La domenica è, solitamente, uno dei giorni della settimana in cui i giornali non hanno cosa scrivere.
Questo, poi, è un periodo particolare.
A livello nazionale il matrimonio tra PD e PDL, dopo 20 anni di clandestinità, ha spiazzato la stampa che non può più commentare la (finta) aggressività tra i due schieramenti al governo (di Berlusconi contro i comunisti e della sinistra contro il caimano).
Anche a livello regionale dopo aver scritto tutto e il contrario di tutto su precari, Pip, tabella H, clausola di salvaguardia, etc. etc., ora la stampa è in attesa del responso del Commissario dello Stato.
Ma, intanto, le rotative non possono attendere.
Ecco, allora uscire dal cilindro un argomento che fa sempre presa sull’opinione pubblica: i dipendenti regionali fannulloni, assenteisti, in soprannumero, corrotti, e chi più ne ha più ne metta.
Ora, ammesso e non concesso che i dati trattati siano omogenei e reali e non come quelli (smentiti) secondo cui i dipendenti regionali guadagnerebbero, mediamente, il 40% in più degli altri dipendenti pubblici, siamo tutti qui ad accusare e a puntare il dito contro i “finti ammalati”, senza che nessuno si ponga, minimamente, il problema di verificare il perché di questa disaffezione al posto di lavoro, e l’unica cosa a cui si pensa è la repressione.
Ma la repressione non ha mai risolto i problemi, non per nulla negli stati americani in cui è ancora in vigore la pena di morte, non si è avuta una riduzione significati di alcuni gravi reati rispetto ad altri stati. Anzi, tutt’altro.
A parte l’età media che fa aumentare certamente gli acciacchi, nessuno parla dell’aspetto motivazionale la cui mancanza è, a mio avviso, la spiegazione principale del fenomeno.
Se c’era un interesse quasi morboso alla norma sui prepensionamenti, se tutti vogliono scappare, è segno che qualcosa non funziona.
Con gli stipendi bloccati (anzi diminuiscono a causa dall’inflazione e dall’aumento delle addizionali) e con il rischio concreto di essere assunti e pensionati con la stessa qualifica, per di più scavalcati da precari che aspirano ad essere stabilizzati nelle categorie apicali, chi al mattino si sveglia con il raffreddore o con il mal di testa potrebbe essere preso dalla tentazione di restare a letto piuttosto che prendere un’aspirina e uscire.
Da condannare, per carità!
Bisogna sempre e comunque fare il proprio dovere.
Ma per chi è motivato è tutta un’altra storia.
La prova di ciò sono tanti arzilli vecchietti pensionati ma pieni di incarichi (di soldi e soddisfazioni). Bisognerebbe legarli per costringerli a restare a casa.
Si pensi, inoltre, a tutti quei dirigenti generali o alti dirigenti pieni di incarichi che, se la legge lo avesse consentito, avrebbero chiesto la proroga alla permanenza in servizio fino alla morte. Vi risparmio i numerosi esempi.
Attenzione!
Non sto cercando di giustificare chi, al primo starnuto, resta a casa. Sto cercando di dare una spiegazione al fenomeno e sto indicando le strada per combatterlo, non con la repressione, ma agendo sul fattore motivazionale e attraverso una maggiore responsabilizzazione dei medici di famiglia.
In tal senso politica e sindacato dovrebbero fare la propria parte per modificare l’assurda normativa introdotta da Brunetta che ha bloccato le carriere nella pubblica amministrazione. Chi ha titoli e meriti deve andare avanti.
Andando a ritroso, ecco alcuni articoli, tutti rigorosamente di domenica, che hanno lo stesso minimo comune denominatore: l’alto numero di assenze dei dipendenti regionali.
- DOMENICA 5 maggio 2013 – Regione, boom di assenze negli uffici
- DOMENICA 27 gennaio 2013 – Alla Regione un esercito di malati
- DOMENICA 16 settembre 2012 – Regione, record di assenteismo durante l’estate