Progressioni verticali o accesso per concorso alla nuova quarta area? Le professionalità nella PA ci sono o non ci sono? Si può avere chiarezza?

Dal sito blogspot.luigioliveri.it

Sul Sole 24 Ore del 29.11.2021, l’ottimo Francesco Verbaro nell’articolo “La quarta area non può essere un nuovo promuovificio”, centra un punto delicatissimo della riforma del lavoro pubblico, attivata col d.l. 80/2021 e perseguita con la contrattazione nazionale che sta per istituire la “quarta area” delle elevate professionalità.

Verbaro ricorda quanto avvenne alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, quando i contratti collettivi introdussero per la prima volta le progressioni verticali, cioè sistemi per promuovere i dipendenti verso qualifiche professionali più elevate: si diede vita alla corsa alle progressioni, appunto al “promuovificio”, che assicurò migliori inquadramenti e stipendi a tantissimi dipendenti, anche prescindendo dal possesso del titolo di studio e, soprattutto, da una corretta analisi delle competenze.

Le progressioni verticali dovrebbero essere attivate non per tenere buoni i sindacati o comunque avere consenso tra i dipendenti. Bisognerebbe utilizzare questa leva come metodo per indurre i dipendenti ad una maggiore qualificazione professionale, mediante formazione ed esperienze da certificare. E attivare le progressioni solo a valle di un’attenta indagine appunto sulle competenze acquisite ed il potenziale presente nei dipendenti. Non si tratta di conferire sul campo un maggiore “grado”, ma di dipanare in modo efficace una competenza adeguata ad un fabbisogno.

La differenza tra la progressione verticale ed un concorso pubblico dovrebbe stare in questo: il concorso si attiva per reperire nel “mercato” aperto una certa competenza professionale, inesistente nell’organico; la progressione serve ad inquadrare correttamente una competenza che invece in via prognostica si assuma esista.

Attivare le progressioni tanto per promuovere e lasciare contenti dipendenti e sindacati non solo non serve a molto, ma è controproducente: sul piano formale si dà l’apparenza di una dotazione sufficiente di competenze, mentre, invece, al grado acquisito non corrisponde realmente l’insieme delle abilità e competenze operative richieste, come si è visto con le ondate di progressioni verticali, alle quali si pose rimedio nel 2009, con la riforma Brunetta che chiuse con le promozioni riservate agli interni e le consentì solo nell’ambito di concorsi pubblici con riserva di posti.

La nuova riforma Brunetta torna al passato: niente più progressioni mediante concorsi pubblici con riserva di posti, bensì prove comparative riservate agli interni.

Il rischio è, appunto, la nuova esplosione dei promuovifici, anche allo scopo di coprire i ranghi della nuova quarta area.

E’ certamente meritorio provare ad ampliare i percorsi di carriera nella PA, anche per renderla maggiormente attrattiva nei riguardi di chi possieda i profili di professionalità elevata necessari per le nuove sfide.

Tuttavia, la riforma appare permeata da incoerenze e dall’assenza di indicazioni operative cogenti, volte ad evitare che la quarta area si riduca ad una verticalizzazione formale, senza acquisizione delle necessarie professionalità Non si capisce come sia possibile, infatti, tenere insieme, nelle medesime riforme, l’idea che nella PA manchino professionalità adeguate alle necessità, in particolare del Pnrr, tanto che si attivano processi di reclutamento straordinari e un nuovo inquadramento e, contestualmente, l’idea di estendere a dismisura le progressioni verticali, anche per accedere alla nuova quarta area .

La domanda alla quale rispondere è: le professionalità, nella PA, ci sono o non ci sono? La risposta, per essere fondata e ponderata, non può essere “un po’ e un po’”. O le professionalità non ci sono e, quindi, la quarta area si copra solo con mirati accessi dall’esterno, come evidenzia Francesco Verbaro. Oppure ci sono: ma allora, insieme al profluvio di progressioni verticali non si capisce a cosa servano le modalità straordinarie di reclutamento.