Contratto statali, più soldi alle fasce basse

Il Messaggero del 9 luglio 2017

Nella Pubblica amministrazione i futuri aumenti di stipendio saranno applicati a tutti i dipendenti, ma attraverso un meccanismo che favorisca gli statali che guadagnano meno, con aumenti più generosi rispetto a chi incassa super stipendi. Un meccanismo che il ministero già chiama alla Robin Hood, in cui, in termini di aumento percentuale, sarà dato di meno a chi guadagna molto (si pensi ai dirigenti con redditi tra i 150 mila a 240 mila euro lordi all’anno) e di più ai dipendenti più deboli che in alcune amministrazioni arrivano a toccare una retribuzione inferiore a 20 mila euro. Il tutto dovrebbe essere calibrato all’interno di diverse fasce retributive riferite ai quattro comparti, in modo da garantire incrementi di 85 euro medi al mese per tutti, seppure graduati.

Il meccanismo pensato dalla Funzione pubblica potrebbe portare incrementi mensili non necessariamente proporzionali all’ammontare della busta paga. In altre parole, chi guadagna di meno potrebbe percepire un aumento proporzionalmente più alto.

La Sicilia del 9 luglio 2017

Statali, dalla direttiva sui contratti salta la clausola “salva 80 euro”

Il Sole 24 Ore del 7 luglio 2017

L’aumento di stipendio previsto dal nuovo contratto costerà a tanti dipendenti pubblici la perdita del bonus “80 euro”. Non sembrano esserci più dubbi, almeno stando alla direttiva emanata in questi giorni dalla Funzione pubblica, il documento che dà il via alle negoziazioni tra governo e sindacati. Una dimostrazione del fatto che fare una promessa quattro giorni prima di un referendum, nel quale ci si è giocati la faccia, è più semplice di mantenerla sette mesi dopo. Ora che la contrattazione è entrata nel vivo, infatti, il governo si è rimangiato la parola data.

Il Fatto Quotidiano del 9 luglio 2017

Arriva la «bollinatura» del ministero dell’Economia sulla «direttiva madre» di Funzione pubblica che fa ripartire ufficialmente le trattative sul pubblico impiego.

Il passaggio a Via XX Settembre, dove il testo è stato messo sotto esame per le sue ricadute finanziarie, si è fatto sentire, soprattutto su due passaggi chiave: tramonta definitivamente l’idea di una tutela più o meno automatica del bonus da 80 euro, che per un gruppo consistente di dipendenti pubblici rischia di cadere proprio in virtù degli aumenti contrattuali, e cade l’indicazione di destinare al tabellare, cioè alle voci fisse della busta paga, tutte le risorse individuate finora dalle manovre per finanziare i contratti.

La trattativa, insomma, sembra iniziare in salita.

Il nodo più intricato è quello degli 80 euro. I nuovi contratti, in base all’intesa fra governo e sindacati del 30 novembre scorso, dovrebbero garantire aumenti medi da 85 euro lordi mensili, quindi da 1.105 euro su base annua (13 mensilità). Lo stesso accordo di novembre, però, prevedeva di «evitare penalizzazioni indirette prodotte dagli aumenti contrattuali» sul bonus da 80 euro. Nel testo finale della direttiva, invece, questo obiettivo sfuma nella prospettiva per cui «le parti valuteranno» gli effetti incrociati fra aumenti e bonus «suggerendo eventuali misure correttive»: il tutto accadrà «qualora necessario» e, soprattutto, «nei limiti delle risorse destinate all’obiettivo di incremento contrattuale».

Proprio quest’ultima è la clausola decisiva, perché impone in pratica di sottrarre agli «85 euro medi» tutti i soldi da dirottare alla sterilizzazione degli effetti collaterali sul bonus. Il problema riguarda tutti i rinnovi contrattuali ma è particolarmente sentito nel pubblico impiego perché molti stipendi pubblici si collocano nella fascia fra 24mila e 26mila euro, cioè nel decalage che diminuisce il bonus all’aumentare del reddito.

A 24mila euro di reddito il bonus è pieno, 960 euro all’anno, ma scende a 720 a 24.500 euro per arrivare a 480 a 25mila euro; a 25.500 euro di reddito si attesta a 240 e si azzera dai 26mila euro di reddito in su. Per questa ragione, per esempio, chi oggi ha un reddito da 25mila euro, e riceve 480 euro di bonus, con gli aumenti contrattuali rischia di vederselo azzerare. Lo scambio, in questo caso, sarebbe fra un aumento da 85 euro lordi e una perdita da 40 euro netti.

A conti fatti, tra Irpef nazionale e locale, il nuovo contratto porterebbe ben poco: mancano dati ufficiali sulla platea a rischio, ma le stime circolate nei mesi scorsi parlano di circa 200mila persone. L’idea di una tutela preventiva, del resto, era generosa nelle intenzioni ma difficilmente praticabile: il bonus si calcola sul reddito complessivo, e non solo su quello da lavoro dipendente, per cui è impossibile determinare in anticipo la platea da tutelare e quindi la spesa da dedicare.

Tutta da discutere, poi, rimane la distribuzione degli aumenti fra parti fisse e accessorie: i sindacati chiedono di schiacciare tutti gli 85 euro sul fisso, ma nel testo definitivo è saltata anche l’indicazione che ancorava a questa voce le risorse già stanziate finora (che valgono circa 40 euro a dipendente).

“Migranti in cambio dei conti. Suicidio firmato Renzi e Alfano”

Il Giornale del 7 luglio 2017

Sui migranti Renzi dice: «Non possiamo accogliere tutti i profughi» «Non ho aperto io le porte ai profughi», e incolpa «gli accordi sbagliati dei governi precedenti.

La Bonino lo smentisce. Lui ha accettato gli stranieri e in cambio ha ottenuto la flessibilità.

A parlare di un patto Renzi-Unione Europea per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici in cambio della disponibilità ad accogliere i migranti salvati nel Mediterraneo è stata Emma Bonino, ex ministro degli esteri al tempo del governo Letta. La tesi viene confermata in questa intervista a Il Giornale dal senatore Mario Mauro, l’ex ministro della Difesa del governo Letta rientrato da alcuni mesi in Forza Italia.

«Sia Frontex Plus, sia Triton spiega l’ex ministro – sono accordi caratterizzati dall’impegno di una parte dei paesi europei a offrire assetti per il salvataggio in mare senza farsi carico dei migranti. Quella svolta è arrivata con i trattati siglati dal governo Renzi. Fino alla firma di Triton un migrante recuperato da una nave inglese risultava di fatto in territorio inglese. Con il governo Renzi si è accettato che tutti quelli recuperati dalle missioni di europee arrivassero sul suolo italiano».

Scambiare migranti con la flessibilità economica è un suicidio politico.