Tfs-Tfr statali, la tassa occulta taglia la buonuscita. Rinnovato l’accordo sul prestito di 45 mila euro

Tratto da PAmagazine

Il tempo è ormai scaduto. Quella che poteva essere considerata un’intollerabile ingiustizia, adesso si trasforma anche in un enorme danno economico per centinaia di migliaia di famiglie. Il pagamento del Tfs (trattamento di fine servizio) o del Tfr (Trattamento di fine rapporto) ai dipendenti della Pubblica amministrazione è un’emergenza. La questione è nota, anche se sistematicamente ignorata dai governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni. I lavoratori pubblici, gli uomini e le donne che mandano avanti la macchina statale, dagli infermieri ai poliziotti, dagli insegnanti ai vigili urbani, quando vanno in pensione ricevono la loro “liquidazione” fino a cinque anni dopo aver finito il loro servizio per lo Stato. Si tratta di una misura introdotta per salvare l’Italia dalla crisi dello spread del 2011, quando fu deciso che uno dei prezzi più alti di quella stagione di austerity dovesse essere pagato dal pubblico impiego.

LA TASSA OCCULTA

Ma adesso c’è un fatto nuovo. Una circostanza che rende intollerabile ed economicamente inaccettabile mantenere in piedi questa misura punitiva per i dipendenti pubblici: l’inflazione. Negli ultimi dieci anni i prezzi non sono aumentati. Il caro-vita è stato inesistente. La Banca centrale europea ha tenuto i tassi a zero e per un certo periodo addirittura negativi. I dipendenti pubblici hanno ricevuto il loro Tfs e il loro Tfr tra i due e i cinque anni dopo il pensionamento, hanno dovuto attendere ma non ci hanno rimesso. Ora con l’inflazione superiore all’8 per cento subiranno una penalizzazione, dopo aver lavorato per quaranta anni, ingiustificabile. Chi, per fare un esempio, andasse in pensione quest’anno avendo maturato 100 mila euro di Tfs o di Tfr, supponendo nel migliore dei casi che ricevesse la liquidazione tra due anni, è come se ottenesse 86 mila euro con un’inflazione all’8 per cento annuo. Insomma, sarebbe quanto meno necessario intervenire riconoscendo una rivalutazione delle somme pagate in ritardo con un meccanismo simile a quello delle pensioni.

L’ACCORDO BEFFA

Per adesso, invece, il governo ha deciso semplicemente di rinnovare per altri due anni il cosiddetto “anticipo” fino a 45 mila euro. I dipendenti pubblici possono chiedere alle banche convenzionate un prestito fino a 45 mila euro del loro Tfs-Tfr, a un tasso d’interesse “calmierato” fissato allo 0,4 per cento. Le banche, secondo la convenzione firmata dal governo e dall’Associazione bancaria, non possono applicare ai richiedenti altre commissioni. Resta la peculiarità, per usare un eufemismo, della necessità per i dipendenti pubblici di dover ricorrere a un prestito per ottenere soldi che di fatto sono loro e che lo Stato dovrebbe versare senza troppi indugi. Una beffa, insomma.

LA CORTE COSTITUZIONALE

La vicenda del pagamento ritardato del Tfs-Tfr da parte dello Stato è già arrivato davanti alla Corte Costituzionale grazie a un ricorso presentato da Unsa-Confsal (che edita questo sito). E cosa hanno detto i giudici? Hanno detto sostanzialmente che il pagamento ritardato della liquidazione è ammissibile se il dipendente ha usato uno scivolo per anticipare la pensione. Per esempio Quota 100. Se il lavoratore ha lasciato il posto a 62 anni, lo Stato può insomma ritardare il pagamento del Tfs-Tfr fino al momento in cui lo stesso lavoratore sarebbe dovuto andare in pensione con i normali requisiti (67 anni). I giudici della Consulta però, hanno mandato un avviso al Parlamento, chiedendo di intervenire sul tema. Il concetto espresso è semplice: se un dipendente lascia il lavoro al compimento dei 67 anni, o una volta raggiunta la contribuzione massima, allora il pagamento del Tfr-Tfs non può essere rimandato. Un invito (ignorato fino ad oggi) a intervenire. Il caso esaminato dai giudici riguardava un pensionamento anticipato. Ma nel momento in cui davanti alla Corte arriverà il caso di un dipendente andato in pensione con i requisiti di vecchiaia o contributivi pieni, la decisione appare scontata. Tanto più che ora, a danneggiare i dipendenti pubblici, c’è anche la tassa occulta dell’inflazione.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir