Prepensionare e assumere a costo zero è come volere la botte piena e la moglie ubriaca

PensionePubblica Amministrazione. La Madia insiste su staffetta generazionale e dice no al blocco del turn over. Ma la Ragioneria Generale dello Stato chiede le coperture, perché prepensionare e assumere è costo.

“Se si mandano via persone che non vengono rimpiazzate – ha detto Francesco Massicci a capo dell’Ispettorato Generale per la Spesa Sociale della Ragioneria Generale dello Stato in un’audizione – “viene meno lo stipendio e la pensione ed è un costo neutrale. Ma se mando via persone che devo sostituire devo pagare lo stipendio, la pensione e la buonuscita e la legge deve prevedere una copertura”.

Prepensionamento degli statali. Il Governo ha poche idee ma ben confuse

Pensione

Anche questo Governo, come i precedenti, brancola nel buio.

A causa dei vincoli dettati dall’UE le risorse sono poche e si va avanti solo con annunci e smentite. Tipico esempio è il caso del prepensionamento degli statali.

Sembrava proprio che il governo intendesse dare seguito al piano per il ritiro anticipato dal lavoro per migliaia di statali.

La strada che l’esecutivo aveva intenzione di seguire sembrava strettamente legata al piano di esuberi del personale del pubblico impiego stilato dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli che ammonterebbero a circa 24mila dipendenti, di cui 11mila nelle amministrazioni centrali. Per queste persone l’onere sui conti pubblici si sarebbe limitato alle sole liquidazioni visto che le pensioni in più sarebbero state compensate dagli stipendi in meno, ovviamente nell’ipotesi di non assumere nessuno in sostituzione.

Qualche giorno fa, invece, il Ministro per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia ha aggiunto ulteriore carne al fuoco lanciando l’idea della staffetta generazionale: mandare a casa i vecchi per assumere i giovani.

Ma, in questo caso, tutto il meccanismo che si regge sulla sostanziale equivalenza tra stipendi risparmiati e pensioni erogate che azzera o quanto meno riduce gli oneri per il bilancio pubblico viene a cadere. Se, infatti, come annunciato dal ministro Marianna Madia, si tratterà di far uscire dipendenti anziani per immetterne in servizio di giovani, allora la questione dovrà essere in parte rivista almeno sotto il profilo finanziario.

A complicare, comunque, la situazione ecco l’immancabile scontro tra ministri, ex ministri, deputati ed esponenti di partito favorevoli e contrari al prepensionamento.

Scontro nel governo: Giannini boccia la staffetta generazionale. «Un sistema sano non manda a casa anziani »

PensioneStaffetta generazionale: no grazie, perché «un sistema sano non ha bisogno di mandare a casa gli anziani per far entrare i giovani». Non è proprio piaciuto al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, l’ipotesi avanzata dalla collega della Funzione pubblica Marianna Madia per ringiovanire la pubblica amministrazione illustrata oggi in un’intervista e che ha suscitato perplessità da parte dei sindacati – anche se con quale distinguo – e sollevato il dibattito sull’argomento.

Quale staffetta generazionale? In Sicilia i precari sono tutti ultra50enni. Mandiamo a casa vecchi per assumere altri vecchi?

Intervista del Ministro per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia al Corriere della Sera.

Secondo il ministro in Italia ci sono troppi dirigenti, troppo anziani. Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e più in generale dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l’ingresso dei giovani. Se non si fa, non ci può essere il rinnovamento della Pubblica amministrazione, ma anzi si andrà verso la sua agonia. Un po’ quello che accade a un Paese che non fa figli.

Secondo la Madia ci sono dipendenti pubblici che si trovano tra i vecchi requisiti di pensionamento e i nuovi ai quali, nell’ambito di un piano nazionale di rinnovamento, potrebbe essere permesso di andare in pensione uno o due anni prima. In questo modo sicuramente si ridurrebbero i dirigenti, rinunciando ai più anziani, e si risparmierebbe sulla spesa pur assumendo.

Si potrebbe – continua la Madia – mandare in pensione 3 dirigenti e sostituirli con un funzionario. La priorità ad essere assunti spetterebbe ai vincitori di concorso. Per i precari si può pensare a dei punteggi da far valere in concorsi aperti a tutti.

Commento.

Anche la Madia non fa nessun accenno alla carriera o alla valorizzazione delle professionalità di coloro che, invece, dovranno restare. Ciò agirebbe sull’aspetto motivazionale del personale con un sostanziale miglioramento dell’efficienza della Pubblica amministrazione.

L’idea, poi, di sostituire 3 dirigenti con un funzionario può volere significare 2 cose: o si era consapevoli che l’organico era sovrastimato e il lavoro che poteva svolgere una sola persona era diviso a 3 unità, o si vuole caricare e sfruttare oltremodo i lavoratori attraverso una riduzione dei salari e un aumento delle ore lavorative.

Nella Pubblica Amministrazione si riparla di prepensionamenti. Hanno trovato le coperture o creeranno altri esodati?

PensioneSolo pochi giorni fa la Ragioneria generale dello Stato ha bocciato la proposta di legge sulla deroga alla riforma Fornero per la pensione dei quota 96 per 4000 docenti….Doccia scozzese per coloro che aspirano alla pensione con i requisiti pre-Fornero….

Oggi il Governo ha annunciato di volere “incentivare i prepensionamenti nella pubblica amministrazione in modo tale da favorire i giovani: è la “ricetta” del Governo per il pubblico impiego. Lo ha rivelato il Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, secondo cui una soluzione potrebbe essere quella di «una sana mobilità obbligatoria».

Permettetemi di esprimere il mio sano scetticismo nei confronti di annunci e di misure ancora poco chiare che rischiano di penalizzare i lavoratori.

Doccia scozzese per coloro che aspirano alla pensione con i requisiti pre-Fornero

PensioneLa Ragioneria generale dello Stato ha stroncato la proposta di legge sulla deroga alla riforma Fornero per la pensione dei quota 96.

I quota 96, coloro che con 60 anni di età e 36 di servizio 61 di età e 35 di servizio, potevano accedere alla pensione e lasciare il lavoro. Possibilità stroncata con l’entrata in vigore della legge di riforma pensioni Fornero.

La proposta è stata bocciata perché, secondo la ragioneria Generale dello Stato, la copertura adeguata indicata nella proposta non è sufficiente.

Pensioni e Quota 96: soluzione definitiva attesa nel Jobs Act di Renzi

Uno dei problemi più scottanti sul tavolo del governo è senza dubbio quella dei “Quota 96″.

Si tratta di un esercito di nati negli anni ’50, coloro che, insomma, possono vantare, tra età anagrafica e annualità di contributi previdenziali versati, appunto, la fatidica soglia, in precedenza sufficiente per andare in pensione.

Invece, tutto rimane sospeso per questa categoria di lavoratori, molti dei quali lascerebbero volentieri il proprio lavoro per fare posto ai più giovani e invece si trovano costretti a rimanere dove sono, per via di una legge che cerca di ridurre gli ingressi alla pensione.

Con i requisiti della riforma pre-Fornero cessazioni d’obbligo nella Pa solo a 65 anni di età. Pensioni: ecco gli ultimi giri di vite

I dipendenti pubblici che hanno centrato uno dei parametri previdenziali pre-riforma Fornero entro la fine del 2011 sono obbligatoriamente soggetti al vecchio regime, ma non sono obbligati a sfruttarli se non hanno raggiunto i 65 anni di età. Anzi, nello Stato e negli enti pubblici non economici (Inps, Aci, Istat e così via), possono anche dirsi disponibili a rimanere in campo fino a 67 anni, sempre che l’amministrazione di appartenenza lo richieda in virtù della loro «particolare esperienza professionale». A fare il punto sulle regole previdenziali è una nota (protocollata come Dfp 0006295) diffusa ieri dalla Funzione pubblica, che chiarisce gli effetti dell’incrocio fra la clausola di salvaguardia introdotta dalla riforma Fornero per chi avesse raggiunto i vecchi requisiti entro il 2011 e gli obblighi di pensionamento nella Pubblica amministrazione.

Sul tema era intervenuto il decreto «pubblico impiego» (Dl 101/2013, articolo 2, comma 4), che con una norma interpretativa aveva chiarito l’obbligatorietà di applicare i requisiti pre-Fornero ai dipendenti che li avessero raggiunti entro il 31 dicembre 2011. Questo obbligo, spiega però la nota di Palazzo Vidoni, non si traduce in un pensionamento automatico.

I parametri pre-riforma consentivano infatti il pensionamento al raggiungimento di quota 96 (nella somma di età anagrafica e anzianità contributiva) e, per le donne, all’arrivo dei 61 anni con almeno un ventennio di contributi versati. In entrambi i casi, quindi, i requisiti possono essere stati raggiunti da dipendenti con un’età inferiore ai 65 anni, ma prima di quella data il pensionamento non è automatico. Il dipendente può presentare richiesta di essere messo a riposo, e la Pubblica amministrazione è tenuta ad accoglierla, ma quando la richiesta non arriva la cessazione obbligatoria del rapporto di lavoro scatta a 65 anni: tranne, come accennato, nei casi in cui è possibile il biennio aggiuntivo (16 del Dlgs 503/1992), che può essere applicato se il dipendente dichiara la propria disponibilità e l’amministrazione intende sfruttarla. (Il Sole 24 Ore – 4 febbraio 2014)

Pensioni. Età e scala mobile: ecco gli ultimi giri di vite. Vecchiaia più lontana. Inseguimento difficile al carovita

Non poteva mancare il «pacchetto previdenza» nella legge di stabilità 2014. Del resto negli ultimi quindici anni ogni legge Finanziaria (così si chiamava prima) si è occupata di questa materia e quasi sempre con drastici giri di vite. Nonostante la grande riforma Fornero che ha appena compiuto 2 anni. Insomma, non butta bene per i pensionati, né tanto meno per i prossimi pensionati, chi si ritira dal lavoro quest’anno. Vediamo di fare il punto della situazione, esaminando le novità che ci riserverà questo 2014.

Vecchiaia

Il traguardo delle donne è sempre più lontano. Se fino al 2013 alle dipendenti erano richiesti 62 anni e tre mesi, dal 2014 il requisito è salito a 63 anni e 9 mesi nel 2014. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette) si passa da 63 anni e 6 mesi a 64 e 9 mesi.

Anzianità

Il limite contributivo viene elevato dal 2014 di un mese: sono richiesti 42 anni e mezzo di contribuzione per gli uomini e 41 e 6 mesi per le donne. Ma se si chiede la pensione anticipata prima di aver compiuto i 62 anni di età, l’assegno viene corrisposto, per la quota retributiva (per l’anzianità maturata sino a tutto il 2011), con una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo; percentuale che sale al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i due anni.

Indicizzazione

Dopo il blocco di due anni voluto dalla riforma Monti-Fornero, con l’anno nuovo è tornato in campo l’adeguamento al costo della vita per le pensioni superiori a 1.486 euro lordi al mese (3 volte il minimo), un ritorno in forma limitata che non va oltre i 2.973 euro lordi (6 volte il minimo). Insomma aumenti magri, anche perché nel 2013 il tasso d’inflazione è stato relativamente basso. Con la legge di Stabilità 2014, fermo restando l’adeguamento al 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo, si scende al 95% per i trattamenti fra 3 e 4 volte; al 75% per gli importi compresi fra 4 e 5 volte; e al 50% per quelli superiori a 6 volte. Alle rendite superiori a questo limite viene offerto un piccolo contentino di 15 euro introdotto all’ultima ora per evitare una pronuncia di incostituzionalità. Attenzione. Il nuovo meccanismo di rivalutazione non avviene più a scaglioni come prima. Questo significa che le riduzioni, quando previste, riguardano l’intero assegno e non solo la parte eccedente la soglia garantita.

Tradotto in cifre, l’aumento di gennaio 2014 è stato così articolato: più 1,2% (100% dell’indice Istat) sulle pensioni d’importo mensile sino a 3 volte il minimo di dicembre 2013 (fino a 1.487 euro); più 1,14% (95% dell’indice) per quelle d’importo mensile compreso tra 3 e 4 volte il minimo (da 1.487 a 1.982 euro); più 0,90% (75% dell’indice) per quelle d’importo mensile compreso tra 4 e 5 volte il minimo (da 1.982 a 2.478 euro); più 0,60% (50% dell’indice) per quelle d’importo mensile compreso tra 5 e 6 volte (da 2.478 a 2.973 euro). Poi, a partire da 6 volte il minimo (2.973 euro al mese) scatta un altro tipo di decurtazione: l’incremento è limitato al 40%, (ossia un aumento dello 0,48%, il 40% appunto dell’1,2), ma si applica solo alla quota di pensione che non supera questa soglia. Di fatto, l’aumento viene cristallizzato a poco meno di 15 euro al mese. Non dobbiamo dimenticare che tutti gli importi sono al lordo dell’Irpef.(Corriere Economia – 3 febbraio 2014)

Fonte: http://www.sivempveneto.it/leggi-tutte-le-notizie/19854-con-i-requisiti-della-riforma-pre-fornero-cessazioni-dobbligo-nella-pa-solo-a-65-anni-di-eta-pensioni-ecco-gli-ultimi-giri-di-vite

Riforma Pensioni 2014 su pensione vecchiaia, pensione anticipata, prestito pensionistico, le novità

Riforma pensioni 2014: a che età si potrà andare in pensione? Pensione di vecchiaia e anticipata.

19-01-2014 – 

Di certo è difficile, visto le casse vuote dell’Inps, che si riescano a fare grandi mutamenti rispetto alla Riforma Forneroche, per quanto mal digerita dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana, a livello economico pare stia garantendo comunque dei risultati.

Per quanto concerne l’età pensionabilesono entrati in vigore nel 2014 i nuovi requisiti per poter accedere all’agognata pensione, vediamoli nel dettaglio:

Pensioni 2014: pensione vecchiaia:

  • 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico
  • 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome
  • 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato

Sul fronte pensione anticipata, ecco i nuovi requisiti per accedervi nel 2014: si potrà andare in pensione con 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva se uomini e 41 anni e 6 mesi se trattasi di donne. Attenzione però alle decurtazioni in caso di richiesta con meno contributi e alle recenti novità riguardanti l’opzione contributivo pensione donne.

La proposta di Giovannini per accedere alla pensione anticipata resta in discussione: la proposta del ministro sarebbe quella di accedervi attraverso un prestito pagato dall’Inps. Il lavoratore potrebbe infatti ritirarsi dalla pensione 2-3 anni prima di aver raggiunto i requisiti necessari accendendo un prestito pensionistico e ricevendo un assegno pari all’80% del proprio stipendio. Maturata la pensione, il prestito verrebbe reso sotto forma di decurtazione, nella misura del 10-15% sull’assegno pensionistico effettivo.

Molti i lavoratori dubbiosi circa il prestito pensionistico, ma visto l’innalzamento dell’età per poter andar in pensione nel 2014, crediamo che in molti potrebbero nel tempo, purtroppo per esasperazione, tornare a rivalutare la proposta di Giovannini, per quanto considerata ingiusta.

Fonte: http://news.supermoney.eu/lavoro/2014/01/riforma-pensioni-2014-su-pensione-vecchiaia-pensione-anticipata-prestito-pensionistico-le-novita-0056621.html

Si torna a parlare di prepensionamenti…senza cambiare la legge Fornero. A me pare il solito pasticcio

Un’opportunità per andare in pensione su base volontaria senza modificare la riforma Fornero. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini precisa le dichiarazioni rese in mattinata, a margine di una conferenza stampa dell’Inail, sul cosiddetto “prestito pensionistico”. In una nota ribadisce che, «come già dichiarato fin dal mese di settembre, lo strumento allo studio è finalizzato a favorire la transizione, su base volontaria, dal lavoro alla pensione, fermi restando i requisiti dell’attuale normativa».