Prepensionamenti. Depositato ieri il testo correttivo all’Ars. Chi sceglierà la via del prepensionamento avrà il Tfr con alcuni anni di ritardo. Si parla già di flop

Tfr in ritardo a chi sceglie il prepensionamento
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Chi sceglierà la via del prepensionamento avrà il Tfr con alcuni anni di ritardo. Viene limitato al minimo il turn over e si annulla così la possibilità di fare concorsi per entrare alla Regione. Ecco le norme principali del maxi emendamento con cui la giunta Crocetta sta provando a correggere la Finanziaria approvata poco più di un mese fa. Anche per evitare che lo Stato la impugni: sono già state segnalate da Roma norme che non passerebbero l’esame.

Il testo è stato depositato all’Ars ieri. Era nato per allungare i termini entro cui è possibile presentare la domanda di prepensionamento: dai 60 giorni che scadrebbero il 15 luglio si intendeva passare a 120 giorni ma ora si è scelto di prolungare fino a 180 giorni. Il nuovo termine scadrà quindi il 15 novembre.

BlogSicilia già parla di norma flop.

Nella migliore delle ipotesi chi andrà in pre pensionamento dovrà aspettare 5 anni per avere la propria ‘buonuscita’. Un disincentivo forte visto che una delle grandi attese dei pensionandi è proprio l’incasso del Tfr, una somma consistente per molti.

Il prepensionamento è solo su base volontaria (e non potrebbe essere diverso se non si sono raggiunti limiti di età). Allora perché un dipendente dovrebbe andare in pensione anticipatamente perdendo soldi ogni mese, non incassando il Tfr e vivendo comunque una penalizzazione?

Il fallimento della Regione siciliana in stile Grecia: bloccare i Tfr a circa 10 mila futuri prepensionati?

Il Parlamento siciliano si accinge ad approvare un Bilancio 2015 con un ‘buco’ di un miliardo di euro (e forse più) provocato da Roma. Di fatto, sarà il fallimento della Regione siciliana controllato dal governo nazionale. La manovra sui Tfr di 10 mila futuri prepensionati.

Tfr, permessi, promozioni: tutti i privilegi che sopravvivono ai tagli. Doverose alcune precisazioni all’articolo di Repubblica

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Dice Fraschilla nel suo articolo: “La proposta del governatore è quella di calcolare l’assegno con il metodo retributivo anche per gli anni di servizio che vanno dal 1996 al 2004, recuperando il gap con gli statali.

Per i sindacati la norma è incostituzionale perché retroattiva.

Secondo i calcoli del fondo pensione, se un regionale va oggi in pensione con la norma Dini, perde dai 400 ai 500 euro al mese.

Diverso il discorso per i dirigenti, che prenderebbero pochi euro. Il motivo? Grazie alle buste paga sempre più pesanti hanno un montante contributivo elevato che mantengono. Si salverebbero dalla scure i volontari che andranno in pensione con la norma pre-Fornero, quindi anche con meno di 65 anni di età, grazie alla finestra che il governatore vorrebbe aprire con una norma della prossima Finanziaria: per loro è previsto un taglio del 10 per cento dell’assegno, comunque inferiore a quello che subirebbero con i parametri statali”.

Un paio di precisazioni:

  1. una norma che modifica il sistema di calcolo dell’assegno pensionistico con effetto retroattivo è incostituzionale non perché lo dicono i sindacati ma perché lo dice la Corte Costituzionale (Pensioni. Retroattività bocciata dai giudici. Va rispettato il pro rata);
  2. non è vero che chi andrà in pensione con i requisiti pre fornero avrà solo un taglio del 10% dell’assegno di pensione, dal momento che, per come è formulata la norma, è inclusa la decurtazione del 10% anche della liquidazione. Inoltre è prevista dal momento dell’entrata in vigore della legge (e quindi applicabile anche a coloro che andranno in pensione con i requisiti pre fornero) l’integrazione della contingenza nello stipendio i cui effetti sono illustrati in questo articolo.
  3. non è vero che tutti i dirigenti sarebbero favoriti dal sistema di calcolo contributivo, ma solo coloro che hanno una parte variabile consistente (dirigenti di aree, servizi, dirigenti generali) o incarichi extra.

TFR: per la Corte costituzionale rimane illegittima la trattenuta del 2.5%

Con sentenza n. 244/2014 si ribadisce quanto già deciso con sentenza n. 223/2012, mentre si dichiara legittima la trattenuta per i dipendenti rimasti e transitati nuovamente in regime TFS.

Se da una parte, infatti, è stata dichiarata legittima la legge 228/12, art. 1, cc. 98/99 che riporta in regime ‎di TFS (la ex indennità di buonuscita come disciplinata dagli artt. 37/38 del D.P.R. 1032/73) il personale transitato temporaneamente per il 2011/12 in regime di TFR e in attesa ancora di ricevere il 2,69% versato in misura minore dallo Stato figurativamente, dall’altra si ricorda come sia legittima in caso di trattamento di fine servizio la trattenuta del 2,5%, assente proprio per chi è in regime di TFR, dove si è passati da un regime di diritto pubblico a uno di diritto privato regolato dall’art. 2120 del Codice civile. Per i privati, infatti, il trattamento di fine rapporto è interamente a carico del datore di lavoro.

Rimarrebbe il falso problema del principio della parità retributiva vantata dal MEF, nei cedolini a partire dal maggio 2013, per giustificare il protrarsi di una trattenuta del 2,5% in regime di TFR. Tale principio, infatti, è sconfessato dalla sentenza richiamata che giustifica la trattenuta del 2,5% in regime di TFS proprio in virtù della disparità di trattamento che subiranno i neo-assunti post 2001 in termini di liquidazione. È evidente, pertanto, che o la trattenuta per i neo-assunti non è dovuta perché non lo è nel settore privato o va restituita quando viene liquidato il TFR in ragione del rispetto del principio della parità retributiva.

Dopo questo ulteriore e decisivo chiarimento e in presenza delle prime sentenze positive del giudice del lavoro, tutti i precari e i neo-assunti dopo il 2001, entro dieci anni dall’invio della diffida che chiede l’interruzione e la restituzione della trattenuta possono chiedere la restituzione della trattenuta del 2,5% sullo stipendio per ognuna delle tredici mensilità. Può essere chiesto il credito vantato nei confronti dello Stato per gli ultimi dieci an‎ni che ammonta per un docente delle scuole medie a 35€ mensili. Basta ricorrere in tribunale con Anief.

Il sindacato, infine, invita il personale ritornato in regime di TFS ad inviare la lettera di interruzione dei termini di prescrizione per ricevere per il 2011/2012 la differenza in termini di liquidazione percepita, in assenza, a distanza di due anni, del decreto del governo annunciato dalla legge. Si tratta di recuperare 2.000€ lordi in media che fra 8 anni saranno prescritti. (Fonte: http://www.anief.org)

Il governo pensa di anticipare il 50% del Tfr in busta paga per rilanciare i consumi

TFRSecondo il Sole 24 Ore, l’opzione sarebbe al vaglio del governo e prevede la possibilità di destinare, solamente per i lavoratori del settore privato, metà della propria liquidazione maturata annualmente in una sorta di mensilità aggiuntiva al termine dell’anno, lasciando l’altra metà in mano alle imprese. Il tutto, per un periodo non più lungo di tre anni e sempre e comunque previa volontà espressa dal lavoratori.

Sarebbe un “bonus” considerevole, pur trattandosi di soldi sottratti al totale da incassare al termine del rapporto di lavoro – e maturati gli interessi – che nelle intenzioni del governo potrebbe dare una spinta considerevole ai consumi.

Secondo Confindustria, però, l’opzione al vaglio del governo porrebbe però un problema serio anche per le imprese, che rischierebbero di vedersi private di una considerevole dose di liquidità. I fondi destinati al Trattamento di fine rapporto sono, sì, “di proprietà” dei lavoratori ma vengono utilizzati dalle imprese, fino a quando non vengono effettivamente erogati, per finanziarsi.

Anticipazione indennità di buonuscita e trattamento di fine rapporto – richiesta uniformità di trattamento

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Nella Regione Siciliana succede anche questo: ad oltre 5000 dipendenti (che vivono con stipendi mensili di 1000 euro) non viene riconosciuto il diritto all’anticipazione del TFR di cui, invece, gode tutto il resto del personale nonché tutti i dipendenti pubblici e privati.

Nello specifico si parla del diritto sacrosanto di potere richiedere l’anticipazione del proprio TFR per cure mediche per se o per i propri familiari o per l’acquisto della prima casa che, incredibilmente, per dei cavilli burocratici viene negato a tutti quei dipendenti che sono stati assunti dalla Regione Siciliana a vario titolo a decorrere dall’1 gennaio 2001.

I dipendenti dell’Amministrazione regionale, risultano, pertanto, suddivisi in due categorie a cui vengono applicati due diversi regimi di trattamento di fine servizio: più favorevole per coloro che sono stati assunti prima del 31 dicembre 2000 e che godono del cd “regime di buonuscita”; molto più penalizzante per coloro che sono stato assunti dopo tale data.

Anticipazione indennità di buonuscita e trattamento di fine rapporto – richiesta uniformità di trattamento

COMUNICATO STAMPA

comunicato-stampa-2-luglio-2014_TFR copia
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Le due Regioni: disparità di trattamento sull’anticipazione del TFR per le cure mediche e per l’acquisto prima casa 

Nella Regione Siciliana succede anche questo: ad oltre 5000 dipendenti (che vivono con
stipendi mensili di 1000 euro) non viene riconosciuto il diritto all’anticipazione del TFR di
cui, invece, gode tutto il resto del personale nonché tutti i dipendenti pubblici e privati.

Nello specifico si parla del diritto sacrosanto di potere richiedere l’anticipazione del proprio TFR per cure mediche per se o per i propri familiari o per l’acquisto della prima casa che, incredibilmente, per dei cavilli burocratici viene negato a tutti quei dipendenti che sono stati assunti dalla Regione Siciliana a vario titolo a decorrere dall’1 gennaio 2001.

I dipendenti dell’Amministrazione regionale, risultano, pertanto, suddivisi in due categorie a cui vengono applicati due diversi regimi di trattamento di fine servizio: più favorevole per coloro che sono stati assunti prima del 31 dicembre 2000 e che godono del cd “regime di buonuscita”; molto più penalizzante per coloro che sono stato assunti dopo tale data.

<<Tutto ciò – dichiarano Marcello Minio e Dario Matranga del Cobas/Codir e Fulvio Pantano del Sadirs – crea una situazione di grave disparità, tra tutti i dipendenti regionali (assunti prima il 31/12/2000), tutti i dipendenti privati (per i quali trova applicazione l’art. 2120 c.c.) e i dipendenti regionali assunti dall’1/1/2001, in violazione, fra l’altro, del principio di parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro, già previsto dall’art. 45 del D. Lgs. 165/2001 e più in generale, dalle norme statutarie in materia di personale.

Abbiamo più volte richiesto – continuano i sindacalisti – all’assessore alla funzione pubblica di volere intervenire urgentemente sulla materia per porre fine finalmente a tale situazione che crea notevole disagio e che consente solo ad una parte di dipendenti di potere richiedere fino al 70% della somma accantonata per fronteggiare spese per cure mediche, a volte gravi e urgenti, per se o per i componenti del proprio nucleo familiare>>.

Le Segreterie Generali

La buonuscita può attendere…. agli statali si paga dopo due anni

TFRIl lavoratore del settore privato che cessa dal servizio fa la sua domanda per avere la liquidazione del trattamento di fine rapporto e giusto il tempo necessario per il disbrigo materiale della pratica, in alcuni casi bastano 15 giorni e la somma viene accreditata con bonifico in banca. Lo stesso dicasi per gli aderenti alla previdenza complementare che decidono di riscuotere il 50% del capitale accumulato in unica soluzione oppure hanno diritto al 100% dello stesso. Il tempo di fare i calcoli e via con l’accredito.

Non così per i dipendenti pubblici che devono scontare fino in fondo il fatto di essere tali.

Resi invisi all’opinione pubblica, strattonati e vilipesi, quando finalmente raggiungono il diritto alla pensione naturalmente o perché ce li hanno mandati via prima in quanto  in esubero, prima di poter riscuotere le loro spettanze della buonuscita, devono aspettare due anni ancora. E se hanno bisogno? Se hanno bisogno si arrangiano o chiedono prestiti. Quest’è!

Fino al 2013 l’importo del  dei dipendenti pubblici che poteva essere pagato in unica soluzione, era di 90.000 euro ed i tempi di attesa 6 mesi per età o 12 per dimissioni. Si trattava di una norma troppo permissiva, così si è posto rimedio.

La legge di stabilità per il 2014 ha ridotto l’importo da 90.000 a 50.000 allungando i tempi di pagamento portandoli a 12 mesi per le cessazioni per raggiungimento del limite di età o di servizio e a ben 24 mesi per gli altri casi.

In virtù delle varie leggi emanate, fra i vecchi e nuovi importi, vecchie e nuove decorrenze si è creata un po’ di confusione anche fra gli esperti in materia. Così l’Inps ha emanato una apposita circolare, la circolare n. 73 del 5/6/2014 che riepiloga la complessa situazione venutasi a creare.

Ai dipendenti che vanno in pensione dal 1° gennaio 2014 e che maturano i requisiti per il pensionamento dalla stessa data, i trattamenti di fine servizio e fine rapporto, comunque denominati, sono così corrisposti:

  • in unica soluzione se  di importo pari o inferiore a 50.000 euro;
  • in due o tre rate annuali, se di ammontare superiore a 50.000 euro a seconda che l’importo complessivo superi i 50.000 euro ma sia inferiore a 100.000 (in tal caso le rate sono due: 50.000 la prima e la parte eccedente la seconda) ovvero sia pari o superiore a 100.000 euro (e in tal caso le rate sono tre: 50.000  la prima; 50.000 la seconda e la parte eccedente i 100.000 la terza).

Sempre per le cessazioni a decorrere dal 1.1.2014, e con riferimento al personale che matura il diritto a pensione a decorrere dalla stessa data, il termine di pagamento dei Tfs e dei Tfr  è stato elevato da 6 a 12 mesi.

Dipendenti che hanno maturato il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2013

Per i dipendenti che cessano dal servizio dal 2014 ma che avevano maturato i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2013, le indennità di fine servizio e di fine rapporto sono così  corrisposte:

  • in un unico importo annuale se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è pari o inferiore a 90.000 euro;
  • in due importi annuali se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro; in tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro ed il secondo importo annuale è pari all’ammontare residuo;
  • in tre importi annuali se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è uguale o superiore a 150.000 euro; in tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro, il secondo importo annuale è pari a 60.000 euro e il terzo importo annuale è pari all’ammontare residuo.

Termini di pagamento

Termine breve: entro 105 giorni dalla cessazione.
In caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso la prestazione deve essere liquidata entro 105 giorni dalla cessazione. L’ente datore di lavoro è tenuto a trasmettere la documentazione necessaria entro 15 giorni dalla cessazione; l’Inps, a sua volta, provvede a corrispondere la prestazione, o la prima rata di questa, entro i tre mesi successivi alla ricezione della documentazione stessa. Decorsi questi due periodi sono dovuti gli interessi.
Termine di 12 mesi
La prestazione non può essere liquidata e messa in pagamento prima di dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro quando questa è avvenuta per:

  • raggiungimento dei limiti di età; a questo proposito si sottolinea che rientrano tra le cessazioni per limiti di età i collocamenti a riposo d’ufficio disposti dalle amministrazioni al raggiungimento del limite di età ordinamentale (65 anni per la maggior parte dei dipendenti pubblici), non modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia;
  • cessazioni dal servizio conseguenti all’estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato per raggiungimento del  termine finale fissato nel relativo contratto di lavoro;
  • cessazione dal servizio a seguito di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro;
  • Decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Decorso tale termine, l’istituto deve mettere in pagamento la prestazione entro 3 mesi. Decorsi questi due periodi (complessivamente pari a 15 mesi)  sono dovuti gli interessi.

Termine di 24 mesi
La prestazione non può essere liquidata e messa in pagamento prima di 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, quando questa è avvenuta per cause diverse da quelle sopra richiamate, anche nell’ipotesi  in cui non sia stato maturato il diritto a pensione. Tra queste cause si ricordano in particolare:

  • le dimissioni volontarie, con o senza diritto a pensione anticipata;
  • il recesso da parte del datore di lavoro (licenziamento, destituzione dall’impiego etc.).

Nei casi rientranti nel termine in esame la gestione dipendenti pubblici non può procedere alla liquidazione e al pagamento della prestazione, ovvero della prima rata di questa, prima che siano decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Scaduto il termine, l’istituto deve mettere in pagamento la prestazione entro 3 mesi. Decorsi questi due periodi (complessivamente pari a 27 mesi) sono dovuti gli interessi.

Deroghe per chi ha maturato il diritto a pensione entro il 12 agosto 2011 (31 dicembre per il personale della scuola e dell’)

Non sono interessate dai nuovi termini le seguenti tipologie di dipendenti per i quali continua a trovare applicazione la disciplina previgente:

  • lavoratori che hanno maturato i requisiti contributivi ed anagrafici per il pensionamento, sia di anzianità che di vecchiaia (raggiunti limiti di età o di servizio) prima del 13 agosto 2011;
  • personale del comparto scuola e delle istituzioni di alta formazione artistica e specializzazione musicale (AFAM) interessato all’applicazione delle regole sulla decorrenza della pensione (rispettivamente dal primo settembre e dal primo novembre) e che ha maturato i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2011; rientra in questa disciplina derogatoria anche il personale docente dipendente da istituzioni scolastiche comunali.

Per il personale interessato dalle deroghe sopra indicate, pertanto, i termini rimangono i seguenti:

  • 105 giorni per le cessazioni dal servizio per inabilità, decesso, limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza  e per le cessazioni dal servizio dei contratti a termine;
  • 6 mesi  per tutte le altre casistiche.

I termini di pagamento del trattamento di fine servizio per il personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico che cessa anticipatamente rispetto al limite ordinamentale
Deve essere applicato l’ordinario termine di pagamento di 24 mesi con riferimento a tutti i casi di collocamento a riposo avvenuti a seguito di dimissioni volontarie con diritto (maturato dopo il 12 agosto 2011) al pensionamento.
Diversamente, nel caso in cui l’iscritto abbia conseguito entro il 31 dicembre 2011 i 40 anni di anzianità contributiva ai fini pensionistici, il termine di pagamento è quello di sei mesi.
Camillo Linguella

Fonte: http://previdenzacomplementare.finanza.com/2014/06/16/la-buonuscita-agli-statali-si-paga-dopo-due-anni/

Inps. Circolare n. 73 del 5/6/2014. Nuove regole in materia di pagamento rateale e di termini di erogazione dei Tfs e dei Tfr introdotte dall’art. 1, commi 484 e 485, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014)

Art. 1, commi 484 e 485, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) in materia di rateizzazione e di nuovi termini di pagamento dei Tfs e dei Tfr per i dipendenti pubblici.

circolare n. 73 del 5_6_2014
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SOMMARIO:

1) Le nuove regole in materia di pagamento rateale e di termini di erogazione dei Tfs e dei Tfr, introdotte dall’art. 1, commi 484 e 485, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014)

2) Pagamento rateale dei Tfs e dei Tfr ai dipendenti che cessano dal servizio a partire dal 1° gennaio 2014

    • 2.1 Dipendenti che maturano il diritto a pensione dopo il 31 dicembre 2013
    • 2.2 Dipendenti che hanno maturato il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2013

3) Termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto

    • 3.1 Regime generale
    • 3.2 Deroghe per chi ha maturato il diritto a pensione entro il 12 agosto (31 dicembre per il personale della scuola e dell’Afam) 2011
    • 3.3 Deroghe per chi ha maturato il diritto a pensione dopo il 12 agosto (31 dicembre per il personale della scuola e dell’Afam) 2011 ed entro il 31 dicembre 2013
    • 3.4 Chiarimenti relativi ai termini di pagamento del trattamento di fine servizio per il personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico che cessa anticipatamente rispetto al limite ordinamentale

4) Chiarimenti sulla nozione di maturazione dei requisiti per il pensionamento connesso alle deroghe

    • 4.1 Possesso dei 57 anni di età e dei 35 di contribuzione necessari per l’esercizio dell’opzione da parte delle lavoratrici per ottenere il trattamento pensionistico calcolato secondo il sistema contributivo
    • 4.2 Pensionamento in deroga alle norme dell’art. 24 del decreto legge 201/2011 previsto ai sensi dell’art. 2, comma 11, del decreto legge 95/2012 per il personale soprannumerario di pubbliche amministrazioni interessate da processi di riduzione e razionalizzazione

5) Adeguamento delle applicazioni gestionali

Inps. circolare n. 73 del 5/6/2014 – Scarica la circolare

Finanziaria bis. Sul piede di guerra pure i regionali per la forte riduzione del capitolo anticipazione buonuscite

Finanziaria, sul piede di guerra pure i regionali

I lavoratori martedì manifesteranno per chiedere l’approvazione della manovra. Consentirebbe lo sblocco delle retribuzioni

di RICCARDO VESCOVO

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PALERMO. Un esercito di lavoratori in orbita regionale assedierà martedì il Parlamento siciliano. Dai forestali ai dipendenti di enti agricoli e aziende partecipate, tutti chiederanno a gran voce l’approvazione della manovra che consentirà di sbloccare le risorse utili a pagare gli stipendi a una platea di 55 mila persone. Con i sindacati autonomi che adesso accusano il governo di utilizzare la buonuscita del personale per fare quadrare i conti.
Nel giorno in cui l’Ars sarà chiamata ancora una volta a esitare la norma, Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil organizzeranno una nuova manifestazione con concentramento alle 15 davanti alla Presidenza della Regione e corteo fino a piazza Parlamento.