Riforma Pensioni, Partita rinviata al 2022

Tratto da PENSIONIOGGI
Poche le novità inserite nel ddl di bilancio. A parte la conferma di opzione donna ed il rinnovo dell’ape sociale è stata rinviata ancora una volta la discussione sulla flessibilità uscita e sulla revisione del sistema contributivo.

Obiettivamente non ci si aspettava molto dall’incontro governo/sindacati di martedì scorso in ambito previdenziale all’interno del ddl bilancio che ha iniziato il suo iter al Senato. Troppo distanti le parti e al di là di un incontro quasi “di cortesia” era evidente che almeno per quest’anno niente di più di quello già inserito nel ddl di bilancio potrà essere modificato. Draghi in sostanza ha blindato la legge da approvare entro il 31 dicembre e l’eventuale riforma che milioni di italiani aspettano è stata rinviata alla primavera del 2022 per essere inserita nel DEF.

Ma torniamo all’autunno del 2011. Draghi, come Presidente della BCE, impone a Monti appena nominato Presidente del Consiglio un drastico intervento sulla previdenza in Italia che ha i conti fuori controllo. Sappiamo tutti come andò a finire. Monti nomina la Fornero Ministro del Lavoro le fa preparare la legge previdenziale che porta il suo nome e che dal 2012 impone il sistema contributivo per tutti andando a modificare la legge Dini del 1995 e velocizzando la convergenza verso il contributivo. L’anno prima era stato approvato il Dl Sacconi (dl n. 78/2010) che ha legato l’età pensionabile all’aspettativa di vita. Quindi in caso di aumento dell’aspettativa di vita i termini di accesso al pensionamento aumentano, viceversa in caso di diminuzione, come avvenuto quest’anno a causa del Covid, i termini non scendono.

E’ “l’Uovo di Colombo”. Si risolve così il problema dell’aumento dell’aspettativa di vita che incideva così pesantemente sui conti previdenziali. In Italia c’è, pertanto, la legge più penalizzante per i lavoratori e la legge più perfetta per i governi, al punto che una delegazione cinese venne da noi a studiare questa particolarità per poi applicarla anche nel loro Paese.

Se poi aggiungiamo il fatto che Draghi, chiamato da Mattarella a risollevare un Paese che a causa della pandemia aveva perso il 8,9% del PIL sull’anno precedente, prima di accettare l’incarico ha sentito telefonicamente la von der Leyen, Merkel, Macron e i vertici della BCE e del FMI assicurando loro che si sarebbe conclusa la vicenda di “quota 100” e assicurandoli che l’impianto della legge Fornero tanto caro all’Europa non sarebbe stato toccato, si può ben capire l’atteggiamento che ha avuto l’esecutivo su questo delicato tema.

Procrastinare il problema, arrivare a fine anno, inserire pochi interventi nel ddl di bilancio e spostare il tutto all’anno 2022. Ha smussato lo scalone di cinque anni che si sarebbe formato in un solo giorno dal 31/12/2021 al 1/1/2022 portandolo a tre anni istituendo quota 102 (64 di età + 38 di contributi), ha ampliato le categorie di mestieri che possono accedere all’Ape Sociale, ha confermato Opzione Donna, ha esteso i contratti di espansione anche ad aziende con 50 dipendenti e ha istituito un fondo di 550 milioni di € in tre anni per permetter l’uscita dal mondo del lavoro di sessantaduenni di piccole aziende che hanno decretato lo stato di crisi.

E’ evidente che l’incontro con queste premesse non poteva portare nulla di nuovo. Draghi ha “blindato” la manovra concedendo solo alle OO.SS. un inizio di consultazioni dal mese di dicembre per giungere in primavera ad una parziale riforma previdenziale da inserire nel DEF. Ha scongiurato un eventuale sciopero generale in prossimità delle feste natalizie che i sindacati avevano minacciato concedendo loro una partecipazione attiva sulla destinazione degli otto miliardi di € messi sul piatto per la riduzione delle tasse, ma a proposito di previdenza ha affermato che per l’esecutivo l’intendimento è quello di tornare in pieno al sistema contributivo.

Le ipotesi sul tappeto sono “opzione tutti” con 62 anni di età ed almeno 25 anni di contributi optando però totalmente per il calcolo contributivo, la proposta del Presidente dell’INPS Tridico di pensionamento a due velocità con una parte di assegno previdenziale percepita subito calcolata sugli anni di contributivo e a 67 anni ottenere anche la parte di retributivo, nonché ultima nata quota 104 con 63 anni di età sommati ad almeno 41 anni di contributi.

Il tutto con l’incertezza sul futuro di Mario Draghi che potrebbe salire al Colle portando il Paese ad elezioni anticipate con conseguenze imprevedibili in ambito previdenziale.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir