Rifiuta di lavorare in giorno festivo, la Cassazione le dà ragione

Good Smile Company offices ladies.jpgIl datore di lavoro non può costringere un dipendente a lavorare in una giornata festiva infrasettimanale. Ed è illegittima la sanzione disciplinare che punisce il suo rifiuto. Lo ha stabilito la Cassazione accogliendo il ricorso di un’addetta alle vendite della Loro Piana di Romagnano Sesia, multata nel 2004 per non essersi presentata al lavoro il giorno dell’Epifania.

Cassazione. Nella determinazione del trattamento pensionistico va seguito il principio del “pro rata”

Fondo-PensioneEcco i principi di diritto fissati dalle Sezioni Unite: 1) “Nel regime dettato dalla legge 8.08.95 n.335 (legge di riforma del regime pensionistico obbligatorio e complementare), gli enti di previdenza privatizzati di cui al d.lgs. 30.06.94 n.509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali) non possono adottare, in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità delle proprie gestioni, provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano un massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il principio del ‘pro rata’, previsto dall’art.3, c.12, della stessa legge n.335, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti”.

Cassazione: spetta sempre al lavoratore dimostrare il mobbing

Roma_2011_08_07_Palazzo_di_GiustiziaLa Cassazione, con la sentenza n. 19782 dello scorso 19 settembre, torna a pronunciarsi sull’annosa questione del mobbing e al connesso diritto del lavoratore al risarcimento morale, biologico ed assistenziale.

Con questa pronuncia gli Ermellini, confermano l’orientamento giurisprudenziale avanzato dalla Corte Costituzionale e, recepito dalla stessa giurisprudenza della Cassazione, circa i presupposti per la configurabilità del mobbing e, circa l’onere della prova che incombe sul lavoratore….continua a leggere

Fonte: http://www.lavoroediritti.com/2014/09/cassazione-spetta-sempre-lavoratore-dimostrare-mobbing/#ixzz3EppwuYkz

La Cassazione: i tagli sulle pensioni non possono essere retroattivi

La Corte di Cassazione salva i diritti acquisiti dai pensionati. Secondo quanto si legge su Blitzquotidiano per la suprema corte non è possibile “toccare” i pensionati che hanno diritto a pensioni appena un po’ superiori alla media. Per le casse autonome, ha stabilito la Corte di Cassazione, i tagli possono valere solo per il futuro: interventi retroattivi non sono giustificati. Le Casse dei professionisti non possono tagliare le pensioni attese senza rispettare il principio del “pro rata”, ovvero senza considerare quanto maturato fino a quel momento.

Sicurezza sul lavoro: è penalmente perseguibile il datore che nomina responsabile dei rischi una persona non idonea

SicurezzaLucia Nacciarone

A deciderlo è la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 20682 del 21 maggio 2014, che ha respinto il ricorso del legale rappresentante di un srl, colpevole di alcune violazioni del decreto legislativo 81/2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Infatti, precisa la Cassazione, alla luce delle vigenti disposizioni normative, se il responsabile della prevenzione dei rischi in azienda non ha i requisiti per svolgere questo incarico, ad esempio perché non ha frequentato i corsi, si configura un reato a carico del datore che lo ha nominato.
E ciò, in quanto le disposizioni del D.Lgs. del 2008 si pongono in continuità normativa con le precedenti che regolavano lo stesso settore (cfr. D.Lgs. 626/1994), e che prevedevano appunto la rilevanza penale della nomina inefficace.
Gli ermellini, inoltre, sottolineano che l’Italia in passato è stata condannata dalla Corte di giustizia UE per inadempimento degli obblighi europei in materia di sicurezza sul lavoro. Perciò l’interpretazione delle norme interne della materia va fatta alla luce anche delle prescrizioni contenute nella direttiva 89/391/CEE, che impongono appunto la nomina di un soggetto qualificato.
Quindi, concludono i giudici, anche se la normativa di cui al D.LgS, 81/2008 si presenti in alcuni punti, come già rilevato dalla dottrina, disarticolata e carente, non vi sono dubbi sul significato complessivo della fattispecie, che depone nel senso della responsabilità penale del datore che non provveda alla designazione di un soggetto adeguato, atto, questo, non delegabile.

Lavoro: legittime le videoregistrazioni per perseguire illeciti

Piena utilizzabilità delle videoregistrazioni effettuate dal datore di lavoro laddove agisca non per controllare la prestazione lavorativa ma per specifici casi di tutela dell’azienda rispetto a specifici illeciti: è questo il principio espresso dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza 4 giugno 2013 n. 30177.

Cassazione: il possesso della laurea non obbliga il datore di lavoro ad assegnare mansioni superiori

Una dipendente della Regione Campania agisce avverso il proprio datore di lavoro contestando il mancato riconoscimento di adeguata posizione lavorativa, la quale non risulterebbe rapportata alle qualifiche professionali dallo stesso possedute. In primo grado il Tribunale, ex art. 2043 cod. civ., riconosce la lesione subita dal lavoratore e condanna la Regione al risarcimento del danno di circa 50mila euro, sul presupposto di aver subito un danno psicofisico per non essere stata assegnata a mansioni più consone al titolo accademico.

Di diverso avviso invece la Corte d’Appello, che ribalta la decisione di primo grado, affermando che «l’impiegata non poteva vantare alcun diritto in relazione al possesso della laurea»…..continua a leggere

La falsificazione delle presenze, se per poche ore, non può giustificare il licenziamento

LavoratoreCon un’interessante pronuncia dell’8 gennaio 2014, la Corte d’appello di Torino, riformando la decisione del giudice di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento comminato da un Comune ad un proprio dipendente per false attestazioni di presenza in servizio.

La misura è stata, infatti, ritenuta sproporzionata rispetto alla condotta posta in essere.