La spendig review è uno ”strumento importante”, ma le analisi suggeriscono che ”ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni”. Lo afferma il Fmi nell’Article VI sull’Italia, sottolineando che ci sono spazi per migliorare anche la spesa sanitaria.
“La situazione economica italiana è insostenibile e porterà ad un default sul debito a meno che non ci sia un improvviso e duraturo cambiamento nella crescita. Se così non fosse, il futuro dell’Italia nell’eurozona sarebbe in dubbio, e di fatto il futuro dell’euro stesso”. E’ quanto si legge in un editoriale del Financial Times, a firma Wolfgang Munchau.
L’Ocse prevede per il 2014 un calo del Pil italiano dello 0,4%, l’unico negativo tra i Paesi del G7, tagliando drasticamente le precedenti stime, pari a +0,5%.
La ripresa rimane relativamente debole anche in Germania (+1,1%) e in Francia (+0,4%).
Unica eccezione la Gran Bretagna (+3,1%) che, guarda caso non ha adottato l’euro.
La ripresa è, invece, solida negli Stati Uniti e si sta rafforzando in India ed è in linea in Giappone e Cina.
L’economia italiana nel secondo trimestre del 2014 si è contratta dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e nel terzo periodo dell’anno non si prospetta nessuno scatto. Lo conferma l’Istat che, per effetti di arrotondamento, ha invece rivisto la stima sul Pil tendenziale, rilasciata il 6 agosto, in miglioramento da -0,3% a -0,2%. Considerando che nel primo trimestre il Prodotto aveva segnato un -0,1% nel confronto congiunturale, l’Italia è di fatto in recessione.
La conferma arriva dai dati dell’Istat, che registrano per agosto un indice dei prezzi in calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (era +0,1% a luglio). Il Paese entra in deflazione per la prima volta dopo oltre 50 anni, cioè dal settembre del 1959, quando però l’economia era in crescita.
Non si arrestano le indicazioni di stagnazione, se non addirittura recessione, per l’economia italiana. Dopo aver incassato il -0,2% del Pil nel secondo trimestre del 2014 e il rialzo del tasso di disoccupazione, insieme alle bacchettate della Bce sulla necessità di far di più per invertire il trend economico, anche la produzione industriale mostra segnali di nuovo affanno: a luglio 2014 l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dell’1% rispetto a giugno.
La disoccupazione torna a salire e a luglio balza al 12,6%, in rialzo di 0,3 punti percentuali su giugno e di 0,5 punti su base annua. Lo rileva l’Istat, che ha diffuso i dati provvisori: i disoccupati sono 3 milioni e 220mila, in aumento del 2,2% rispetto a giugno (+69mila) e del 4,6% su anno (+143mila).
Secondo il bollettino dell’Eurotower il governo italiano potrà incontrare difficoltà a raggiungere l’obiettivo di un deficit al 2,6% del Prodotto a fine anno. Il terzo trimestre Ue sarà più debole del previsto, disponibilità ad agire con strumenti non convenzionali.
Per il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, considerato un falco del rigore, le recenti dichiarazioni di Mario Draghi sulla necessità di un allentamento delle politiche di austerity «sono state interpretate troppo in una direzione». Lo ha detto al quotidiano locale Passauer Neue Presse. «Conosco Draghi molto bene, credo sia stato frainteso», ha aggiunto….(Schauble: Draghi frainteso, servono rigore e riforme)…..In sostanza, nessun cambio di rotta della Bce.
È il Mezzogiorno a rivelare ancora una volta nelle statistiche ufficiali le sue drammatiche criticità. Accentuate da sette anni di crisi. E sono state le fasce più deboli, come i minorenni, a pagare il conto più salato della recessione.
Così l’ intero Stivale tocca il record assoluto, mai visto da 9 anni a questa parte. Sfiora il 10%, uno su 10, in Italia la quota di coloro che non si possono consentire nemmeno l’essenziale «per uno standard di vita minimamente accettabile», come li definisce l’Istat. Migliaia di bambini sotto i cinque anni che non possono avere nemmeno un bicchiere di latte.
Di certo, mai le sorti calcistiche hanno rispecchiato in modo così fedele la situazione politica-economica dell’Italia.
In ambito calcistico i nostri giovani provenienti dai vivai trovano la strada sbarrata dai calciatori stranieri. Alcune squadre, da diversi anni, schierano in campo e in panchina esclusivamente calciatori stranieri.
I nostri giovani, pertanto, non hanno la possibilità di “farsi le ossa”.
Prendersela con l’arbitro o con un calciatore in particolare, o prendersela con l’allenatore che ha lasciato a casa questo o quell’altro pensando che il risultato sarebbe stato tanto diverso, significa volersi prendere in giro.
Il calcio italiano va rifondato su basi diverse che valorizzino e tutelino i giovani italiani.
Stesso ragionamento va fatto per l’Euro.
La moneta unica avrebbe dovuto portare prosperità e benessere. Di fatto ci troviamo nel bel mezzo di una crisi economica senza via d’uscita, strozzati da tagli, tasse e perdita dei diritti dei lavoratori conquistati dopo anni di battaglie sindacali.
Che l’Europa stia mettendo in ginocchio la nostra economia sembrerebbe essersene accorto anche il nostro presidente della regione Crocetta che, ovviamente, parla della Sicilia, ma il ragionamento può e deve essere esteso a tutta l’Italia.
Un’Europa così all’Italia (e non solo) non serve. Gli interessi tra gli stati sono contrapposti. Se l’Italia dovesse aumentare le proprie esportazioni, inevitabilmente, per quel settore, si comprimerebbero quelle di altri paesi.
Quindi o più europa, con la nascita degli stati uniti d’europa (formata da tanti stati federali quanti sono i paesi dell’unione) con un solo governo e un solo presidente, o fuori dall’Euro.
Gli economisti che parlano di uscita dall’euro analizzano e argomentano i pro e i contro dimostrando che l’uscita porterebbe molti più benefici della permanenza nella moneta unica.
I sostenitori dell’Euro lo pongono come il dogma della fede.
Il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, da Bruxelles, lancia l’allarme per la «situazione drammatica» in cui versano l’agricoltura e la pesca della sua Regione a causa degli accordi «fallimentari» raggiunti dall’Ue con i Paesi del nord Africa, «in particolare l’accordo Eu-Marocco», che non hanno previsto «alcuna norma di salvaguardia per i Paesi Ue che si affacciano sul Mediterraneo».
Che l’euro sia una moneta mal costruita, ancorché ben gestita nei limiti della sua malformazione istituzionale, è ormai opinione condivisa.
Solo i mitomani dell’euro, una patetica minoranza che purtroppo governa le sorti del paese, continuano a negarlo e affidano il loro ingiusto dominio al terrore di ciò che può accadere se l’euro fosse abbandonato.
Un esempio è il Manifesto firmato da 300 persone curato dal Sep, la Scuola di politica economica europea della Luiss, che, oltre a contenere richiami statistici errati (come l’inflazione del 20% attribuita alle svalutazioni della lira) e ipotesi di relazioni causa/effetto tra variabili economiche «appese ai lacci delle proprie scarpe», non spiega al comune lettore perché il paese debba accettare anche i costi del malfunzionamento europeo oltre quelli che il nostro paese ha ereditato a causa di decenni di malgoverno; e, non potendo dimostrare che l’euro così com’è porta benessere, sparge terrore sulle conseguenze dell’abbandono degli accordi monetari europei. Considero questo comportamento una vergogna culturale e un imbroglio sociale.