L’ultima circolare sulle ferie (prot. n. 70968 del 25 settembre 2024, relativa all’onere della pianificazione e del monitoraggio delle ferie nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato alle dipendenze della pubblica amministrazione e al divieto di monetizzazione delle stesse) rischia di creare confusione e applicazioni difformi anche tra aree e servizi di uno stesso dipartimento se non correttamente interpretata e applicata.
Premesso che le circolari non vengono annoverate tra le fonti del diritto, non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale ma sono utilizzate nelle amministrazioni pubbliche per fornire l’interpretazione corretta di leggi e regolamenti al fine di assicurare l’uniforme applicazione del diritto e garantire il buon andamento della Pubblica amministrazione, per quanto riguarda le ferie, la fonte primaria dopo la legge rimane il contratto regionale di lavoro del comparto e della dirigenza.
Sia il CCRL del comparto che quello della dirigenza parlano di divieto di monetizzazione delle ferie secondo quanto stabilito dalla vigente normativa (art. 5 comma 8 del D.L. 95/12).
Relativamente, invece, alla questione delle ferie residue sia il contratto del comparto che quello della dirigenza, così recitano:
Art. 37 CCRL comparto
14. In caso di indifferibili esigenze di servizio che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il 30 settembre dell’anno successivo.
15. Nel caso di motivate esigenze di carattere personale e compatibilmente con le esigenze di servizio, il dipendente dovrà fruire delle ferie residue al 31 dicembre entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di spettanza.
Art. 22 CCRL dirigenza
12. In caso di indifferibili esigenze di servizio o personali che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il 30 settembre dell’anno successivo. In caso di esigenze di servizio assolutamente indifferibili, tale termine può essere prorogato fino alla fine dell’anno successivo.
Dalla lettura dei due articoli emerge che le ferie, oltre che per indifferibili esigenze di servizio possono essere rinviate all’anno successivo anche in caso di motivate esigenze di carattere personale. A tal proposito l’Aran (nazionale) ha, opportunamente, chiarito che qualunque esigenza, purché motivata, del dipendente può dar luogo al rinvio all’anno successivo (cfr. RAL495_Orientamenti Applicativi).
Relativamente al rinvio delle ferie al 30 settembre dell’anno successivo, il vigente CCRL della dirigenza è perfettamente sovrapponibile a quello del comparto non dirigenziale, prevedendo il rinvio delle ferie residue all’anno successivo “alla presenza di motivate esigenze personali o di servizio”.
Andiamo ora ad esaminare la circolare in questione che nasce dalla recente sentenza della Corte di Giustizia UE che ha bocciato la legge italiana (l’art. 5 comma 8 del D.L. 95/12) che vieta al dipendente pubblico la monetizzazione delle ferie in caso di dimissioni.
Dopo la sentenza della Corte di Giustizia UE, l’Aran, con un recentissimo parere, ricorda a tutte le pubbliche amministrazioni come le ferie pregresse costituiscono un’eccezione non contemplata dalla normativa contrattuale che, invece, in linea con il dettato costituzionale, conferma in primo luogo il carattere di irrinunciabilità delle stesse e stabilisce le modalità per la loro fruizione senza sottrarre l’amministrazione dal compito di adoperarsi per adottare comportamenti atti ad assicurare che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare del diritto in argomento. Sotto tale profilo, secondo costante giurisprudenza, tenuto anche conto del vigente divieto di monetizzazione delle ferie sancito dall’art. 5, c. 8 del d.l. n. 95/2012, è onere dell’amministrazione vigilare sulla fruizione delle ferie da parte dei lavoratori e, di conseguenza, sul rispetto dei termini temporali previsti.
Tale onere – alla luce della giurisprudenza comunitaria e delle recenti sentenze della Corte di Cassazione (ex plurimis sent. 21780/20221, 13613/2020 e 18140/2022)2 e, per ultimo, del parere Aran – obbliga il datore di lavoro pubblico, sia nei confronti dei dipendenti del Comparto che dell’Area Dirigenza, ad una specifica attività di monitoraggio finalizzata ad assicurarsi che il lavoratore fruisca delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario, formalmente a fruirne in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte, (Corte UE 18.01.2024 in causa C – 218/22, punti da 48 a 50), con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie e alla indennità sostitutiva (Ordinanza n 14083 del 21 maggio 2024, Sez Lavoro, Corte di Cassazione).
Si deve concludere – afferma il parere Aran sopra richiamato – che, “pur non potendosi escludere casi eccezionali che rendono di fatto impossibile la fruizione delle ferie nei tempi stabiliti contrattualmente (come, ad esempio, un lungo periodo di malattia), in via ordinaria, l’Amministrazione ha l’onere di pianificare le ferie dei lavoratori con un certo preavviso, monitorando le ferie residue in capo ad ogni dipendente (comparto e dirigenza) per agevolarlo ad esercitare in modo effettivo il proprio diritto.
E’ indubbia quindi l’importanza che ciascun Dipartimento e/o Ufficio, nella propria veste datoriale, si adoperi per intraprendere modalità operative che sono proprie di una Amministrazione moderna, efficiente, efficace, finalizzate anche ad una puntuale e preventiva attività di programmazione del congedo ordinario entro i termini contrattuali, onde evitare l’insorgenza di situazioni che danno luogo alle c.d.“ferie arretrate”, che espongono giocoforza l’Amministrazione, e in particolare il Dirigente responsabile, al rischio di maggiore e illecita spesa connessa al pagamento sostitutivo.
Espletata l’attività di verifica di cui sopra, il Dirigente/Dirigente Generale avrà l’onere di invitare formalmente il dipendente alla fruizione delle ferie residue, assegnando un termine di scadenza in aderenza alle previsioni contrattuali, con l’espresso avvertimento che in caso di inerzia le ferie maturate e non fruite andranno perse, né si darà luogo alla corresponsione di indennità sostitutive.
La Cassazione, inoltre, con ordinanza n. 32830/2023, ha confermato l’estensione non solo ai dirigenti, pur apicali, della monetizzazione delle ferie anche in caso di dimissioni, ma ha anche stabilito che spetti all’ente sollecitare la fruizione delle ferie residue a nulla rilevando che si tratti di una figura dirigenziale, applicandosi anche ai dirigenti le indicazioni sulle ferie contenute nella direttiva comunitaria.
In conclusione, a mio modesto parere, rimane assolutamente fermo quanto previsto dai vigenti contratti di lavoro pertanto (sia per il comparto che per la dirigenza) le ferie possono essere rinviate sia per esigenze di servizio (ATTENZIONE! “Per inderogabili e comprovate esigenze di servizio” la fruizione delle ferie può essere rinviata o programmata, non imposta) sia per esigenze di carattere personale. A tal proposito l’Aran (nazionale) ha, opportunamente, chiarito che qualunque esigenza, purché motivata, del dipendente può dar luogo al rinvio all’anno successivo (cfr. RAL495_Orientamenti Applicativi).
Le ferie (che dovrebbero essere preposte al recupero psicofisico del lavoratore), purtroppo, con l’eliminazione del congedo straordinario e la drastica riduzione dei permessi retribuiti per di più conteggiati a ore, vengono, in gran parte, utilizzate per sopperire necessità della vita quotidiana (es. lutti al di fuori del secondo grado di parentela), ma soprattutto per lo svolgimento di visite o esami specialistici per sé e per i propri familiari. Per questo motivo nei nuovi contratti già sottoscritti è stato inserito l’istituto delle ferie solidali che prevede la possibilità per ogni dipendente di cedere parte delle proprie ferie o delle festività soppresse ad altro dipendente che abbia esigenza di prestare assistenza a figli minori che necessitino di cure costanti, per particolari condizioni di salute. Sarebbe paradossale limitare il rinvio delle ferie o obbligare i dipendenti a fruirne entro l’anno di riferimento costringendoli poi ad avanzare richiesta di ferie solidali.
Tra l’altro la giurisprudenza abbonda di sentenze in cui il datore di lavoro viene condannato a reintegrare le ferie imposte ai lavoratori. Le ferie infatti, a norma di legge e di contratto, vanno “concordate” con il lavoratore e ogni indebita pressione alla loro fruizione in periodi non richiesti dagli stessi, è vessatoria e fuori dal quadro normativo, oltre che sanzionata più volte anche dalla Corte di Cassazione.
Proprio la Suprema Corte ha chiarito con sentenza che il datore di lavoro deve tenere conto anche degli interessi del prestatore di lavoro. In sostanza l’imprenditore deve organizzare il periodo delle ferie in modo utile per le esigenze dell’impresa, ma non ingiustificatamente vessatorio nei confronti del lavoratore e dimentico delle legittime esigenze di questi” (cfr. Sentenza – Sez. Lavoro n. 13980/2000).
Quindi, fermo restando la possibilità di rinvio delle ferie al 30 settembre dell’anno successivo, i datori di lavoro devono monitorare le ferie residue in capo ad ogni dipendente (comparto e dirigenza) attuando una puntuale e preventiva attività di programmazione del congedo ordinario entro i termini contrattuali (30 settembre dell’anno successivo), onde evitare l’insorgenza di situazioni che danno luogo alle c.d. “ferie arretrate”, che espongono giocoforza l’Amministrazione, e in particolare il Dirigente responsabile, al rischio di maggiore e illecita spesa connessa al pagamento sostitutivo.