I predicatori del “merito” sono gli stessi che vogliono l’eliminazione della colpa grave per la responsabilità erariale

tratto da luigioliveri.blogspot.com

I predicatori del “merito” sono gli stessi che vogliono l’eliminazione della colpa grave per la responsabilità erariale

L’insistenza di molti giornali, osservatori, commentatori, organizzazioni sindacali e datoriali, sulla presunta necessità di eliminare la responsabilità amministrativo contabile per colpa grave lascia capire che questa scelta sarà certamente adottata.
Lo scopo sarebbe “semplificare”. E’ perfettamente chiaro, tuttavia, che l’eliminazione di un elemento psicologico soggettivo quale fondamento di un’azione gestionale dannosa, con la semplificazione non ha assolutamente nulla a che vedere.
La semplificazione è esclusivamente una riduzione e chiarificazione delle regole e delle loro fonti di produzione ed interpretazione, nonchè la riduzione dell’intreccio di competenze su medesime materie, la riduzione delle fasi degli iter, combinata con strumenti di gestione trasparenti e digitali e finalmente il dialogo tra banche dati.
L’eliminazione della colpa grave non semplifica nulla. E’ una banalizzazione dell’azione amministrativa, fondata sulla persuasione che per “fare prima” possa “andare bene tutto”: decisioni veloci purchè adottate, a nulla importando che dette decisioni siano fallaci, erronee, poco meditate, dannose.
Sì, perchè il dibattito continua a dimenticare che la colpa grave, secondo la giurisprudenza costante della Corte dei conti, coincide con l’“intensa negligenza”, la “sprezzante trascuratezza dei propri doveri”, l’“atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni”, la “macroscopica violazione delle norme”, il “comportamento che denoti dispregio delle comuni regole di prudenza”; comportamenti che innescano il rapporto causa effetto da cui deriva il danno.
Praticamente tutti gli stessi che oggi chiedono a gran voce l’eliminazione della colpa grave sono quelli che, contemporaneamente, inneggiano da sempre al “merito” come “leva” per la “crescita della qualità nella Pubblica Amministrazione”.
Talmente si crede nel “merito”, infatti, che si vuole eliminare un oggettivo elemento di demerito, un’azione dannosa per l’erario in quanto fondata su plateali errori gestionali, quale fonte di responsabilità. Per, poi, magari far passare chi si presta all’azione gestionale dannosa, ma non più “condannabile”, come quello “bravo e meritevole”, soprattutto perchè sovente le gestioni dannose (ma non condannabili) sono quelle che piacciono a chi insedia decisori e dirigenti. La responsabilità erariale è un “fastidio” per chi è chiamato ad una missione di compiacimento del nominante.
Gli altri, quelli che non hanno da gestire come contropartita di un incarico, e che tenteranno di assumere le decisioni nel rispetto delle regole e dell’efficienza, senza produrre danno, saranno i “burocrati” da mettere all’indice.
Sarà il trionfo dell’“intensa negligenza”, della “sprezzante trascuratezza dei propri doveri”, dell’“atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni”, della “macroscopica violazione delle norme”, del “comportamento che denoti dispregio delle comuni regole di prudenza”. Evidentemente, va bene così.

Con lo smart working ci guadagnano tutti

Parliamoci chiaro: durante i mesi di lockdown lo smart working ha salvato l’economia e la scuola contribuendo a salvare la salute. Nonostante la pandemia, milioni di lavoratori pubblici hanno continuato a lavorare come e più di prima benché i loro vertici, negli anni precedenti, non avessero fatto nulla per adottare gradualmente il lavoro agile. Grazie a esso, i lavoratori avrebbero risparmiato tempo, denaro e stress; le aziende avrebbero guadagnato il 15-20% in più di produttività; l’ambiente avrebbe evitato l’inquinamento del traffico…..continua a leggere

Il 6 luglio all’Aran un’ora e mezza per 3 riunioni. …..E sulla riclassificazione il governo getta la maschera

Palermo 29 giugno 2020
Abbiamo dimostrato, erga omnes, la vetustà dell’organizzazione del lavoro nell’Amministrazione regionale e del suo sistema classificatorio, una situazione che è sotto gli occhi di tutti: ma assistiamo, oggi, all’ennesimo voltafaccia di un governo regionale che si dimostra, così facendo, inadeguato raggiungendo il fantasmagorico risultato di dimostrare che “al peggio non vi è mai fine”!
L’attuale esecutivo, infatti, credendo forse di avere già acquisito il risultato “ANTICOSTITUZIONALE” e “ILLEGITTIMO” della stabilizzazione di “300 precari di serie A” con il titolo di studio nelle qualifiche alte e nella dirigenza, adesso – attraverso una provocatoria e inaccettabile proposta dell’ARAN sulla riclassificazione – mostra il suo vero volto, calpestando i diritti sacrosanti di chi non ha padrini e, seppur tra mille difficoltà, porta avanti la macchina amministrativa senza alcun riconoscimento.
La frigida e scadente politica siciliana aveva già tentato di indebolire le organizzazioni sindacali portabandiera dei diritti di chi non ha Santi in Paradiso, in materia di riqualificazione e riclassificazione, attraverso la sponsorizzazione di gruppi e gruppuscoli, collocando i loro responsabili negli uffici di gabinetto e che oggi portano a casa questo vomitevole e miserevole risultato: la diffusione di una provocatoria e ripugnante bozza di riclassificazione che sarà presentata dall’ARAN come proposta del “loro” governo!
GOVERNO REGIONALE, DEPUTATI E ARAN, VERGOGNA!!! Il COBAS-CODIR non assisterà inerme a questo ulteriore scempio e si opporrà in tutte le sedi e con ogni forza alla stabilizzazione illegittima dei 300 precari portata avanti PRIMA DI UN SERIO E COMPLESSIVO PROCESSO DI RICLASSIFICAZIONE; si appellerà alle Istituzioni nazionali affinché anche in Sicilia, nelle more di una vera riforma del personale tutto, si avviino da subito anche i concorsi esclusivamente interni (previsti espressamente dalla Legge Madia) per coprire il 30% dei posti già disponibili.
Il COBAS-CODIR, in questa fase cruciale, chiama a raccolta tutti i lavoratori regionali e invita tutti alla massima attenzione, rivendicando tanto per cominciare: 1) riclassificazione generale di tutto il personale con progressione giuridica e aumento economico adeguato alle funzioni; 2) revisione immediata delle indennità come già previsto dal CCRL; 3) intervento legislativo per sanatoria dei contributi pensionistici mai versati per l’attuale categoria A e B sfruttata come LSU fino al 2005; 4) Apertura immediata stagione contrattuale economica CCRL 2019/21 con aumenti adeguati.
Informiamo anche che, contestualmente, stiamo lavorando per contrastare le continue azioni del governo regionale tese a intaccare le risorse accantonate nel Fondo Pensione Regione.
Il COBAS-CODIR sta predisponendo, anche in risposta a queste continue provocazioni governative, una serie di dossier da presentare alla Corte dei Conti e alle Procure competenti rappresentando i molteplici sperperi
della Regione Siciliana, riservandosi di verificare anche gli sprechi accumulati dall’ARAN Sicilia che, snaturando il suo stesso ruolo, sembra essersi ridotto solo a un freddo esecutore delle volontà governative, spesso contrarie alle più elementari logiche di buon andamento della cosa pubblica. L’Aran su questa strada rischia, infatti, di diventare soltanto uno “stipendificio” e un “missionificio” per qualche professionista amico: uno spreco utile solo a erogare privilegi di sottogoverno!
STIAMO VALUTANDO SE, PER PROTESTA, SIA IL CASO DI DISERTARE LE TRE CONVOCAZIONI DEL 6 LUGLIO CHE RITENIAMO INUTILI, IRRICEVIBILI E INACCETTABILI PROVOCAZIONI.

www.codir.it

Il lavoro agile nè mito nè tabù, lettera aperta a Musumeci di Fp Cgil: non si colpevolizzino i dipendenti per giustificare responsabilità politiche

“Il lavoro agile non deve essere né un mito né un tabù, ma semplicemente una opportunità da cogliere per migliorarci. Non sprechiamola, sarebbe un vero delitto”. Fp Cgil Sicilia torna a fare sentire la propria voce  rispetto alle dinamiche  che stanno caratterizzando il modo di “governare” l’importante novità nei Palazzi della Regione, la cui gestione dei servizi, a seguito dell’emergenza sanitaria, è stata affidata proprio alla modalità smart working.

L’Organizzazione di categoria, tramite una lettera aperta indirizzata a Musumeci,  traccia un’analisti attenta e puntuale della situazione e, nel contempo, pone quesiti, interrogativi, criticità e prospettive. La missiva parte dall’attualità, chiamando in causa direttamente il Presidente.  Ricordiamo che è stato lui  a comunicare per iscritto, appena qualche giorno fa, al suo Assessore della Funzione Pubblica, l’esigenza di procedere, in tutti gli uffici regionali, al progressivo rientro dal lavoro agile, dei rispettivi dipendenti, in misura non inferiore al 50%. Iniziativa giustificata dalla necessità di garantire i servizi  alla collettività, a seguito di un non meglio precisato numero elevato di segnalazioni per disservizi. A scanso di equivoci, per evitare che si generi confusione e disorientamento, teniamo a precisare – afferma la Segreteria della Fp Cgil Sicilia – che lo stesso Presidente, nelle scorse settimane, aveva rivendicato, con orgoglio agli occhi della Nazione, come la Sicilia fosse la Regione che aveva brillantemente e proficuamente, anche in misura superiore a tutte le altre, applicato lo smart working. Emerge dunque, con evidenza, un incomprensibile e repentino cambio di direzione. Vorremmo poi capire sulla base di quali dati, a sua disposizione, sia arrivato alla conclusione che almeno il 50% deve rientrare. Perché non il 70 o l’80% o il 28%? Tanto, se si spara a casaccio, un numero vale l’altro! Andando avanti ci si imbatte su un altro tema di grande rilevanza, che merita di essere particolarmente attenzionato. La riflessione tra origine dal pronto intervento dell’Assessore alla Funzione Pubblica, il quale si è attivato, unitamente al neo dirigente generale, per dare attuazione al paventato rientro del personale, invitando assessori e dirigenti generali a predisporre quanto necessario per l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi  e l’adeguamento dei luoghi di lavoro. E’ stato inoltre detto, laddove si rendesse necessario, cioè dappertutto –  aggiungiamo noi – di richiedere le risorse economiche per assicurare le misure necessarie alla tutela della salute e sicurezza del personale. Tradotto in soldoni, tutto questo vuol dire semplicemente che, in questi mesi di fermo, i vertici istituzionali della Regione, sui quali ricadono precise responsabilità in materia, hanno fatto poco o nulla per preparare in sicurezza il  rientro negli uffici.  Molto invece è stato fatto, superando ogni limite, da politici e massimi rappresentanti istituzionali, spesso aiutati da certa stampa, per dare addosso ai dipendenti regionali. Si tratta di uno sport che, oltre a produrre risultati dal punto di vista elettorale, serve strumentalmente a sviare l’attenzione dalle tante e gravissime responsabilità di chi dovrebbe rispondere della cattiva amministrazione della cosa pubblica e del perverso sistema delle nomine politiche che determina di fatto il malgoverno. Rispetto allo smart working, noi pensiamo che se si approfondisse la questione,  magari si scoprirebbe che la metà dei dipendenti regionali, utilizzati in questa modalità, percepisce poco più di un reddito di cittadinanza, svolgendo funzioni essenziali per la collettività.  La FP CGIL  propone di andare avanti sulla strada intrapresa con la stipula di protocolli  di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria da Covid 19, in tutti i dipartimenti. Condivide la necessità di procedere all’aggiornamento di tutti i DVR e alla verifica dell’uniformità dell’adozione delle misure di sicurezza in tutte le strutture periferiche, preannunciando di non essere disposta, in un  contesto di rischio come quello attuale, ad arretrare di un solo millimetro, così come non può più essere derogata la necessità di un  adeguato e uniforme livello di pulizia in tutti gli uffici. Siamo convinti di non sbagliare, se diciamo che di questo dovrebbero occuparsene, garantendo risorse e organizzazione, i massimi livelli istituzionali della Regione.  C’è infine un  ultimo quesito, che rivolgiamo sempre all’attenzione del Presidente Musumeci. Noi crediamo che, partendo dall’esperienza di lavoro agile già positivamente sperimentato, la Sicilia debba andare verso l’introduzione di significative dosi di smart working nella sua organizzazione.  Per una volta non saremmo  il fanalino di coda in  un campo che rappresenta la scommessa per il futuro, con  evidenti ricadute positive sia sull’ambiente, ma anche sui costi e sulla qualità della vita oltre che sul miglioramento della produttività.  La FP CGIL  non ha mai assunto, anche pagandone qualche prezzo, posizioni di difesa generalizzata dei dipendenti regionali. Da sindacato di categoria ha sempre messo al primo posto l’interesse generale, anteponendolo ad ogni forma di difesa corporativa dei pubblici dipendenti.  E’ e resta  convinta che il miglior modo per  difendere i lavoratori della Regione è quello della valorizzazione del loro ruolo sociale di servizio alla collettività. Per queste ragioni la FP CGIL – conclude la Segreteria regionale – lancia un forte e preoccupato allarme: ma davvero non si percepisce che continuando a dare ingiustamente addosso ai dipendenti si finirà col generare un forte danno alla società siciliana e al suo tessuto economico? Davvero qualcuno pensa che criminalizzare i lavoratori della Regione possa portar bene alla collettività? Facciano pure, ma questi signori sappiano che troveranno nella FP CGIL un ostacolo insormontabile, convinti come siamo che il lavoro pubblico rappresenti un valore che va difeso fino in fondo per  garantire servizi all’altezza dei bisogni dei cittadini e delle imprese siciliane”.

La progressione verticale nel triennio 2020/2022

a cura di Agostino Galeone
LA PROGRESSIONE VERTICALE NEL TRIENNIO 2020-2022
Corte dei Conti – Sez. di Controllo – della Regione Basilicata – Parere 11 giugno 2020, n. 38
Il quadro normativo e la finalità.
L’istituto delle progressioni verticali era stato disciplinato, originariamente, dall’art. 52, comma 1-bis del d.lgs. n. 165/2001 (comma inserito dall’art. 62, comma 1, del D. Lgs. n. 150/2009, c.d. Riforma Brunetta), il quale prevede che “Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell’attività’ svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore.”.
Successivamente, in deroga a quanto stabilito dalla su riportata norma, l’art. 22, comma 15 del D. Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 (decreto Madia), come modificato dall’art. 1, comma 1 ter, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (Decreto Milleproroghe) stabilisce che “Per il triennio 2020-2022, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 30 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l’attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l’attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l’eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell’attribuzione dei posti riservati per l’accesso all’area superiore.
E’ opportuno precisare che il ricorso alle progressioni verticali è una facoltà – non un obbligo – rimessa alla discrezionalità di ciascuna pubblica amministrazione al fine di “valorizzare le professionalità interne” di ruolo esistenti nella stessa, e ciò conformemente al dettato di cui all’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 150/2009, secondo cui l’attribuzione dei  posti  riservati  al  personale  interno nei concorsi pubblici “è finalizzata a riconoscere e valorizzare le  competenze  professionali sviluppate dai dipendenti,  in  relazione  alle  specifiche  esigenze delle amministrazioni.”.

Dipendenti pubblici: ritorno in ufficio dal 31 luglio (ma non per tutti)

Pubblica Amministrazione pronta a ripartire dopo mesi di smart working, ma per molti dipendenti pubblici il lavoro da casa non finirà nella fase due. Secondo le prime indicazioni riguardo alla direttiva del Ministero della Funzione Pubblica che verrà presentata nelle prossime ore, contenente le linee guida per la riapertura degli uffici dal 31 luglio, anche nel 2021 ci sarà circa un milione di dipendenti pubblici che continuerà a lavorare da remoto.

Si tratta di circa il 30% dei dipendenti pubblici attualmente impiegati nei vari uffici della Pubblica Amministrazione; in questo modo verrà garantito il ritorno in sicurezza degli statali, così da far rispettare le norme sul distanziamento sociale nei luoghi di lavoro.

Queste prime indicazioni sulla riapertura degli uffici ci arrivano dal Ministero della Pubblica Amministrazione che, come anticipato, a breve pubblicherà la direttiva con cui saranno definite le linee guida per il ritorno in ufficio che per la maggior parte dei dipendenti pubblici avverrà dalla data del 31 luglio.

La maggioranza dei virologi sembra avere pochi dubbi. In Italia il virus non è andato via, è ancora tra noi. In autunno ci sarà la seconda ondata

Nelle ultime settimane ci comportiamo come se non fosse successo nulla.
Le spiagge e le vie della movida sono affollate e non solo di giovani.

Abbiamo abbassato la guardia dimenticandoci dell’epidemia e dei quasi 40 mila morti (almeno quelli accertati da coronavirus essendo ormai certo che i decessi sono molti di più dal momento che la mortalità, in alcune zone è aumentata del 500%).

Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato che la pandemia «continua ad accelerare nel mondo».

«L’Italia è calda così, come è caldo il Brasile. Questo virus si diffonderà fra i giovani, che diventeranno i vettori, i portatori di questa infezione e il problema sarà che, a causa della mancanza di misure di sicurezza da parte dei ragazzi, lo trasmetteranno a nonni e genitori e rivedremo di nuovo la pressione su sistema sanitario. Questo si verificherà in autunno». A dirlo Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute e professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica, presentando oggi il rapporto Osservasalute.

Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia e virologia dell’Università di Padova, non lascia spazio all’ottimismo. «Dovremo aggredire sul nascere ogni singolo cluster, i contagi importati da Paesi in cui l’epidemia è fuori controllo sono molto pericolosi. Ne abbiamo avuto uno anche a Padova, una badante che ha infettato tutta la famiglia. E se non vengono individuati subito, l’Italia rischia di perdere tutto il lavoro fatto con il lockdown.

In autunno ci sarà la seconda ondata di coronavirus. Ne è convinto Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa e membro della task force in Puglia. Il Coronavirus è tutt’altro che sparito.

L’estate, ha aggiunto l’esperto, dobbiamo passarla con serenità, il virus circolerà molto meno “in maniera molto leggera, a bassa intensità, grazie anche al fatto che si sta all’aperto”.

“Ma in autunno e inverno occorrerà alzare ancora di più la guardia, perché in quel momento la circolazione tende ad aumentare e potrebbe passare a una fase a intensità maggiore”, ha spiegato.

Insomma quello di oggi non è un virus diverso, ma è lo stesso del periodo febbraio-aprile.

P.a: verso direttiva su rientri dipendenti in sicurezza (Fonte Ansa)

Una direttiva, o una circolare, per disciplinare il rientro dei dipendenti pubblici negli uffici.
Posto che lo smart working resta la via ordinaria di lavoro e lo sarà, come già annunciato dalla ministra della P.a, Fabiana Dadone, oltre la data del 31 luglio, in modo da coprire tutto l’autunno. Il provvedimento ministeriale, da quanto si apprende, punta a regolare un ritorno in sicurezza e con gradualità. Il testo dovrebbe uscire tra fine giugno e inizio luglio. E recepirà quanto accordato tra ministero e sindacati. (ANSA).

Paura della firma? Semmai, eccesso di avventatezza. Invece di eliminare reati e responsabilità, occorre ripristinare controlli preventivi.

L’abuso d’ufficio non può essere considerato la principale causa di indecisioni o rallentamenti operativi. Al contrario, sembra che troppo spesso decisioni e provvedimenti siano adottati in modo avventato e tali da determinare evidenti violazioni giuridiche, da cui l’obbligatorietà dell’azione penale scaturisce quasi automaticamente, per quanto poi le condanne siano in numero molto contenuto.

Invece di agire allo scopo di eliminare la fattispecie dell’abuso d’ufficio e della responsabilità erariale per colpa grave, poste dall’ordinamento allo scopo di difendere i cittadini e l’interesse pubblico dal pericolo di abuso di potere da parte della PA, è necessario ripensare agli errori clamorosi di questo quarto di secolo, che hanno portato all’eliminazione, totale negli enti locali e nelle regioni, parziale negli altri ambiti, dei controlli preventivi, almeno sugli atti a maggior rischio di “corruzione amministrativa”.