni (da 34,4 a 44,8 anni); mentre quello in cui la discrepanza è meno determinante riguarda i lavoratori nell’ambito di istruzione e ricerca, caratterizzato da una differenza di quasi 3 anni e mezzo in media (da 47,2 a 50,6 anni). Ciononostante sono proprio i professori e i ricercatori universitari i dipendenti di PA più anziani d’Italia, con un’età media di 54,8 anni. A seguirli dirigenti (53, 5 anni), docenti scolastici e di istituti AFAM con contratto a tempo indeterminato (52,4 anni), e professionisti, ricercatori e tecnologi (52 anni). Con un’età media di meno di 41 anni, i dipendenti più giovani sono, invece, i docenti -scuola e AFAM- con contratti a tempo determinato (40,9 anni).

Differenze di genere

Riferendosi all’anno 2021 il report Aran non evidenzia notevoli differenze di età media in base al sesso di chi lavora nella PA. Nell’analisi dei dipendenti totali, quella degli uomini è leggermente più bassa di quella delle donne (49,3 anni contro 50,2). I dipendenti di sesso maschile mediamente più giovani appartengono alle forze armate (41,5 anni), e sono seguiti da poliziotti (45,5) e vigili del fuoco (47,6). Anche le donne mediamente più giovani operano nelle forze armate (31,2). Pure in questo caso le poliziotte sono al secondo posto, con un’età media di 41,7 anni, mentre il terzo posto è occupato dalle donne che intraprendono la carriera diplomatica (42,6 anni). Il settore con i lavoratori e le lavoratrici più maturi è invece quello della carriera penitenziaria: gli uomini qui impegnati hanno 57,3 anni in media; le donne 56,4.

Parere in merito all’applicazione dell’art. 11, comma 1, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137 – Trattenimento in servizio

Tratto da neopa.it

Come noto, l’articolo 11 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, rubricato “Disposizioni per l’efficienza della pubblica amministrazione”, dispone, al comma 1, che le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tra cui i Comuni, “possono trattenere in servizio, fino al 31 dicembre 2026, nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, i dirigenti generali, anche apicali, dei dipartimenti o delle strutture corrispondenti secondo i rispettivi ordinamenti, con esclusione di quelli già collocati in quiescenza, che siano attuatori di interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
La richiamata disposizione legislativa, dunque, introduce una disciplina transitoria volta a non indebolire le amministrazioni pubbliche nella delicata fase di attuazione di interventi previsti nel PNRR, consentendo alle stesse di continuare ad avvalersi delle figure dirigenziali apicali chiamate a svolgere compiti di attuazione dei progetti di che trattasi, ai fini di garantire il conseguimento degli obiettivi programmati.
Orbene, è di tutta evidenza come il citato intervento legislativo, orientato, come detto, ad autorizzare la permanenza in servizio di personale dirigenziale titolare di determinate tipologie di incarichi strettamente connessi con l’attuazione di interventi nell’ambito del PNRR, rappresenti una deroga al regime ordinario e debba essere, per questo, oggetto di stretta interpretazione.
Atteso quanto sopra, ai fini dell’attuazione della norma, devono ricorrere determinati presupposti, tra cui, per quanto qui di interesse, innanzitutto la qualifica dirigenziale della figura da trattenere, ma, ancor più specificamente, una valutazione in ordine alla complessità ed alla dimensione organizzativa della struttura interessata, che consenta di ritenere tale incarico dirigenziale corrispondente ad uno di livello dirigenziale generale o apicale di cui al comma 1 del citato articolo 11. Inoltre, vale la pena di sottolineare che, in ogni caso, la prosecuzione del rapporto di lavoro deve essere disposta dall’amministrazione nei cui ruoli è inquadrato il dirigente che si intende trattenere.
Di conseguenza, la disposizione normativa de qua deve ritenersi inapplicabile da parte di un comune privo di personale di qualifica dirigenziale, che abbia conferito, ai sensi dell’art. 109, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le relative funzioni ai responsabili degli uffici o dei servizi.

Anticipazione buonuscita per acquisto prima casa, le richieste entro il 31 maggio

Tratto da fondopensionisicilia.it

Il Direttore Generale del Fondo Pensioni Sicilia, Filippo Nasca, ha firmato il decreto per la richiesta di anticipazione della buonuscita per l’acquisto della prima casa (ai sensi dell’art. 20 della l.r. n.11/88).
L’avviso, valido per l’anno 2024, è rivolto specificamente ai dipendenti assunti entro il 31 dicembre 2000.
I dipendenti interessati possono avanzare la propria richiesta tramite trasmissione via PEC al Dipartimento di appartenenza entro il 31 maggio 2024.

Nel dettaglio, le domande devono essere inviate a:

  • Dipartimento Regionale della Funzione Pubblica e del Personale – Servizio 1 “Gestione Giuridica del Personale” Viale Regione Siciliana n. 2194 – 90135 Palermo, PEC: [email protected]
  • Comando del Corpo Forestale – Servizio 1 “Gestione Giuridica” – Via Ugo La Malfa n. 87/89 – 90146 Palermo | PEC: [email protected]
  • Dipartimento Regionale dell’Istruzione e Formazione Professionale – Servizio 6 “Scuole non statali” Viale Regione Siciliana n. 33 – 90135 Palermo | PEC: [email protected]

Diverse tipologie di richieste di anticipazione della buonuscita

Al fine di procedere con la richiesta, i dipendenti devono compilare l’apposita modulistica ed allegare i documenti, come certificazioni, autocertificazioni e atti relativi alla situazione immobiliare e finanziaria del richiedente.
Sono previste tre diverse tipologie di richieste:
– istanza di anticipazione della buonuscita per l’acquisto della prima casa da terzi;
– istanza di anticipazione della buonuscita per l’acquisto di casa in cooperativa;
– istanza di anticipazione della buonuscita per la costruzione in proprio della prima casa di abitazione.

Le richieste saranno valutate da una Commissione appositamente nominata secondo criteri stabiliti ai sensi dell’art. 7 del Regolamento approvato con D.P.R.S. n. 41/91, tra cui l’anzianità di servizio, l’acquisto della casa a nome del dipendente o del figlio, il nucleo familiare e il reddito familiare.
Le somme anticipate saranno erogate previa presentazione di documentazione valida, come l’atto di compravendita o la certificazione rilasciata dal notaio nel caso di acquisto in corso di realizzazione.

L’anticipo della buonuscita non può superare € 50.000,00 lordi. Le richieste saranno soddisfatte fino all’esaurimento delle risorse assegnate, per un ammontare di € 1.700.000,00, come stabilito dalla delibera del Commissario Straordinario.

È fondamentale rispettare la scadenza del 31 maggio 2024 e seguire scrupolosamente le indicazioni fornite per la presentazione delle domande.

Il decreto, l’avviso approvato e la relativa modulistica per procedere alla presentazione dell’istanza, sono disponibili al seguente link:
https://www.regione.sicilia.it/la-regione-informa/dd-n-1471-21032024-anticipazione-buonuscita-acquisto-casa

Liquidazione degli Statali. La Ragioneria dello Stato ferma la proposta di legge per anticiparne i tempi di erogazione

Tratto da PAmagazine

Stop della Ragioneria generale dello Stato alle due proposte di legge depostitate alla Camera in commissione Lavoro e che prevedono il versamento accelerato del Tfs agli statali. Oggi i dipendenti pubblici aspettano anche più di cinque anni prima di vedere i soldi della liquidazione, a causa di una norma introdotta dal governo Monti ai tempi della crisi dello spread, che nel pubblico autorizza il pagamento differito (e a rate) del Tfs-Tfr. Norma che è già stata “bocciata” in due occasioni dalla Consulta, l’ultima volta la scorsa estate, perché iniqua.

La Rgs, con una nota di poche righe inviata alla commissione Lavoro questa settimana, ha fermato le proposte di legge (bipartisan) che puntavano a ridurre, da un anno a tre mesi, il tempo di pagamento della prima rata del Tfs, aumentando nel contempo l’importo di questo primo versamento da 50mila fino a 63.600 euro. «Ancora una volta», tuona Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa, «i dipendenti pubblici sono utilizzati come un bancomat per mantenere l’equilibrio dei conti pubblici. Un’ingiustizia certificata da una sentenza della Consulta alla quale, ancora una volta, non si riesce a porre rimedio».

Lo stop

Non si tratta proprio di un fulmine a ciel sereno. Che il pagamento in tempi celeri del Tfs ai dipendenti pubblici comportasse un costo importante per le casse dello Stato era noto. Ma la Corte costituzionale a giugno è stata più che chiara: i giudici hanno chiesto al Parlamento di rimuovere, gradualmente, una norma che crea una grave disparità di trattamento (grave quanto ingiustificabile) tra pubblico e privato. Perché il dipendente di un’azienda che cessa il servizio riceve i soldi della liquidazione nel giro di un mese circa, mentre un lavoratore dello Stato è costretto a una sala di attesa lunga anni?

Secondo i calcoli effettuati dall’Inps, la misura che ha incontrato l’alt della Rgs comporterebbe un costo di 3,8 miliardi di euro solo nel 2024. Per procedere, hanno sentenziato i tecnici del Mef, occorrono coperture adeguate.

La situazione

Oggi nel pubblico il versamento rateizzato della liquidazione parte dopo un anno. La prima rata può coprire al massimo 50 mila euro. La seconda, che scatta dopo altri dodici mesi, arriva fino a un massimo di 100 mila euro. Infine, la terza copre la parte restante. I tempi si allungano ulteriormente se il dipendente che lascia il lavoro è un “quotista”. In questo caso, infatti, l’attesa può superare addirittura i cinque anni. L’Inps, in una relazione tecnica depositata in commissione Lavoro a Montecitorio, ha spiegato che l’importo medio lordo dei cessati per vecchiaia o limiti di servizio è di 82.400 euro, quello per dimissioni è di 74.100 euro, mentre quello per decesso è di 66.800 euro.


La domanda sorge spontanea:

Ma la Ragioneria Generale può indurre il Parlamento a non applicare una sentenza della Corte Costituzionale?