Pensioni dei regionali, intesa più lontana

Ars-vuota-foto-di-giorgio-ciaccio-624x300Riunione in prima commissione all’Ars sulle norme in Finanziaria che riguardano i dipendenti pubblici. Irritate le sigle sindacali. La Cgil: “L’assessore Leotta ha depositato un testo che sconfessa quanto detto all’Aran. Qui si recita una commedia”. La Cisl: “Il governo smentisce se stesso. Crocetta dica una volta e per tutte quali sono le sue intenzioni”.

Pensioni. Come al gioco dell’oca siamo tornati al punto di partenza e forse anche più indietro

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Conclusa in tarda mattinata la convocazione della Commissione Legislativa all’Ars per discutere delle norme sul personale inserite nella bozza di Finanziaria.

Incredibilmente in commissione è spuntato l’assessore alla Funzione Pubblica Leotta che non ha mai preso parte alle riunioni all’Aran il quale, smentendo tutto il lavoro, buono o cattivo che sia, portato avanti dall’Aran, ha prodotto una nuova bozza che torna indietro rispetto alle piccole aperture che si era riusciti ad ottenere presso l’Aran.

La nuova bozza prevede sempre che per accedere al prepensionamento è necessario il doppio requisito di 61 anni e 7 mesi e una contribuzione minima di 35 anni oppure 40 anni di anzianità contributiva.

Restano per il “contratto 1” le INACCETTABILI penalizzazioni in base alla categoria di appartenenza:

  • 4% per il personale della categoria A;
  • 6% per il personale della categoria B;
  • 8% per il personale della categoria C;
  • 10% per il personale della categoria D;
  • 12% per il personale della fascia dirigenziale

È rimasto il conteggio effettuato non più sull’ultima retribuzione ma sulla media degli ultimi 5 anni e l’obbligatorietà della presentazione della domanda di pensionamento entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, pena la decadenza dal beneficio del collocamento anticipato in quiescenza e l’applicazione del trattamento di quiescenza e previdenza in vigore per gli impiegati civili dello stato.

È rimasta, infine, la previsione che il beneficio del prepensionamento si applichi anche ai dipendenti del “contratto 2″ che conseguano il requisito (61 anni e 7 mesi e 35 di contributi) dalla data di entrata in vigore della legge e fino al 31 dicembre 2020.

Cosa cambia nella nuova bozza.

Nella nuova versione, viene fissata al 2020 la finestra di prepensionamento anche per i “contratto1”, mentre nella versione concordata all’Aran non c’era un limite al fine di consentire che tutto il “contratto 1” potesse fuoriuscire con gli stessi requisiti.

In sostanza le penalizzazioni nelle percentuali sopra descritte si applicano a tutto il “contratto 1”, però, chi raggiunge i requisiti fino al 2020 (61 e 7 mesi e 35 anni di contributi o, in alternativa, 40 anni di contributi) andrà via anticipatamente in basi ai suddetti requisiti. Coloro che non raggiungeranno i requisiti di cui sopra, fissati per il prepensionamento, andranno in pensione con le stesse percentuali di penalizzazione ma con i requisiti fissati dalla legge Fornero (66 anni e 11 mesi o 43 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 2 mesi di contributi per le donne.

In conclusione, mentre si sta lavorando a diverse ipotesi quali ad es. cercare di migliorare la proposta Aran eliminando le penalizzazioni per coloro che dovessero restare, lasciandole solo per coloro che, volontariamente, volessero accedere al prepensionamento o, in alternativa effettuare un prepensionamento obbligatorio per tutto il contratto 1 con penalizzazioni minime in cambio di una fuoriuscita anticipata senza dovere attendere i 67 anni o i 43 anni di contributi, siamo, praticamente, tornati al punto di partenza.

Pensioni anticipate: testo finale migliorato ma ancora non accettabile

Palermo, 16 aprile 2015

I sindacati COBAS/CODIR, SADIRS, DIRSI, SIAD e UGL respingono al mittente ogni vergognoso tentativo di trasformare una norma sul pensionamento anticipato del personale regionale, nella solita operazione clientelare nella quale poterefare un selfie delle proprie posizioni di privilegio personale e consentire anche di foraggiare i privilegi di amici degli amici vicini ai propri ambienti politici e di responsabilità (a buon intenditore…….).

Ciò premesso, dopo svariati incontri propedeutici ad addivenire ad un percorso condiviso che portasse consistenti risparmi nelle casse della Regione e dopo i chiari impegni assunti dal governatore Crocetta a seguito del SIT IN del 17 marzo scorso, l’Aran, dopo numerosi sforzi prodotti in favore di un accordo ragionato e onorevole, sembra cedere sotto i colpi demagogici e intollerabili di alcuni pezzi di Governo attenti soprattutto ai proclami a effetto e alla propaganda personale più che alla vera risoluzione dei problemi finanziari per il bene dell’Amministrazione regionale e degli stessi suoi incolpevoli dipendenti.

Primo nodo che ieri sera sembra avere fatto definitivamente “saltare il banco” è stata la questione legata alle pensioni che, dovendo aprire talune finestre ad hoc, avrebbe consentito risparmi certi di 40 milioni di euro in tre anni. Inaccettabili, pertanto, le imposizioni e le previsioni di pesanti penalizzazioni ingiustificate e ingiustificabili che avrebbero dovuto subire i lavoratori e che, sempre quei “pezzi” di Governo, avrebbero preteso in aggiunta ai risparmi per potere dare in pasto all’opinione pubblica, una immagine di estremo ed eccessivo rigore nei confronti del comparto dei regionali. Tutto ciò riuscendo, secondo loro, a mascherare il mantenimento di sperperi e privilegi che hanno, oramai, lasciato soltanto qualche osso spolpato della esanime Regione.

Ancora più inaccettabile la norma che prevedrebbe l’adesione obbligatoria, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, del collocamento a riposo (in qualsiasi anno futuro) pena la perdita del sistema misto (per i colleghi del contratto 1). Inaccettabile anche la disparità di trattamento che tale assunto creerebbe nei confonti dei colleghi del contratto 2 (assunti post 1986) e più volte denunciato dai Sindacati Autonomi, che la proposta presentata dall’Aran di una finestra fino al 2020 non risolve minimamente.

I sindacati COBAS/CODIR, SADIRS, DIRSI, SIAD e UGL hanno detto, quindi, basta! Hanno fatto di tutto nel tentativo di costruire un risultato accettabile che avrebbe potuto convincere i dipendenti vicini ai limiti di legge ad andare in pensione senza creare, fra l’altro, alcuna disparità di trattamento ma di fronte all’arroganza e alla tracotanza dimostrata da questi “pezzi” di governo, sono pronti a restituire la parola alla protesta chiedendo preliminarmente le rimozione immediata dell’Assessore all Funzione Pubblica (e non solo) e iniziando, sin da subito, un’opera di sensibilizzazione nelle commissioni dell’ARS affinché la politica siciliana non sia complice e non si sporchi le mani con operazioni vergognose e indegne contro il personale regionale che è pronto a reagire su tutte le piazze siciliane comunicando ai cittadini, con un’azione capillare d’informazione, tutte le promesse inevase dei nostri politici e dei continui clientelismi che offendono la democrazia siciliana, tutti i cittadini onesti e tutti i giovani disoccupati costretti, ancora oggi, ad allontanarsi da questo mercimonio per trovare dignitose e oneste opportunità di lavoro.

www.codir.it

Pensioni dei regionali, non c’è accordo

Foto sit-inFumata nera oggi all’Aran. Le sigle che stanno portando avanti la vertenza Cobas Codir e Cisl si dichiarano “non soddisfatti dalle proposte giunte oggi. Adesso il governatore chiarisca ufficialmente la posizione dell’esecutivo”. La Cgil: “Qualcuno sta giocando”

Previdenza, Damiano: ‘No tagli alle pensioni liquidate col sistema retributivo’

PensioneIl presidente dell’Inps Tito Boeri “sfida” il governo rilanciando oggi le proposte di riforma pensioni con più flessibilità in uscita per la pensione anticipata e una sforbiciata alle pensioni più alte.

Su questa proposta non sembra per niente d’accordo il presidente della commissione Lavoro della Camera. “Non sarebbe accettabile – ha detto Cesare Damiano – un taglio alle pensioni in essere per il solo fatto che siano state liquidate con il sistema retributivo. Anche questo – ha aggiunto il deputato dell’Area Riformista del Pd che fa capo a Pierluigi Bersani – sarebbe infilare le mani in tasca ai cittadini mettendo in discussione i diritti acquisiti e, nel caso dei pensionati, non si tratterebbe – ha sottolineato scongiurando nuovi tagli – della prima volta”.

Pensioni. Possibile svalutazione degli assegni

Il governo Renzi sta valutando la possibilità di svalutare gli assegni pensionistici.

Più nello specifico, per i lavoratori che ottengono il trattamento pensionistico nel 2015, l’INPS starebbe pensando di svalutare il montante contributivo, applicando un tasso di capitalizzazione negativo ai contributi finora totalizzati.

Per comprendere questa ipotesi di riforma, occorre ricordare che nella riforma delle pensioni varata nel 1995 (riforma Dini) era stato previsto il collegamento del tasso di capitalizzazione dei contributi maturati all’andamento del PIL nei cinque anni precedenti.

In altri termini, la stessa riforma che ha introdotto il sistema di calcolo contributivo del trattamento pensionistico ha previsto anche che le quote di contributi versati sul conto assicurativo (montante contributivo) i contributi già versati subissero una rivalutazione annuale proporzionale all’andamento della crescita nominale negli ultimi cinque anni.

Finanziaria. Equiparazione regionali-statali. Pensioni, scontro tra sindacati

Pensioni - Scontro tra sindacati
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Sul tema delle pensioni dei regionali, oggetto in questi giorni di un serrato confronto tra governo regionale, Aran e sindacati (martedì pomeriggio il prossimo incontro), corto circuito tra esponenti della Cgil.

Il leader siciliano in un’intervista ha dichiarato: «Non vogliamo difendere privilegi, vogliamo una Regione diversa e abbiamo dato la nostra disponibilità; cito un esempio: dal mio punto di vista, adeguare le pensioni dei regionali a quelle degli statali è una cosa ovvia” indicando la linea del suo sindacato sul punto in questione.

Costringendo i due dirigenti sindacali Michele Palazzotto ed Enzo Abbinanti, della segreteria Fp Cgil,a rettificare, con un proprio comunicato stampa, quanto dichiarato dal loro segretario generale della Cgil Sicilia, cercando di correggerne la portata parlando anche di “speculazioni su una dichiarazione decontestualizzata”. Al comunicato della categoria Funzione Pubblica Cgil non è, però, seguita nessuna precisazione del leader confederale della Cgil Michele Pagliaro.

La polemica nasce da una posizione diversa assunta dal Cobas-Codir che, nei giorni scorsi, ha più volte ribadito la propria difesa al sistema pensionistico dei regionali: ovvero che il governo regionale può mandare in pensione 4 mila dipendenti, laddove gli stessi decidano di perdere volontariamente il 10% della retribuzione pensionistica, ma che ogni altra forzatura incostituzionale che deroghi da quanto previsto dall’articolo 20 della legge regionale 21/2003 (pro rata) costringerebbe il Cobas/Codir a scatenare nuovamente la lotta sindacale.

Privilegiato chi ha una pensione di poco più di 2 mila €? Il vero scandalo sono stipendi e pensioni più basse

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Forse ce ne siamo dimenticati, ma l’art. 36 della Costituzione stabilisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

La propaganda del governo attraverso la carta stampata e le tv, invece, ha ormai convinto quasi tutti: il taglio di stipendi e pensioni (fatta, comunque, eccezione di quelli di deputati, senatori e politici in genere), sono la medicina amara per superare la crisi e diventare sicuramente ricchissimi nel giro di qualche secolo.

Ecco un passaggio dell’articolo di Repubblica: “Di certo c’è che oggi la pensione media di un regionale è di 39 mila euro l’anno, contro i 23 mila di quella degli statali. Nemmeno paragonabile con il comparto dei lavoratori privati, dove la pensione media si ferma a 15 mila euro l’anno”.

Traspare quasi, nell’articolo di Repubblica, l’auspicio di un adeguamento per tutti al ribasso, ai 15 mila euro annui per tutti.

Spiace constatare come solo pochi mettono in dubbio la politica messa in campo dal governo.

Nessuno che abbia un po’ di spirito critico.

Chi guadagna un euro in più rispetto ad un altro è immediatamente messo alla berlina e additato come privilegiato. Nessuno si pone il problema di valutare se quello stipendio o la futura pensione sono appena sufficienti a vivere una vita priva di stenti.

Nessuno che dica che forse non sono i regionali ad essere privilegiati (tranne alcune ristrette nicchie) ma sono gli altri ad essere al di sotto della soglia di povertà.

Nessuno di quelli che detiene in mano il potere di manipolare l’opinione pubblica che dica che forse sarebbe il caso di alzare stipendi e pensioni da fame. piuttosto che ridurre tutti alla fame.

Tagliare per adeguare al ribasso è l’unico auspicio che traspare, anzi si legge proprio a chiare lettere, su quasi tutti i quotidiani, senza alcuno spirito critico sul fatto che i tagli lineari colpiscono i redditi più bassi.

Finanziaria, giochi fatti Nel mirino le pensioni dei regionali e la “casta” dei Comuni

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Scrive Repubblica: se entrerà in vigore la norma del governo Crocetta, un funzionario passerebbe da una pensione di 1.448 euro a un assegno di 995 euro, con un taglio di quasi 500 euro. Molto minore la sforbiciata per i dirigenti, che grazie a un salario accessorio molto più pesante anche con il sistema contributivo riescono ad avere un buon assegno.