Il lavoro precario è equiparato a quello del personale in ruolo nelle progressioni verticali

Il lavoro precario è equiparato a quello del personale in ruolo nelle progressioni verticali
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

Il bando per le progressioni verticali indetto da un ente locale è illegittimo se esclude dal calcolo del punteggio, per il passaggio alla categoria superiore, il servizio svolto a tempo determinato dal lavoratore. Il TAR del Lazio con la sentenza n. 9759, del 13 settembre 2021, ha accolto il ricorso di un dipendente nei confronti del Comune

Il ricorso

Un dipendente ha impugnato la deliberazione della Giunta Comunale ed il bando di concorso lamentandone l’illegittimità in forza di articolati motivi di ricorso e chiedendone l’annullamento.

In particolare il dipendente ricorrente ha premesso di essere un dipendente a tempo pieno ed indeterminato di un ente locale inquadrato all’interno della cat. C e nell’ambito della famiglia professionale economico- amministrativa.

L’istante ha sempre prestato la sua attività di istruttore amministrativo ascrivibile alla categoria professionale C, dapprima in qualità di lavoratore a tempo e poi, a far data dal 29.12.2008 sino alla data del ricorso, in qualità di lavoratore a tempo indeterminato (così maturando oltre 5 anni di anzianità di servizio nei ruoli del personale del Comune).

In data 22.12.2009 la Giunta del Comune, ha approvato il “Regolamento per le Progressioni Verticali dei dipendenti a tempo indeterminato del Comune di (…)”.

In materia di requisiti di accesso alla progressione verticale verso la categoria D, l’art. 3 del menzionato Regolamento ha richiesto il possesso del diploma di scuola media superiore nonché un’anzianità di servizio, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di almeno cinque anni nella categoria C, della stessa famiglia professionale del posto oggetto di progressione.

In data 29.12.2009 è stato quindi pubblicato, sempre mediante affissione all’Albo Pretorio del Comune, un bando per la progressione verticale, riservata ai dipendenti a tempo indeterminato del Comune di Roma, per il conferimento di n. 380 posti nel profilo professionale di Funzionario Amministrativo cat. D, pos. econ. D1, Famiglia Economico-Amministrativa e Servizi di Supporto.

In ordine ai requisiti di ammissione, l’art. 1 del bando, conformemente alle previsioni contenute nell’art. 3, della citata Deliberazione di Giunta Comunale, statuiva che la partecipazione alla progressione verticale fosse riservata soltanto a coloro che, oltre ad essere titolari di un diploma di scuola media superiore, fossero altresì dipendenti del Comune, nell’ambito della categoria C della stessa famiglia professionale del posto oggetto di progressione, con contratto di lavoro a tempo indeterminato di almeno cinque anni.

Il ricorrente ha impugnato davanti al TAR il provvedimento del Comune.

La sentenza del TAR

I giudici amministrativi, richiamando la giurisprudenza unionale, evidenziano che anche quelle amministrativa nazionale si è orientata nel senso che qualora il bando di concorso richieda, fra i vari requisiti, di essere dipendenti di ruolo di una pubblica amministrazione e con un’anzianità di servizio effettivo di almeno cinque anni in una qualifica per l’accesso alla quale sia prescritto diploma di laurea, è illegittimo il provvedimento di esclusione basato sulla non computabilità del servizio svolto a tempo determinato.

Ne consegue la ricorrenza dei vizi denunciati in ricorso e l’illegittimità e conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, nella parte in cui hanno ritenuto computabili nell’anzianità di servizio quinquennale richiesta ai fini della progressione verticale esclusivamente gli anni di attività lavorativa prestata in qualità di dipendente a tempo indeterminato e non in qualità di dipendente a termine.

Il Tribunale Amministrativo Regionale, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie con rimborso anche delle spese giudiziarie nei confronti del dipendente ricorrente.

T.A.R. Lazio, Roma, II Stralcio, Sent., (ud. 25 giugno 2021) 13 settembre 2021, n. 9759

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir