Il governo regionale istituisce un nuovo ufficio speciale: l’Ufficio speciale“Comunicazione per la Salute”

Con la deliberazione n.340 del 6 agosto 2020il governo regionale ha istituito un nuovo ufficio speciale presso l’Assessorato regionale della salute: l’Ufficio speciale“Comunicazione per la Salute”.

L’ufficio avrà la durata di 3 anni e si dovrà occupare di strategie comunicative unitarie, attesoché, – recita espressamente la delibera che ha istituito l’ufficio – “la spiccata specificità del tema della comunicazione in ambito sanitario intercetta diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto alla salute e alle cure, e il complessivo sistema sanitario, nel perseguimento di obiettivi strategici quali la prevenzione,l’assistenza alle cure, la continuità ospedale-territorio e l’informazione circa l’allocazione e il tipo di servizio reso dai presidi sanitari, di ogni ordine e grandezza, sparsi sul territorio regionale”.

La stessa delibera di giunta ha già nominato il dirigente responsabile con il relativo compenso, la dotazione organica che sarà costituita da 1 dirigente di UO,  n. 4 Funzionari direttivi, n. 3 Istruttori direttivi, n. 1 Collaboratore e n. 1 Operatore. La delibera di giunta ha dato, inoltre, mandato alla Ragioneria Generale della Regione di provvedere alle risorse.

Risarcimento del danno per mancata attribuzione della Posizione Organizzativa se il provvedimento è privo di motivazione

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it/
Risarcimento del danno per mancata attribuzione della Posizione Organizzativa se il provvedimento è privo di motivazione
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
La vicenda
Il dipendente di un Comune, inquadrato in area D, ha citato in giudizio il proprio ente per il risarcimento del danno subito per mancata assegnazione della posizione organizzativa, assegnata senza adeguata motivazione ad altro dipendente in modo illegittimo, per mancata motivazione. Il dipendente, a supporto della propria tesi ha evidenziato che di essere in possesso di professionalità adeguata (la contrattazione decentrata prevedeva di tenere conto a tali fini della assegnazione all’area cui si riferiva la posizione organizzativa ed il ricorrente era collocato in quell’area); di essere laureato in architettura, laddove l’assegnazione della posizione organizzativa veniva conferita ad altro dipendente con il solo possesso del diploma di geometra; di avere diritto ad un conferimento prioritario rispetto agli altri tre candidati, in quanto era l’unico titolare della ex-ottava qualifica, che lo rendeva idoneo a partecipare a concorsi per dirigente; che il Comune aveva sempre confermato la posizione organizzativa al titolare, senza eccezione alcuna sicché le probabilità di conferma dell’incarico, ove assegnatogli, dovevano essere quantificate nella misura del 90%.
La Corte di appello, confermando la sentenza del giudice di primo grado, ha riconosciuto il danno da perdita di chance pari al 90% delle maggiori retribuzione spettanti qualora nominato, precisando che andava escluso insindacabilità del giudizio espresso dal dirigente ai fini del conferimento della posizione organizzativa, affermando che esso doveva essere sorretto da adeguata e motivata valutazione.
Avverso la sentenza dei giudici di appello, il Comune ha proposto ricorso in Cassazione evidenziando gli errori in cui era incorso la Corte territoriale per non aver tenuto conto che il prerequisito per la nomina della posizione organizzativa non poteva che essere riferita alla “professionalità adeguata” che non avrebbe potuto essere individuata nel ricorrente il quale era stato escluso dalla valutazione comparativa proprio a causa del giudizio negativo circa la adeguata professionalità. L’ente, inoltre, ha lamentato che erroneamente la sentenza impugnata aveva accertato un danno da “mancata promozione”. Infatti, il danno da “mancata promozione”, da distinguere dal danno “da perdita di chance”, presuppone la certezza del conseguimento della promozione; pertanto esso non può configurarsi nei casi in cui le regole della selezione non sono di tipo matematico ma rimandano ad una valutazione discrezionale ( quale è quella sull’ “adeguata professionalità”), che resta rimessa al datore di lavoro (anche ai sensi dell’articolo 41 Costituzione) salvo il limite della manifesta irragionevolezza. Infine, sempre a dire dell’ente locale, la liquidazione delle chance nella misura del 90% appariva eccessiva, in quanto ometteva di considerare non soltanto l’eventuale incapacità dimostrata dal ricorrente nello svolgere l’incarico – ove assegnatogli – ma anche la possibilità della partecipazione alla selezione di candidati diversi rispetto a quelli valutati per il primo biennio.
La conferma della Cassazione
I giudici di Piazza Cavour dichiarano il ricorso inammissibile. In via principale, nel ricorso l’ente locale non deduce una violazione della contrattazione collettiva decentrata senza, tuttavia, indicare in quale parte della sentenza dei giudici di appello si porrebbe in contrasto con le disposizioni contrattuali né espone sotto quale profilo il giudice dell’appello avrebbe violato il canone di interpretazione di cui all’articolo 1362 c.c. Secondo la Cassazione, il ricorso muove dall’assunto che il ricorrente fosse stato reputato carente del necessario requisito della adeguata professionalità senza confrontarsi con il giudicato, che ha annullato la delibera emessa dal dirigente per la assegnazione della posizione organizzativa. Inoltre, benché formalmente si deduca la violazione di norme di diritto, la censura da parte dell’ente locale afferisce, piuttosto, all’accertamento storico operato dalla Corte di appello. Infatti, l’ente locale si duole da un lato in ordine alla certezza per il ricorrente di conseguire la posizione organizzativa; dall’altro in ordine alla elevata probabilità (90%) di ottenerne la conferma per i bienni successivi al primo. Trattandosi dell’accertamento di un fatto storico, la sua contestazione in sede di legittimità avrebbe potuto essere introdotta non già sotto il profilo della violazione delle norme di diritto ma unicamente con la allegazione di un vizio della motivazione. Tuttavia il vizio nella fattispecie di causa non è deducibile, per il giudizio conforme reso nei due gradi di merito.
In conclusione a causa della inammissibilità del ricorso, l’ente deve essere condannato al pagamento delle spese di giudizio oltre al pagamento dell’ulteriore importo del contributo unificato.
  • segretaricomunalivighenzi.it – Risarcimento del danno per mancata attribuzione della Posizione Organizzativa se il provvedimento è privo di motivazione

Visite fiscali: ripartono con nuove regole

La ripresa delle visite fiscali, sospese a marzo, è ripresa ufficialmente il 10 agosto. Non ovunque con gli stessi tempi però: solo nelle prossime settimane la situazione tenderà ad omogenizzarsi in tutta Italia. Sebbene faranno ancora eccezione i focolai e le zone rosse. Questa riattivazione su più tempi non è l’unica novità: vediamo più da vicino la nuova procedura per le visite fiscali.

Prima di tutto l’Inps analizza i certificati medici: questo passaggio serve ad individuare dalle diagnosi possibili rischi di contagio da Covid 19. Se, ad esempio, il lavoratore a casa in malattia lamenta raffreddore o febbre, non si potrà escludere che sia positivo al COVID-19. Anche a telefono o via citofono, il medico Inps potrà fare domande di routine dettate dal cd triage per accertarsi che non vi sia rischio contagio. Va da sé, comunque, che questo non può essere escluso del tutto. Ecco perché durante la visita fiscale vanno indossati guanti e mascherina, sia dal medico che dal lavoratore.

Restano immutate le fasce orarie da rispettare per le visite fiscali sia per i dipendenti del settore pubblico che privato:

  • i lavoratori privati dovranno essere reperibili nelle fasce 10-12 e 17-19;
  • i lavoratori pubblici rischiano la visita fiscale nelle fasce 9-13 e 15-18.

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La ministra Dadone contro gli opinionisti da salotto che ritengono lo smart working il vero male dell’Italia

La ministra della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, ha parlato dello smart working e di quanto sia stato importante durante il lockdown.

“Sembra essere divenuto il vero male dell’Italia in crisi, la crisi stessa a leggere i giornali o a sentire autorevoli opinionisti da salotto, però l’aver messo in smart working  i lavoratori, ove era possibile, ha salvato i servizi essenziali per  gli italiani”.


Come già detto nel post precedente, per questi commentatori da salotto i mali dell’Italia non sono quei “prenditori” che prima mettono i dipendenti in cassa integrazione e poi chiedono loro di andare lo stesso a lavorare.

No, non sono quelle aziende che sostengono che i fattorini sono “lavoratori autonomi” e si devono sobbarcare il “rischio d’impresa”.

No, non sono quelle imprese della sanità privatizzata (vedi Lombardia) che si sono dedicate più a rastrellare soldi pubblici che a fornire servizi.

No, non sono quelle aziende (Atlantia dice qualcosa?) che hanno sfruttato i monopoli naturali per accumulare profitti stratosferici.

E io aggiungo: i mali dell’Italia non sono gli evasori fiscali o i politici corrotti che drenano risorse pubbliche lasciando opere pubbliche incompiute o, quelle esistenti, nell’incuria più totale (ponti, scuole, autostrade, beni culturali, etc.). I mali dell’Italia sono i pubblici dipendenti e lo smart working.

I dipendenti pubblici in smartworking non sono ‘sabotatori’. Il Comune di Cagliari è un esempio

I dipendenti pubblici in smartworking non sono ‘sabotatori’. Il Comune di Cagliari è un esempio

Tratto da Il Fatto Quotidiano

di Enrico Lobina

Federico Rampini, Carlo Cottarelli, Pietro Ichino e qualche altro. Sono il gruppo di commentatori da salotto TV che a mio avviso giocano a trovare il nemico dell’Italia nei dipendenti pubblici in smartworking. Strano, sono gli stessi ai quali i neologismi in lingua inglese piacciono molto.

Rampini ha definito i dipendenti pubblici i “sabotatori della Rinascita italiana”. No, non si riferisce a quelle aziende che vogliono i soldi pubblici per poi andare a non pagare le tasse in Olanda. No, non sono quei “prenditori” che prima mettono i dipendenti in cassa integrazione e poi chiedono loro di andare lo stesso a lavorare.

No, non sono quelle aziende che sostengono che i fattorini sono “lavoratori autonomi” e si devono sobbarcare il “rischio d’impresa”. No, non sono quelle imprese della sanità privatizzata (vedi Lombardia) che si sono dedicate più a rastrellare soldi pubblici che a fornire servizi. No, non sono quelle aziende (Atlantia dice qualcosa?) che hanno sfruttato i monopoli naturali per accumulare profitti stratosferici.

No, i sabotatori d’Italia, e della Sardegna, sono i dipendenti pubblici…..continua a leggere

Buoni pasto: tutto ciò che devi sapere. La distribuzione delle nuove card prevista a settembre?

Cosa sono i buoni pasto?

Il buono pasto è un ticket che può essere fornito dal datore di lavoro ai collaboratori per fruire di servizi sostitutivi di mensa.

Oggi esistono due tipi di buoni: quelli cartacei (consegnati in un carnet composto da matrice e buono) e quelli elettronici che sono tessere dotate di microchip.

Il buono pasto rappresenta per molte aziende la soluzione ideale per aumentare la soddisfazione e ottimizzare i costi del personale, beneficiando di importanti vantaggi fiscali.

La normativa definisce il buono pasto come un documento di legittimazione che dà diritto al titolare di ottenere un servizio sostitutivo di mensa, presso gli esercizi convenzionati con la società emettitrice, per un importo pari al suo valore facciale. Il buono pasto può essere utilizzato dal solo titolare, non è cedibile, né commercializzabile.

Oltre a offrire agli utilizzatori una pausa pranzo di qualità, l’introduzione del buono pasto garantisce alle aziende importanti vantaggi fiscali perché non è considerato reddito da lavoro. Di conseguenza, per i buoni cartacei la soglia di esenzione è di 4 Euro, mentre per quelli elettronici è di 8 Euro (soglie aggiornate dalla Legge di Bilancio 2020).


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Il sistema dei buoni pasto ha un problema

CORONAVIRUS. Ordinanza contingibile e urgente n°32 del 12.08.2020 – Limitazioni per chi arriva in Sicilia da Grecia, Malta e Spagna. Obbligo della mascherina per tutti i funzionari e dipendenti delle amministrazioni

Una nuova ordinanza del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci dispone alcuni obblighi per chi arriva dalla Grecia, da Malta e dalla Spagna.

I soggetti che dal 14 agosto rientreranno o siano transitati sono sottoposti ad alcuni obblighi e a registrarsi su www.siciliacoronavirus.it. I residenti o domiciliati in Sicilia dovranno permanere in isolamento fiduciario presso la propria residenza o domicilio, adottando una condotta improntata al distanziamento dai propri congiunti e/o coabitanti ed essere sottoposti a tampone oro-rino-faringeo al termine del periodo di quattordici giorni di quarantena. Gli altri, ad esempio i turisti, dovranno indossare la mascherina nei luoghi pubblici e aperti al pubblico e in tutte le occasioni di contatto con soggetti estranei al proprio nucleo familiare.

Viene ribadito l’uso obbligatorio della mascherina in luoghi pubblici e privati, anche all’aperto, quando non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza interpersonale.

Nel luogo di lavoro l’uso della mascherina é sempre obbligatorio per tutti i funzionari e dipendenti delle amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2 del D. Lgs. n. 165/2001 e ss.mm.ii. aventi sede, anche territoriale, in Sicilia, nonché per l’utenza.


N.B. Le mascherine devono essere fornite dal datore di lavoro.

Regione Sicilia, la Consulta boccia il passaggio degli ex Pip in Resais

Di Jastrow (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia CommonsLa Corte costituzionale boccia definitivamente la norma regionale che permetteva il transito degli ex Pip in Resais. Lo stop arriva con una sentenza appena pubblicata che dichiara l’illegittimità dell’articolo 64 della Finanziaria regionale del 2018 che prevedeva “il transito dei soggetti indicati con contratto a tempo indeterminato anche parziale presso la Resais”. Per la Consulta sono inoltre illegittimi altri due articoli, che prevedono l’assunzione a tempo indeterminato dei precari nella partecipata e l’assenza di un limite di spesa per farlo.

Progressioni verticali in deroga: limite numerico non soggetto ad arrotondamento

tratto da entilocali-online.it
Progressioni verticali in deroga: limite numerico non soggetto ad arrotondamento
05Ago, 2020 by Redazione
Nella Delibera n. 38 del’11 giugno 2020 della Corte dei conti Basilicata, un Sindaco ha chiesto un parere in merito alla disciplina delle progressioni verticali del personale dipendente ex art. 22, comma 15, del Dlgs. n. 75/2017, come modificato dall’art. 1, comma 1-ter, del Dl. n. 162/2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 8/2020. In particolare, l’articolo sopra citato regola, in chiave derogatoria rispetto alla disciplina generale di cui all’art. 52, comma 1-bis, del Dlgs. n. 165/2001, sebbene in via transitoria, un’ipotesi particolare di “progressioni verticali”, facoltizzando per il triennio 2020-2022 procedure selettive interamente riservate ai dipendenti. Secondo la Sezione l’Ente, in base alla disciplina in esame, potrà attivare (trattandosi di una mera facoltà), nel rispetto del “Piano triennale dei fabbisogni di personale”, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, rispettando il limite numerico del 30%. Tale tetto percentuale deve essere considerato come massimo e invalicabile e, perciò, non suscettibile di arrotondamenti. La base di calcolo da prendere in considerazione per definire detta percentuale è quella delle assunzioni programmate, categoria per categoria o area per area, nel triennio 2020-2022 nell’ambito del “Ptfp”. Nella costruzione del percorso procedurale per le progressioni verticali e, quindi, per il “Piano dei fabbisogni triennali di personale”, l’Ente dovrà tener conto di tutti i vincoli assunzionali vigenti, nel rispetto del principio “tempus regit actum”. Nello specifico, dovrà rispettare la normativa vigente sui limiti della spesa del personale, nonché quella relativa alla capacità assunzionale. Il “Piano dei fabbisogni triennali di personale” può essere sempre modificato, nel rispetto delle procedure e dei criteri previsti dalla normativa temporalmente vigente, purché vi siano le relative coperture finanziarie.