Intervista a Antonio Naddeo – «Dirigenti Pa, va superato il limite dei 240mila euro»

Secondo Naddeo andrebbe rivisto il limite dei 240 mila euro agli stipendi pubblici. «Ormai sta funzionando come un tappo». «Il tetto è nato una decina di anni fa. Nel frattempo ci sono stati i rinnovi dei contratti che hanno fatto crescere le retribuzioni. Man mano si è ristretta la forbice tra chi già era al limite dei 240 mila euro e chi invece partiva più in basso. Oggi il Capo della polizia, quello della protezione civile o il Ragioniere generale dello Stato, guadagnano magari quanto un capo dipartimento di un ministero che ha responsabilità infinitamente minori. Non solo. Il Capo della polizia o della protezione civile, non potranno nemmeno avere i prossimi aumenti del contratto per non superare la soglia dei 240 mila euro». Il tetto «Andrebbe quanto meno rivisto creando dei parametri di riferimento in relazione alle responsabilità e al lavoro che fanno alcune alte qualifiche dello Stato secondo me è necessario. Dobbiamo evitare questo livellamento che rischia di rendere più difficile l’attribuzione di incarichi di alta responsabilità».

Smart working nella PA inviso a chi ha sempre chiesto la digitalizzazione delle pratiche. Un po’ di coerenza non guasterebbe.

La PA, da anni, è criticata, a partire dai professionisti dell’edilizia, perché costringe alle file agli sportelli, con perdita di tempo e denaro connesso agli spostamenti fisici ed alla necessità di produrre le “carte”, allo scopo di sopperire all’arretratezza digitale o per rispondere alla richiesta della “copia di cortesia”, quando, invece, basterebbero documenti e pratiche digitali.

Basta cercare con qualsiasi motore di ricerca in internet e si reperiscono decine e decine di notizie (esempi: https://ordinearchitetti.ge.it/comune-di-genova-snellimento-delle-procedure-per-le-pratiche-edilizie/; https://www.gonews.it/2018/05/17/pratiche-edilizie-a-cascina-la-consegna-e-digitale/) che riportano trionfalmente la digitalizzazione degli uffici comunali competenti per l’edilizia, le quali non mancano mai di sottolineare che si tratta di sforzi compiuti per “rispondere alle richieste dei professionisti e degli ordini”, spesso coinvolti anche nell’ideazione della digitalizzazione.

Adesso che il lavoro agile impone la diffusione ancora più capillare della gestione digitale delle pratiche, quegli stessi professionisti e quegli stessi ordini che da sempre “chiedono” – giustamente -la digitalizzazione, invece si lamentano della digitalizzazione (vedasi Italia oggi del 16.6.2020: “Uffici chiusi per smart working: https://www.italiaoggi.it/news/uffici-chiusi-per-smart-working-2454610). Affermando che “Ogni procedura edilizia necessita di metri cubi di carta, non si tratta di stare di fronte a un computer”.

Sarebbe il caso che professionisti ed ordini si mettano d’accordo tra loro, esprimendo una posizione unica e coerente.

Musumeci. Dal non mi ricandido a fine mandato al «Mi ricandido, me lo chiede la gente»

«La mia ricandidatura a Presidente della Regione è stata sollecitata mille volte dal mio movimento ma anche da tanta gente comune». Lo ha detto Nello Musumeci intervenendo a Casa Minutella. «Dopo avere scalato le montagne e trovato le macerie adesso è giusto andare avanti – dice – sempre se lo vorranno i siciliani. Dopo la semina c’è il raccolto…».

In presenza nell’organigramma di appartenenti alla categoria D, è danno erariale attribuire la posizione organizzativa a personale di categoria C

tratto da iusmanagement.org
In presenza nell’organigramma di appartenenti alla categoria D, è danno erariale attribuire la posizione organizzativa a personale di categoria C
di Dario Di Maria

Quanto precede, considerato che in presenza, all’interno dell’organigramma dell’ente, di istruttori direttivi (ex funzionari) appartenenti alla categoria “D”, non poteva essere assegnata a personale di categoria “C” la responsabilità di posizione organizzativa.
Appare pertanto evidente che il decreto n. 0042 del 3.1.2012 è stato adottato in esito ad una condotta gravemente colposa, ascrivibile alle diverse posizioni amministrative degli appellati, in presenza di un divieto esplicitamente rinvenibile da plurime, diacroniche ed univoche fonti normative di semplice ed immediata attingibilità, rese cogenti ed attuali dalla semplice presenza all’interno dell’ente di personale appartenente alla categoria “D”; circostanza che rende ultronee e comunque irrilevanti le deduzioni postume degli appellati su presunte indisponibilità a ricoprire la funzione da parte del personale di cat. D dell’ente o su un presunto stato di necessità, non previsti dalla specifica normativa, che stabilisce invece precisi parametri per l’assegnazione delle posizioni di lavoro, altrimenti privi di significato giuridico.

Licenziamento per persistente insufficiente rendimento

La Corte di cassazione lavoro, con la sentenza n. 11635/ 2021, ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato ad un pubblico dipendente per accertati e reiterati comportamenti, nel biennio, idonei a concretizzare una grave insufficienza produttiva, per presenza discontinua, comportamento negligente e inosservanza degli obblighi di servizio. Nella fattispecie è corretto procedere alla contestazione disciplinare quando i fatti (nello specifico, anche assenze dal servizio) arrivano a denotare una significativa compromissione del rapporto fiduciario, non trattandosi di valutare una sommatoria di singole infrazioni, ma piuttosto un comportamento complessivo incompatibile con il mantenimento del rapporto di lavoro.

Rinnovo contratto statali: la verità dell’Aran su tempi, aumenti e progressioni

Interessante l’intervista fatta dal Messaggero ad Antonio Naddeo, Presidente dell’Aran. Vediamo cos’ha detto Naddeo sul rinnovo del contratto della Pubblica Amministrazione.

Il Presidente dell’Aran non ha nascosto che ci sono degli ostacoli da superare. In particolare, si cercherà d’indicare con chiarezza quali sono le strade da percorrere per fare carriera nella Pubblica Amministrazione.

Come prima cosa, spiega Naddeo, per entrare nella pubblica amministrazione si seguiranno le nuove regole dettate da Brunetta per i concorsi pubblici. Dopodiché, una volta entrati nel pubblico impiego si avranno davanti due modalità di crescita:

  • crescita economica attraverso le cosiddette progressioni orizzontali, le quali saranno legate alle valutazioni annuali del dipendente. Aumenti di stipendio che – è bene sottolineare – non corrisponderanno a mansioni superiori;
  • crescita verticale, con il giovane che potrà avere possibilità di scalare le gerarchie. D’altronde, spiega Naddeo, “per come l’organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione è strutturata adesso il giovane funzionario ha sopra di sé solamente la dirigenza”.

Money – Rinnovo contratto statali: la verità dell’Aran su tempi, aumenti e progressioni


Brevi considerazioni

Ma allora per la crescita verticale non era tutto così semplice e linerare, quasi a portata di mano e volutamente non preso, come va raccontando qualcuno……


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A proposito di progressioni verticali e del ritorno di Brunetta….

Il ritorno di Brunetta alla Pubblica Amministrazione. Con la prima riforma ha abolito i concorsi interni e le progressioni verticali, introducendo la PERFORMANCE e le procedure selettive per le progressioni orizzontali

A cosa servono davvero le riforme dei concorsi?

dal sito blOgLIVERI un articolo di Luigi Oliveri

Sul Sole 24 Ore del 12.5.2021, l’articolo di Gianni Trovati “Pa, delega al governo per riformare le assunzioni” dà alcune interessanti notizie:

  1. la riforma dei concorsi, sommariamente e frettolosamente disciplinata dal pessimo articolo 10 del d.l. 44/2021 dovrebbe traslare verso un disegno di legge delega, allo scopo di ingigantire e specificare i discutibili contenuti di quella norma;
  2. nel frattempo, si pensa di estendere il numero dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato a contratto, quelli cioè assunti senza concorso in base a puro spoil system. Attualmente la cooptazione consente di chiamare l’8% dei dirigenti di prima fascia ed il 10% dei dirigenti di seconda. L’idea, che gira già da parecchio, è di portare tutti al 20%;
  3. eliminare la prova concorsuale finale del “concorsone” Ripam della Campania: un pessimo esempio sul campo di concorso centralizzato.

Il tutto, dimostra che quando si parla di riformare i concorsi, alla fine gli obiettivi sono sempre due:

  1. allargare il numero dei dirigenti assunti per cooptazione e chiamata diretta;
  2. eliminare molte, se non tutte, delle prove concorsuali ed estendere a dismisura la “discrezionalità” o la valutazione dei titoli e dell’esperienza, col rischio che in assenza di criteri predeterminati ed uguali per tutti, per ogni concorso, si ritaglino bandi su misura per il candidato che si intende far vincere.

Insomma, nel Paese nel quale il “merito” è tanto invocato quanto nei fatti invocato, la riforma dei concorsi appare per lo più un modo per assumere chi meglio si creda senza il rischio di incorrere in violazioni di leggi ed illeciti penali.

P.E.O.: L’ACCORDO SARÀ RISPETTATO E SARANNO RIMOSSE TUTTE LE CRITICITÀ

Si è appena concluso l’incontro con l’assessore e il direttore generale alla Funzione Pubblica svoltosi alla presenza del presidente dell’Aran Sicilia, concernente le svariate problematiche riguardanti la Peo.
Qualche piccolo passo avanti è stato fatto: gli uffici preposti pubblicheranno, già da domani, materiale inerente la formazione, così come previsto dall’accordo, che consentirà a chi lo ritenesse utile, di approfondire le proprie conoscenze sulle materie oggetto dei test. Trattasi di link che saranno pubblicati su di un’apposita pagina web sul sito del dipartimento funzione pubblica.
Per ciò che concerne, invece, la valutazione dei titoli, sarà convocato, su indicazione dell’assessore alla funzione pubblica, un apposito tavolo presso l’Aran Sicilia, dove saranno individuati i criteri mancanti nell’accordo e riguardanti la valutazione dei titoli posseduti. Si presume che, in proposito, si vada verso il cosiddetto assorbimento, cioè che il titolo più alto posseduto assorba quello precedente. Occorre precisare, che rispetto al tavolo da convocare all’Aran, abbiamo fatto presente che ci aspettiamo precise e dettagliate indicazioni da parte dell’assessore alla F.P., onde evitare risultati inconcludenti e disastrosi come dimostrato dagli esiti delle ultime contrattazioni.
Un ulteriore risultato, che si auspica di potere ottenere a vantaggio di tutti i lavoratori regionali, è quello dell’eliminazione del punteggio minimo del 18 nella prova a quiz: ciò consentirebbe a chiunque di concorrere all’attribuzione della PEO potendo contare, com’è giusto che sia, anche su un punteggio di domande inferiore alle 18 previste, unitamente agli altri tre requisiti che concorrono all’ottenimento della progressione economica, ovvero esperienza professionale maturata, titoli di studio, professionali e culturali e risultato della valutazione della performance individuale.
In merito alla formazione della graduatoria si è discusso sulla possibilità di poterne utilizzare i risultati di questa formazione, anche al fine di velocizzare le successive peo 2020 e 2021, considerato che le risorse peo del 2019 sono già state individuate e che nel più breve tempo possibile, saranno individuate quelle necessarie per la 2021. Su tale punto, abbiamo sollecitato la convocazione per la sottoscrizione dell’accordo peo 2020 in tempi brevi, dove saranno individuati i nuovi criteri, possibilmente tendando di utilizzare una graduatoria unica graduatoria.
Sia l’Assessore che il dirigente Generale alla F.P. hanno garantito che nessuno resterà escluso dalla possibilità di effettuare le prove selettive e che tutti gli uffici centrali e periferici, in un modo o nell’altro, saranno messi nelle condizioni di consentire al personale di espletare tali attività.
Ferme restando le garanzie che l’Assessore alla F.P. dovrà fornire per assicurare un corretto funzionamento delle attività sindacali presso l’Aran Sicilia, auspichiamo che, entro la settimana, sia convocato il tavolo che avrà lo scopo di fare chiarezza sui punteggi da attribuire ai titoli posseduti e all’eliminazione del punteggio minimo del 18 nella prova a quiz, per consentire di dare seguito all’accordo PEO.

Per le progressioni verticali “interne” il 30% si calcola per singola categoria e senza arrotondamenti

L’art. 22, comma 15, D. Lgs. n. 75/2017 (come modificato dall’art. 1, comma 1-ter, D.L. n. 162/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8/2020), che così dispone: “Per il triennio 2020-2022, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 30 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. ”.

L’art. 22, comma 15 citato riconosce, dunque, alle amministrazioni pubbliche la facoltà di derogare alla disciplina generale delle progressioni verticali laddove prevede il passaggio di area non ricorrendo al concorso pubblico bensì ad una procedura selettiva riservata al personale di ruolo (“al fine di valorizzare le professionalità interne”). Attualmente, infatti, l’art. 52, comma 1 bis del D. Lgs. n. 165/2001 dispone che il passaggio tra aree avvenga tramite concorso pubblico, coerentemente a quanto previsto dall’art. 97 comma 4 Cost. (“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede tramite concorso, eccetto nei casi stabiliti dalla legge”) e dalla costante giurisprudenza costituzionale (ex pluribus sentenze nn. 7 e 108 del 2011). Laddove poi l’Amministrazione intenda valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, in relazione alle proprie specifiche esigenze, potrà prevedere una riserva di posti a favore del personale interno, in misura comunque non superiore al cinquanta per cento dei posti messi a concorso (art. 24 del D. Lgs. n. 150/2009).

Perché i giovani non vogliono lavorare nella Pa

L’obiettivo di una grande operazione di nuove assunzioni è condizione necessaria ma non sufficiente per affrontare l’attesa riforma. Si dovrebbe offrire ai giovani motivazioni che oggi non trovano.

L’ingresso di nuova forza lavoro under 40 è un prerequisito di sopravvivenza per la Pa.

Peccato che il 70% degli italiani tra i 25 e i 35 anni dichiari di non voler lavorare nella Pa. Il dato emerge dall’ultima indagine (“La Pa vista dai giovani”) che è stata elaborata in questi giorni da un sondaggio di Proger Index Research. Solo il 20% del campione si mostra interessato a prendere in considerazione un’occupazione nella Pa. Ma le motivazioni sono disarmanti. Poco meno del 60% degli intervistati sceglierebbe la Pa solo perché “entrare nella Pubblica amministrazione vuol dire avere un lavoro sicuro”.

Di fatto poco più di un giovane su quattro, tra quelli che si disporrebbero a lavorare nella Pa, ritiene che l’occupazione nel Pubblico possa “offrire un percorso di carriera interessante” e per il 26% degli intervistati il lavoro pubblico non premia il merito.