Al via i congedi di paternità anche per gli statali

Tratto da PAmagazine

Adesso anche gli statali possono usufruire dei congedi di paternità e dei congedi parentali. I congedi per la nascita del figlio corrispondono ora a 10 giorni di riposo con il 100% della retribuzione e possono essere utilizzati anche prima del parto. I congedi parentali, altra novità, possono essere fruiti fino al dodicesimo anno di età del figlio (prima l’asticella era fissata a 6 anni) con il 30% dello stipendio. Si tratta di una svolta che i dipendenti pubblici attendevano da anni. Attenzione però perché se è vero da un lato che le nuove regole sono già operative, dall’altro va detto che molte pa devono ancora organizzarsi per renderle praticabili a tutti gli effetti. Quelle che non lo faranno andranno incontro a sanzioni.

La svolta

Dal 13 agosto si applicano le nuove regole sui congedi per i figli. «Possono fruire del congedo di paternità obbligatorio i padri lavoratori dipendenti, privati e pubblici, anche in caso di adozione e affidamento», ricorda l’Inps sul web. Sono dieci anni che agli statali veniva negato questo diritto: il congedo di paternità in Italia infatti ha mosso i primi passi nel 2012. La “protezione” venne introdotta nel privato in modo sperimentale per il triennio 2013-2015 con una sola giornata di congedo obbligatorio per il padre, più due giornate facoltative da godere in alternativa alla madre. Con l’ultima legge di Bilancio la misura è diventata strutturale e sono saliti a 10 i giorni di riposo a cui si ha diritto senza perdere la retribuzione. Infine, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (il 29 luglio scorso) del decreto legislativo che ha recepito la direttiva Ue sull’equilibrio fra attività professionale e vita familiare, il beneficio è stato esteso pure ai lavoratori della Pa.

I limiti

I neo papà potranno fruire del congedo a partire dai due mesi prima della data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita del figlio. Per quanto riguarda il congedo parentale per genitori lavoratori dipendenti pubblici e privati, spetta adesso fino al dodicesimo anno di vita del figlio e prevede che a ciascun genitore lavoratore vada un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione per tre mesi, non trasferibili all’altro genitore. I genitori hanno poi anche diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un’indennità sempre pari al 30 per cento della retribuzione. Restano immutati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori: la madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio, mentre il padre che per ogni figlio si astiene per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi ha diritto a un mese extra. Per ogni figlio entro i 12 anni entrambi i genitori possono fruire nel complesso al massimo di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre sfrutti il bonus del “settimo mese”). Al genitore solo sono riconosciuti 11 mesi (continuativi o frazionati) di congedo parentale, di cui 9 indennizzabili al 30% della retribuzione. Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per la coppia di genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino, un’indennità pari al 30 percento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (pari a 524 euro), ovvero a 1.310 euro.

Sanzioni

I datori di lavoro che ostacoleranno la fruizione del congedo di paternità obbligatoria non potranno ottenere la certificazione della parità di genere. Questi i punti chiave del decreto legislativo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 luglio, che ha recepito la direttiva Ue n°1158 del 2019 sull’equilibrio fra attività professionale e vita familiare. Le nuove norme stabiliscono poi che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere un parente con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverato a tempo pieno.