Concorsone per il Sud: un fallimento sprint

di Luigi Oliveri

Scrive Oliveri. Il clamoroso flop del “concorsone per il Sud”, la procedura di reclutamento per 2.800 esperti da assumere nelle amministrazioni del Mezzogiorno che avrebbe dovuto fare da apripista alla rivoluzione nei concorsi operata dal Governo mette per l’ennesima volta in luce i vecchi vizi dai quali sono afflitte le “riforme”.

Un concorso aggravato, oltre tutto, da un ricorso al Tar presentato dai candidati ammessi inizialmente, che si dolgono per la decisione successiva di ammettere quelli che erano stati esclusi per carenza di titoli: un allargamento dovuto all’esiguità degli ammessi iniziali e alla speranza di poter coprire i posti messi a bando.

Sembra che il fallimento della prova voglia essere nascosto dalla consolatoria e molto diffusa (nella stampa) opinione che esso sia dovuto al fatto che la Pubblica Amministrazione risulterebbe “poco attrattiva” per i “talenti”.

Stanno proprio così, le cose? Cioè, il concorsone è andato in malora per il destino cinico e baro della poca attrattività della PA? Oppure, invece, perché mal congegnato, come l’intera riforma messa in atto in questi mesi?

Il mega concorso presenta in sé tutti, ma proprio tutti, i vizi del velleitarismo della riforma.