Diritto di non trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile – Corte di Cassazione – Sentenza n. 29009/2020

L’articolo 33 comma 5  della L.n.104/92 deve essere interpretato in modo costituzionalmente orientato affinché sia garantita una più ampia e rigorosa tutela della persona disabile, quindi ‘al di là di ogni condizionamento derivante dal mancato accertamento di uno status o da preclusioni collegate all’inesistenza di un provvedimento formale che confermi la ricorrenza della situazione di fatto che conferisce fondamento al diritto del familiare che presta assistenza al disabile’. Inoltre, deve considerarsi illegittimo il trasferimento del lavoratore che assista un familiare disabile anche nell’ipotesi in cui il grado di disabilità dell’assistito non si configuri come ‘grave’, sempre a condizione che il datore di lavoro, a fronte della natura e del grado di infermità psico-fisica del familiare, non provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive ed urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte. Ai fini del trasferimento è sempre necessario il consenso del lavoratore che assiste il familiare disabile, anche nell’ipotesi in cui la nuova sede lavorativa sia più vicina al domicilio della persona da assistere. Il rifiuto espresso del lavoratore al trasferimento deve essere necessariamente tenuto in considerazione nell’operazione di bilanciamento dei contrapposti interessi.
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Legge 104. Diritti e doveri del lavoratore

La Legge 104 garantisce benefici ai lavoratori portatori di handicap così come ai familiari che li assistono. Tuttavia impone anche dei doveri, e non solo per i datori di lavoro. Approfittare dei vantaggi offerti dalla Legge 104 e abusarne, violando i principi stabiliti nella normativa, può causare diversi rischi per il lavoratore. Che potrebbe ritrovarsi licenziato in tronco qualora venga colto in flagrante in determinate situazioni che andremo a esaminare. Sembra inutile precisarlo, ma i fatti di cronaca impongono un chiarimento a riguardo dei benefici della Legge 104; i quali hanno come fine quello di garantire condizioni lavorative efficienti per il soggetto portatore di handicap; nonché di permettere al lavoratore che assiste tale soggetto il tempo necessario per la dovuta assistenza.

Legge 104, cambiano le regole Permessi in ore o giornate

Cambiano, di nuovo, alla Regione le regole per poter usufruire dei permessi relativi alla legge 104: i dipendenti regionali potranno scegliere tra 18 ore mensili di permessi retribuiti o tre giorni interi al mese. È quanto stabilisce una circolare della dirigente generale della Funzione pubblica, Rosalia Pipia, che spiega come interpretare la norma approvata nell’ultima Finanziaria. L’articolo 22 della legge di Stabilità, di fatto, riporta il sistema dei permessi a prima del maggio 2015. Il punto è che questo “nuovo” sistema potrebbe agevolare i cosiddetti “furbetti”: scegliendo infatti il mercoledì, come giorno di permesso, il monte ore di cui il lavoratore può usufruire sale a 30 ore mensili, molte più delle 18 previste con l’alternativa.

L’ultima circolare sui permessi ex legge 104/92 dopo la l.r. 8/18 che ha “aggiustato” le modalità di fruizione

La circolare precisa che il comma 6 dell’art. 22 della l.r. 8 maggio 2018, n. 8, ha modificato il comma 20 dell’art. 49 della l.r. 9/15 disponendo che dopo le parole “esclusivamente in ore” sono aggiunte le parole “ad eccezione dei permessi di cui all’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 e successive modifiche ed integrazioni”. La circolare, insomma, chiarisce che il legislatore regionale (bontà sua) ha inteso escludere la quantificazione in ore dalle modalità di fruizione dei permessi retribuiti di cui alla legge 104/92.

Il problema è che la modifica delle modalità di fruizione dei permessi 104, operata dalla l.r. 9/15, non rientrava, a mio modesto parere, tra le competenze del legislatore regionale trattandosi di legge in materia di legislazione sociale rientrante tra le competenze statali.