Pubblica Amministrazione, part-time revocati: “Donne discriminate”

“Siamo tornati indietro sui diritti delle donne in tema di occupazione”. E’ questo l’allarme che arriva dalla Toscana, dove sono tante le lavoratrici del pubblico impiego che hanno denunciato di aver ricevuto la revoca immediata del part-time da parte delle pubbliche amministrazioni. Una trasformazione del contratto di lavoro consentita dalla legge ma che risulta essere “un’applicazione troppo miope della nuova normativa”.

A tutela delle donne scende in campo la Commissione regionale per le Pari opportunità che promuove un’interpretazione meno rigida della norma.

“Abbiamo ricevuto segnalazioni da parte di lavoratrici del Tribunale di Firenze e dell’Asl di Livorno – afferma la presidente della Commissione regionale per le Pari opportunità Rossella Pettinati -: le amministrazioni hanno revocato il part-time in maniera unilaterale. Si tratta di una revoca consentita da una modifica legislativa introdotta con la legge 183/2010, il c.d. collegato lavoro, che danneggia però tutte quelle donne che hanno chiesto di non lavorare a tempo pieno proprio per poter conciliare meglio lavoro e famiglia”.

“Proprio per sensibilizzare su questo tema e promuovere possibili alternative – aggiunge Pettinati – abbiamo ritenuto utile organizzare un seminario di approfondimento. Ad affrontare il problema sono, tra gli altri, il giudice Marilena Rizzo, presidente della sezione lavoro del Tribunale civile di Firenze, l’avvocatessa Marina Capponi, giuslavorista e consigliera regionale di parità uscente, ed esponenti di Cgil, Cils e Uil. Con questa iniziativa vogliamo diffondere un’interpretazione meno restrittiva delle disposizioni sul lavoro a tempo parziale e impedire che i provvedimenti di revoca siano adottati unilateralmente senza tener conto delle necessità delle donne che li subiscono”.

donna lavoro interna

L’organo pubblico competente a intervenire contro gli atti discriminatori nei confronti delle donne in ambito lavorativo è la Consigliera regionale di parità. La consigliera uscente della Toscana, Marina Capponi, spiega di “aver contestato i provvedimenti attuati dalle pubbliche amministrazioni”: “Siamo tornati indietro sui diritti. Prima il part-time era un diritto del lavoratore, e in particolare delle lavoratrici visto che ne usufruisce oltre l’80%. Ma dal novembre 2010, da quando cioè è entrato in vigore il collegato lavoro, le pubbliche amministrazioni hanno inviato alle dipendenti delle revoche immediate e unilaterali del loro contratto di lavoro a tempo parziale. Questo si è verificato in particolare nelle Asl e nei Tribunali. All’Asl di Livorno ci sono stati 40 casi: dopo la revoca del part-time alcune donne hanno addirittura chiesto il trasferimento in altre regioni”.

Gli strumenti a disposizione delle lavoratrici per far valere i propri diritti sono due: un accordo sindacale o un ricorso al tribunale per discriminazione. “Al Tribunale di Firenze tre donne hanno fatto ricorso – continua Capponi – ma al momento è stata confermata la bontà della revoca del part-time. Non dovrebbero comunque esserci altri casi visto che la nuova normativa prevedeva la possibilità di revocare i contratti a tempo parziale da parte delle pubbliche amministrazioni entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore. Il punto in ogni caso è la mancanza in Italia di una cultura del part-time, non solo per le donne che devono dividersi tra lavoro e famiglia ma anche per chiunque voglia avere più tempo da dedicare a se stesso”.

Durante il seminario sarà proposta un’interpretazione non discriminatoria recentemente adottata dal Tribunale di Trento (Part-time – Scarica la sentenza del Tribunale di Trento) che ha sospeso l’operatività di alcuni provvedimenti di revoca del part-time. “Aderiamo a questa linea – dichiara Pettinati – e la vogliamo diffondere il più possibile sia tra i datori di lavoro, cioè le pubbliche amministrazioni, sia tra le lavoratrici”.

Il part-time però non è l’unica formula che può aiutare le donne a lavorare e nello stesso tempo dedicare cure alla famiglia, ai figli o ai genitori anziani e ammalati. E anche per le pubbliche amministrazioni, per le quale il part-time, in proporzione, costa di più degli altri contratti di lavoro, esistono altri strumenti per andare incontro alle lavoratrici: “La Commissione che presiedo – sottolinea Pettinati – non è convinta che si debba ricorrere sempre al contratto part-time: si possono anche utilizzare altri sistemi come la flessibilità di orario o il telelavoro”.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir