Il mondo delle pensioni e la “colpa” dei pensionati

di Furio Colombo – Il Fatto Quotidiano

Il Fatto Quotidiano dell’11 aprile 2017

Caro Furio Colombo, ascoltando e riascoltando telegiornali e dibattiti mi sono reso che siamo uno strano mondo: disprezziamo il lavoro e lo paghiamo il meno possibile. Poi troviamo indecoroso che così tanti ricevano pensioni così piccole. Tutti condannano e nessuno si chiede perché.

Novella

L’Osservazione coglie nel segno. Mediamente non passano più di due mesi fra una crisi di ripensamento delle pensioni e l’altra. Ovvero ogni due mesi qualcuno, da fonti sempre diverse ma sempre autorevoli (Istat, Inps, sindacati, varie organizzazioni di ricerca e monitoraggio) ci fanno sapere che l’80 per cento dei pensionati riceve assegni mensili di portata ridicola dopo quarant’anni di lavoro. Mai nessuno si ferma a questo punto a domandarsi: come mai? Le pensioni non sono una elargizione benevola, sono il frutto di un calcolo matematico in base a una serie di leggi. Si è discusso molto sui due metodi, contributivo e retributivo, provvedendo anni fa a spostare tutto sul meno oneroso per lo Stato. Ma lo scandalo, ogni volta ripetuto dalle voci più illustri, e mai chiarito, rimane senza risposta. A questo punto, invece di chiamare in causa il passato, ovvero paghe inadeguate che formano pensioni inadeguate, si chiama in causa il presente. Però non il governo o il Parlamento, affinché provvedano a correggere la vasta ingiustizia. La trovata è: si chiamano in causa gli altri pensionati, che, salvo situazioni scandalose di leggi speciali (che però sono poche, altrimenti non sarebbero privilegi) ricevono ciò che è stabilito dai calcoli in vigore, secondo le leggi via via modificate nel tempo. Cioè ricevono ciò che spetta loro in base ai decenni di lavoro e ai versamenti effettuati, incassati e investiti dall’Ente previdenziale. Matura la strana idea che i pensionati sono un mondo a parte, tanti vecchi troppo sopravvissuti, che devono darsi una mano: provvedano loro a mettere ordine se la casa è in disordine. Come se si trattasse di una torta da tagliare in modo più equo, e non il frutto di un calcolo secondo misure matematiche e prescrizioni di legge. Ma i pensionati che hanno lavorato sempre, pagato sempre, e costituito la colonna portante del sistema, vengono raggiunti anche da un’altra intimazione. Si rendono conto che i giovani non avranno mai una pensione come la loro? A questo punto sia chi governa e ha governato il Paese, sia chi governa e ha governato l’ente previdenziale, mettono sulle spalle dei pensionati il compito di provvedere alla “staffetta generazionale”. E poiché per i pensionati è impossibile, perché si tratta di destini bloccati, entra in gioco il senso di colpa. Torna utile spostarlo verso di loro. Non si sono accorti che il mondo è cambiato, non ci sono più le risorse di un tempo, e loro sono ancora lì a incassare?