Il governo sta lavorando per trovare una via d’uscita che coinvolga le principali sigle. Nè Palazzo Chigi, nè i ministeri più direttamente interessati (Infrastrutture e Lavoro) sembrerebbero infatti intenzionati ad aprire un altro fronte conflittuale con le parti sociali, dopo il già tanto discusso decreto Franceschini che ha inserito i servizi culturali fra quelli sottoposti alle limitazioni della legge 146.
La soluzione per uscire dall’impasse potrebbe essere la «rappresentanza ». Stop all’anarchia delle micro sigle: lo sciopero, nell’ipotesi a cui si sta lavorando, potrà essere indetto solo da categorie che rappresentino almeno il 5 per cento dei lavoratori e con il consenso di una fetta consistente di dipendenti.
Il nodo, però sta proprio in questa «consistenza», che non dovrebbe essere il 50 per cento proposto dal disegno di legge Ichino (secondo i sindacati ciò rende di fatto impossibile la protesta), ma che sembra possa avvicinarsi al tetto del 20-30 per cento. Tale progetto prende spunto da un disegno presentato in Commissione Lavoro alla Camera dal presidente Cesare Damiano e nei fatti non dovrebbe incontrare grossi ostacoli da parte delle principale sigle (Cgil, Cisl e e Uil).
Il vero lavoratore SCIOPERA.
Mario Demma