Risarcimento del danno per mancata attribuzione della Posizione Organizzativa se il provvedimento è privo di motivazione

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it/
Risarcimento del danno per mancata attribuzione della Posizione Organizzativa se il provvedimento è privo di motivazione
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
La vicenda
Il dipendente di un Comune, inquadrato in area D, ha citato in giudizio il proprio ente per il risarcimento del danno subito per mancata assegnazione della posizione organizzativa, assegnata senza adeguata motivazione ad altro dipendente in modo illegittimo, per mancata motivazione. Il dipendente, a supporto della propria tesi ha evidenziato che di essere in possesso di professionalità adeguata (la contrattazione decentrata prevedeva di tenere conto a tali fini della assegnazione all’area cui si riferiva la posizione organizzativa ed il ricorrente era collocato in quell’area); di essere laureato in architettura, laddove l’assegnazione della posizione organizzativa veniva conferita ad altro dipendente con il solo possesso del diploma di geometra; di avere diritto ad un conferimento prioritario rispetto agli altri tre candidati, in quanto era l’unico titolare della ex-ottava qualifica, che lo rendeva idoneo a partecipare a concorsi per dirigente; che il Comune aveva sempre confermato la posizione organizzativa al titolare, senza eccezione alcuna sicché le probabilità di conferma dell’incarico, ove assegnatogli, dovevano essere quantificate nella misura del 90%.
La Corte di appello, confermando la sentenza del giudice di primo grado, ha riconosciuto il danno da perdita di chance pari al 90% delle maggiori retribuzione spettanti qualora nominato, precisando che andava escluso insindacabilità del giudizio espresso dal dirigente ai fini del conferimento della posizione organizzativa, affermando che esso doveva essere sorretto da adeguata e motivata valutazione.
Avverso la sentenza dei giudici di appello, il Comune ha proposto ricorso in Cassazione evidenziando gli errori in cui era incorso la Corte territoriale per non aver tenuto conto che il prerequisito per la nomina della posizione organizzativa non poteva che essere riferita alla “professionalità adeguata” che non avrebbe potuto essere individuata nel ricorrente il quale era stato escluso dalla valutazione comparativa proprio a causa del giudizio negativo circa la adeguata professionalità. L’ente, inoltre, ha lamentato che erroneamente la sentenza impugnata aveva accertato un danno da “mancata promozione”. Infatti, il danno da “mancata promozione”, da distinguere dal danno “da perdita di chance”, presuppone la certezza del conseguimento della promozione; pertanto esso non può configurarsi nei casi in cui le regole della selezione non sono di tipo matematico ma rimandano ad una valutazione discrezionale ( quale è quella sull’ “adeguata professionalità”), che resta rimessa al datore di lavoro (anche ai sensi dell’articolo 41 Costituzione) salvo il limite della manifesta irragionevolezza. Infine, sempre a dire dell’ente locale, la liquidazione delle chance nella misura del 90% appariva eccessiva, in quanto ometteva di considerare non soltanto l’eventuale incapacità dimostrata dal ricorrente nello svolgere l’incarico – ove assegnatogli – ma anche la possibilità della partecipazione alla selezione di candidati diversi rispetto a quelli valutati per il primo biennio.
La conferma della Cassazione
I giudici di Piazza Cavour dichiarano il ricorso inammissibile. In via principale, nel ricorso l’ente locale non deduce una violazione della contrattazione collettiva decentrata senza, tuttavia, indicare in quale parte della sentenza dei giudici di appello si porrebbe in contrasto con le disposizioni contrattuali né espone sotto quale profilo il giudice dell’appello avrebbe violato il canone di interpretazione di cui all’articolo 1362 c.c. Secondo la Cassazione, il ricorso muove dall’assunto che il ricorrente fosse stato reputato carente del necessario requisito della adeguata professionalità senza confrontarsi con il giudicato, che ha annullato la delibera emessa dal dirigente per la assegnazione della posizione organizzativa. Inoltre, benché formalmente si deduca la violazione di norme di diritto, la censura da parte dell’ente locale afferisce, piuttosto, all’accertamento storico operato dalla Corte di appello. Infatti, l’ente locale si duole da un lato in ordine alla certezza per il ricorrente di conseguire la posizione organizzativa; dall’altro in ordine alla elevata probabilità (90%) di ottenerne la conferma per i bienni successivi al primo. Trattandosi dell’accertamento di un fatto storico, la sua contestazione in sede di legittimità avrebbe potuto essere introdotta non già sotto il profilo della violazione delle norme di diritto ma unicamente con la allegazione di un vizio della motivazione. Tuttavia il vizio nella fattispecie di causa non è deducibile, per il giudizio conforme reso nei due gradi di merito.
In conclusione a causa della inammissibilità del ricorso, l’ente deve essere condannato al pagamento delle spese di giudizio oltre al pagamento dell’ulteriore importo del contributo unificato.
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