Ricorso per riconoscimento mansioni superiori. Facciamo chiarezza. Ecco cosa dice la legge e la giurisprudenza

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La questione della retribuibilità o meno delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico ha dato luogo ad orientamenti giurisprudenziali non sempre univoci.

In principio, la posizione del pubblico impiegato era caratterizzata dal principio della priorità dell’inquadramento formale rispetto alle mansioni effettivamente svolte.

Il potere discrezionale dell’amministrazione nell’attribuire al pubblico impiegato le mansioni era fortemente limitato dall’obbligo di rispettare la qualifica (2° comma, art. 31 DPR 3/57) e la carriera (3° comma, art. 31 cit.). Quest’ultima non poteva essere disattesa neppure nell’assegnazione temporanea a mansioni superiori. Vigeva, dunque, il principio del divieto generale di attribuzioni di mansioni superiori e, pertanto, della non retribuibilità delle stesse. 

La possibilità di conferire al dipendente pubblico, in via temporanea e in presenza dei relativi presupposti, mansioni superiori, con conseguente spettanza del relativo trattamento economico, è stata disciplinata dall’art.56, d.lgs. n. 29/1993 successivamente modificato dal d.lgs. 165/2001 in art. 52 che ha riordinato la disciplina delle mansioni superiori nel pubblico impiego, affermando in maniera netta un principio: “l’esercizio di mansioni superiori da parte del pubblico impiegato non attribuisce il diritto alla “promozione automatica”, ma il diritto alla retribuzione corrispondente, a prescindere dalla legittimità o meno dell’atto di assegnazione”.

Il sopra citato art. 52 ha introdotto un altro principio fondamentale ovvero quello della responsabilità erariale del dirigente che abbia disposto l’assegnazione di mansioni superiori al dipendente al di fuori dei casi consentiti per i conseguenti maggiori oneri cui venga sottoposta l’amministrazione, qualora abbia agito con dolo o colpa grave.

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165

Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (GU n.106 del 9-5-2001 – Suppl. Ordinario n. 112 )

Anche le più recenti pronunce giurisprudenziali non si discostano da quanto previsto dalla legge (Sentenza 13579 del 4 luglio 2016 “pagamento al lavoratore pubblico: delle differenze retributive per le espletate mansioni superiori; ……”)

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Il dipendente pubblico, assegnato dal proprio dirigente allo svolgimento di mansioni superiori, ha diritto a vedersi corrispondere non solo la differenza stipendiale, ma anche tutti gli altri emolumenti accessori, comprese le indennità «di risultato». E, precisano le sezioni Unite civili della Cassazione, ciò va riconosciuto senza limiti temporali. Con la sentenza n. 13579/16 il giudice di legittimità sposa la linea della Corte costituzionale favorevole all’integrale applicazione al pubblico impiego «privatizzato» dell’articolo 36 della Carta, che riconosce il diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente. Di conseguenza boccia un’ampia giurisprudenza amministrativa di totale segno opposto.

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