Quali sono oggi le modalità per realizzare le progressioni di carriera nella pubblica amministrazione?

Ritorno, ancora una volta, su questo argomento che ho già trattato in tante altre occasioni prendendo spunto da un articolo riportato da pubblika.it


Domanda

Quali sono le modalità per realizzare le progressioni di carriera?

Risposta

A legislazione vigente esistono due normative che ammettono le progressioni di carriera. La prima è l’art. 24 del d.lgs. 150/2009 (Brunetta):

Art. 24. Progressioni di carriera
“1.  Ai sensi dell’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come introdotto dall’articolo 62 del presente decreto, le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2010, coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni.
2.  L’attribuzione dei posti riservati al personale interno è finalizzata a riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, in relazione alle specifiche esigenze delle amministrazioni”.

La seconda è l’art. 22, comma 15, del d.lgs. 75/2017 (Madia):
Art. 22, comma 15
“Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l’attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all’articolo 52del decreto legislativo n. 165 del 2001”.

Nel primo caso la norma fa riferimento ai concorsi pubblici e ammette una riserva non superiore al 50% a favore del personale interno.
In altre parole, l’ente può bandire un concorso per la copertura di due posti (ad esempio: Istruttore Direttivo Amministrativo, Cat. D), di cui uno riservato a personale interno che risulta idoneo nella graduatoria. In questo caso, quindi, la riserva – per forza – deve essere calcolata sui posti messi a concorso svolgendo prima le procedure di mobilità di cui all’art. 34-bis e all’art. 30 del d.lgs. 165/2001.

Nel secondo caso il riferimento è al 20% dei posti previsti nei piani triennali dei fabbisogni 2018/2020, ma non si parla di posti messi a concorso pubblico.
In questo caso, quindi, la riserva del 20% si può applicare sui posti che l’ente, in base al Piano Triennale del fabbisogni, può assumere nel triennio. Quindi, se i posti sono CINQUE, uno può essere coperto con una procedura selettiva riservata al personale interno.
Ne restano quattro. Se di questi 4 posti, uno viene ricoperto con la mobilità di cui all’art. 30, comma 2-bis, del d.lgs. 165/2001, ciò non inficia la regolarità della procedura. Il riferimento è all’art. 30, comma 2-bis, perché quella è la procedura di mobilità che è propedeutica all’indizione del concorso pubblico. Si ricorda, infine, che la norma “Madia” è valida solo per il triennio 2018/2020.

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Ma facciamo un breve excursus per capire come si è arrivati alla normativa attuale.

Il D.lgs 150/09 (cd. decreto Brunetta) è intervenuto sulle progressioni verticali, di fatto abolendole.

Il previgente regime contrattuale.

Una delle principali innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 riguarda, infatti, l’abrogazione dell’istituto della progressione verticale nel sistema di classificazione introdotto nell’ordinamento locale dall’articolo 4 del CCNL del comparto regioni enti locali del 31 marzo 1999.
In questo modo, tramite la fonte pattizia, era stata prevista una modalità di avanzamento di carriera finalizzata alla “promozione” del lavoratore nella categoria superiore che, al pari di quanto accade nel lavoro subordinato nell’impresa, comportava un avanzamento nella scala classificatoria stabilita dalla contrattazione collettiva, con conseguente evoluzione della propria posizione economica, ma soprattutto con un nuovo inquadramento giuridico frutto della stipula di un distinto contratto di lavoro.

Altro aspetto particolarmente significativo concerneva il terzo comma dell’articolo 4 del CCNL richiamato, in virtù del quale alle progressioni verticali era consentita la partecipazione del personale interno “anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previsti per l’accesso dall’esterno, fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti”.

La nuova disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 e la sua decorrenza temporale.

Con la nuova normativa introdotta dall’articolo 24 del decreto legislativo n.150/2009, la progressione di carriera è consentita alle amministrazioni pubbliche per coprire “ i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici con riserva non superiore al 50% a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni”.Il comma 1-bis dell’articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 come introdotto dall’articolo 62 del decreto legislativo 150/2009, ha precisato poi che “le progressioni tra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% di quelli messi a concorso”.

In ogni caso in virtù di quanto disposto dal richiamato comma 1-bis dell’articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 come modificato, per la partecipazione del personale interno al concorso pubblico con riserva è ora necessario “il titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno”.E’ questa una condizione imprescindibile che cambia sostanzialmente la prospettiva di partecipazione per i candidati interni.

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Ma procediamo con ordine.

Prima di parlare di progressioni di carriera, occorre partire dalle mansioni.

Le mansioni

Con l’espressione «mansione» si fa riferimento all’insieme dei compiti e delle concrete operazioni che il lavoratore è chiamato ad eseguire e che possono essere pretese dal datore di lavoro. Si tratta, quindi, del contenuto specifico dell’obbligazione lavorativa.

Nel rapporto di lavoro pubblico l’art. 52 del D.lgs 165/2001 (come novellato dalla riforma Brunetta) stabilisce quanto segue:

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali e’ stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro puo’ essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico. per non piu’ di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente e’ assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e’ nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore e’ corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, puo’ comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.

Progressioni di carriera

Mentre le progressioni orizzontali sono miglioramenti economici a parità di prestazioni lavorative, le progressioni verticali sono «mutamenti» della prestazione lavorativa.

Come già precedentemente accennato, la combinazione degli articoli 24 del d.lgs 150/2009 e 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001 (come novellato sempre a suo tempo dalla riforma Brunetta) ha avuto l’effetto di abolire la disciplina contrattuale delle progressioni verticali nell’ambito del sistema di classificazione.

Prima della riforma Brunetta del 2009, erano i contratti collettivi a regolare l’ipotesi dell’ascesa da una categoria (o area) all’altra.

L’intervento della riforma Brunetta era mirato a correggere l’abuso delle progressioni verticali registratosi nel decennio precedente, imponendo precisi limiti percentuali alla possibilità di attivare dette progressioni.

La riforma Brunetta, a seguito dell’abuso evidente delle progressioni verticali, trasformate in maniera diffusa in un sistema di promozioni sul campo poco selettivo, impone di consentire la progressione di carriera esclusivamente mediante la partecipazione a concorsi pubblici, con riserva di posti non superiore al 50%. Pertanto, perché un dipendente pubblico possa aspirare ad una progressione verticale, occorre che l’ente di appartenenza bandisca un concorso per almeno due posti e uno lo riservi al personale interno.

Art. 24 (Progressioni di carriera) del D.lgs 150/09 – Decreto Brunetta

 1. Ai sensi dell’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ((…)) le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2010, coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni.
2. L’attribuzione dei posti riservati al personale interno e’ finalizzata a riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, in relazione alle specifiche esigenze delle amministrazioni.

Articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001 (come novellato sempre a suo tempo dalla riforma Brunetta).

1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettivita’, in funzione delle qualita’ culturali e professionali, dell’attivita’ svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilita’ per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore.

Il legislatore della riforma, a parere di tanti commentatori, opera una legificazione degli orientamenti espressi dalla Corte costituzionale in tema di concorsi interni e procedure di riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, recuperando, in materia, il criterio della concorsualità e del vincolo numerico.

Infatti, a norma dell’art. 24 d.lgs. n. 150/2009, letto in combinato disposto con l’art. 52, comma 1, nella versione novellata del d.lgs. n. 165/2001, le amministrazioni pubbliche consentono il passaggio ad aree funzionali superiori esclusivamente attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al 50% a favore del personale interno in ragione:
– delle competenze professionali sviluppate dai dipendenti;
– del possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno;
– delle specifiche esigenze delle amministrazioni.

Progressioni verticali per il triennio 2018-2020

L’articolo 22, comma 15 del d.lgs. n. 75/2017 (c.d. riforma Madia) introduce e disciplina una nuova tipologia di progressione verticale del tutto particolare, utilizzabile per un periodo ben definito (il triennio 2018-2020) prevedendo presupposti e vincoli differenti rispetto alla norma a regime contenuta nell’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001.

L’articolo 22, comma 15, del d.lgs 75/2017, dispone quanto segue:
“Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l’attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l’attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l’eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell’attribuzione dei posti riservati per l’accesso all’area superiore”.
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Per eventuali approfondimenti

Mansioni e progressione di carriera nel pubblico impiego. Dalla Brunetta alla Madia. Excursus normativo