CCRL 2019/2021. Inquadramento del personale nel nuovo sistema di classificazione. Sarebbe stato possibile uno scivolamento in avanti per tutti o per alcuni? Si può fare riferimento all’inquadramento in caso di mobilità intercompartimentale regolamentata dal DPCM 26 giugno 2015?

Voglio esprimere la mia personalissima opinione relativamente ad un argomento che tiene banco da diverse settimane ovvero l’inquadramento del personale regionale nel nuovo sistema di classificazione con il passaggio dalle 4 categorie alle 3 aree.

Ripeto, è la mia personalissima opinione sulla base della normativa vigente, che non intende assolutamente scoraggiare le azioni di coloro che ritengono sia stata adottata una procedura non corretta.

Sarò ovviamente felicissimo di essere smentito da un giudice in questa mia disamina.

Vediamo cosa stabilisce a tal proposito la normativa vigente, ovvero il testo unico del pubblico impiego (D.lgs 165/01).

L’Art. 52 del D.lgs 165/01 (Disciplina delle mansioni) stabilisce che:

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.
1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, dei conservatori e degli istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. La contrattazione collettiva individua un’ulteriore area per l’inquadramento del personale di elevata qualificazione. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti. In sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto per il periodo 2019-2021 possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, ad esclusione dell’area di cui al secondo periodo, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate ((dalle amministrazioni)) per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno.
All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente.

Il D.lgs 165/01 vieta, quindi, uno scivolamento in avanti per tutti o per alcuni che non sia giustificato da procedure selettive.

La riclassificazione non prevede alcuna promozione ma è l’adozione di un nuovo sistema classificatorio del personale che avviene attraverso tabelle di equiparazione tra il vecchio e il nuovo sistema classificatorio che tiene conto dei requisiti per l’accesso (per A e B assolvimento dell’obbligo scolastico).
La valorizzazione del personale è la fase successiva prevista dal contratto appena sottoscritto, con la progressione tra le aree (art. 23 del CCRL) per cui è prevista una riserva del 50% dei posti disponibili nell’ambito delle risorse assunzionali.
Il CCRL (art. 24) prevede, inoltre, una norma di prima applicazione cui sono ammessi (solo) i dipendenti in servizio. Le risorse pari allo 0,55 della massa salariale sono già disponibili.
Art. 24 comma 6. “Ai sensi dell’art. 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, al fine di tener conto dell’esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’Amministrazione di appartenenza, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e comunque entro il termine del 31 dicembre 2025, la progressione tra le aree ha luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nell’allegata tabella di corrispondenza”.

Cosa diversa è l’inquadramento in caso di mobilità intercompartimentale.
Vediamo cosa dice il D.lgs 165/01 a proposito della mobilità.

L’art. 29-bis del D.legs 165/ 01 (Mobilita’ intercompartimentale) stabilisce che:
1. Al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, sentite le Organizzazioni sindacali è definita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione.
Originariamente queste tabelle di equiparazione erano previste dal DPCM 26 giugno 2015 che ha individuato le tabelle di equiparazione tra le varie categorie e posizioni economiche dei dipendenti.

I contratti degli ultimi anni, però, hanno rivisto totalmente gli ordinamenti professionali ed hanno fatto sparire le posizioni economiche all’interno delle singole aree.

Di conseguenza, quelle tabelle non sono più minimamente applicabili.

Oggi la mobilità intercompartimentale è regolamentata dal DPCM 30 novembre 2023 che, appunto,  disciplina i processi di mobilità tra le diverse amministrazioni.

Il recente decreto stabilisce che l’equiparazione tra le aree e le categorie previste per le p.a. di provenienza e di destinazione deve avvenire mediante confronto degli ordinamenti professionali disciplinati dai rispettivi CCNL.

Si deve tenere conto delle mansioni, delle competenze professionali, dei compiti, delle responsabilità e dei titoli di accesso relativi alle declaratorie delle medesime aree e categorie.

Quindi, al dipendente trasferito è attribuito un trattamento economico composto dalla retribuzione tabellare dell’area di inquadramento e dal differenziale stipendiale dell’amministrazione di destinazione.

Il datore di lavoro può controllare la posta elettronica del dipendente?

Tratto da lentepubblica.it

Vediamo se è legale che il datore di lavoro controlli la posta elettronica di uno dei dipendenti, per cercare un illecito.


Se c’è un illecito da confermare, da parte di un dipendente, il datore di lavoro ha la possibilità di controllare la sua posta elettronica?

Dopo l’istituzione della riforma del lavoro del 2015 (il Jobs Act), si sono fatti più sottili i limiti tra controlli e privacy, fra datore di lavoro e dipendenti.

Ma è pur vero che un accesso libero viene considerato illegittimo. Ecco allora quali sono i limiti.

Posta elettronica dipendente: il datore di lavoro può controllarla indistintamente?

Secondo la legge, possono essere effettuati dei controlli sulla messaggistica elettronica dei dipendenti, da parte del datore di lavoro, solo nei seguenti casi:

  • Se avvengono sull’account aziendale (che è di proprietà del datore di lavoro);
  • Se il dipendente viene informato della possibilità dei controlli sulle mail, prima dell’inizio del lavoro (l’informativa deve essere preferibilmente in forma scritta);
  • In caso di “sospetto fondato” di un eventuale illecito da parte del dipendente.

Esclusi questi casi, il datore di lavoro non può controllare la mail dei suoi dipendenti (o ex dipendenti).

Licenziamento dipendente a causa di una mail: è possibile?

Se il datore di lavoro viene a conoscenza di un illecito, all’interno di una mail (come la divulgazione di informazioni riservate o commenti fatti per screditare il vertice aziendale), c’è la possibilità di licenziare il dipendente.

Ma il licenziamento può essere possibile solo se

  • Il dipendente era stato informato della possibilità di controllo della sua posta elettronica;
  • Il controllo della mail viene fatto dopo la notizia della condotta illecita e quindi dopo l’insorgere del sospetto.

In una sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma, pubblicata lo scorso 14 febbraio 2024, è stato annullato il licenziamento di un dirigente di una compagnia aerea.
L’azienda aveva ritenuto giusto il licenziamento, perché aveva trovato delle mail denigratorie, nei confronti della governance aziendale, nella casella postale del dipendente.

Le informazioni, però, erano state ottenute tramite un accesso illecito del manager, violando l’art.4 dello Statuto dei Lavoratori e la normativa europea e nazionale sulla privacy. Per questo, il Tribunale ha annullato la decisione precedente, reintegrando il dipendente licenziato.

Perciò, il controllo delle mail può avvenire solo dopo l’insorgere di un “fondato sospetto” e non prima. Nel caso in oggetto alla sentenza, invece, i datori di lavoro avevano acquisito le mail, prima di avere il dubbio per la commissione dell’illecito.

Statali, salario accessorio senza tetti. Così la Pa può premiare il merito

Tratto da PAmagazine

Per i dipendenti pubblici è accessorio quella parte di salario che si aggiunge allo stipendio base e dovrebbe fare la differenza, remunerando il merito e la professionalità del dipendente stesso, proprio le qualità sulle quali il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, vuole costruire l’architrave dell’imminente trattativa contrattuale. In estrema sintesi l’idea del ministro è quella di riservare aumenti, progressioni di carriera e scatti di stipendio ai dipendenti più meritevoli, quelli, cioè, che otterranno le valutazioni alte, o comunque superiori ad una nuova «soglia minima», tutta da definire, al di sotto della quale si perderà il diritto alla componente accessoria della retribuzione finale.

A leggere interviste e dichiarazioni sarebbe, insomma, questa la prima mossa con la quale il ministro intende aprire la partita a scacchi del nuovo contratto. In merito risponderemo al tavolo, ha poco senso, infatti, anticipare il confronto a mezzo stampa. Quello che però il ministro sa, perché tra l’altro l’ho anticipato proprio in un articolo pubblicato su questo sito, è che se vuole lanciarci la sfida di un confronto centrato sul merito e sulla produttività, noi di Confsal-Unsa, non ci sottrarremo. A patto, però, come ho già detto, che sia un confronto vero, a 360 gradi, dove lo Stato faccia la sua parte sapendo che non si può parlare seriamente di produttività se non si affronta anche il tema degli organici, carenti quasi di un terzo (posto più, posto meno) in ogni ramo dell’amministrazione. E già che ci siamo vorrei segnalare al ministro un’altra considerazione, tutt’altro che accessoria, che se si vuole puntare davvero tutto sulla parte aggiuntiva e complementare del salario, bisogna almeno eliminare il tetto che da qualche anno sta inaridendo questa fonte di retribuzione.

L’allarme, peraltro, lo ha lanciato una figura centrale della prossima contrattazione, cioè il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, che intervistato dal Messaggero, ha spiegato che sul salario accessorio ogni amministrazione dello Stato non può superare il tetto dei fondi stanziati nel 2016. Un vincolo che vale per tutti, anche per chi avrebbe in realtà dei margini di bilancio per distribuire altri premi o aumenti di merito (perché dispone di risorse proprie, come le agenzie fiscali, le aziende sanitarie o le Università, oppure ha soldi in cassa dovuti a risparmi di gestione). Il tetto vale comunque per tutti, con il risultato che dal 2016 a oggi l’inflazione si è già mangiata una bella fetta di quel valore. Un bel problema, tanto che lo stesso presidente Naddeo invita il governo a togliere questo tetto, visto che con esso “le amministrazioni hanno le mani legate”, ed aggiunge infatti “che più che di tetto dovremmo parlare di un tappo che blocca le politiche retributive della amministrazioni”.

Un tappo da far saltare senza se e senza ma, anche perché comporta altre distorsioni. Quando l’emergenza rende necessario distribuire incentivi straordinari, in presenza di questo tetto l’unico modo di procedere è per via legislativa, come è stato fatto recentemente con il bonus concesso ai dipendenti dell’Agenzia delle entrate per il superlavoro collegato al PNRR. “Ma tutte le amministrazioni sono impegnate su questo fronte e sarebbe giusto che anche gli altri potessero premiare i dipendenti”, ha osservato saggiamente il presidente Naddeo, invece, bloccare tutti e poi attraverso un emendamento a qualche legge, dare risorse aggiuntive a uno e non agli altri finisce per creare “una sorta di dumping tra le amministrazioni”.

Conclusione, quella del presidente dell’Aran, che non può che trovarci d’accordo, anche perché ci riporta alla considerazione iniziale, il merito e la produttività vanno premiati, ma la politica retributiva deve rispondere a una visione d’insieme e stabilire vincoli a priori, come il tetto, oppure adottare soluzioni tampone una tantum, come il bonus PNRR, è l’esatto opposto della strategia che noi auspichiamo. E vorrei essere ancora più chiaro, per evitare equivoci: non c’è dubbio che vada adeguatamente retribuito lo sforzo aggiuntivo richiesto ai colleghi dell’Agenzia delle Entrate per rispettare le tappe forzate delle procedure richieste dal PNRR. Vorrei però che si pensasse anche al fatto che questo carico di lavoro dipende, in larga parte, dal fatto che a fronte di una pianta organica di circa 43 mila dipendenti (dirigenti esclusi, ne risultano effettivamente in servizio all’Agenzia delle entrate circa 29 mila. Ecco, quindi, che ritorniamo al punto di partenza.

RINNOVO CCRL 2019-2021 DIPENDENTI REGIONE SICILIANA AUMENTI CONTRATTUALI E ARRETRATI

Mi sono dilettato con i numeri e ho elaborato 2 tabelle con gli incrementi mensili della retribuzione tabellare da corrispondere per 13 mensilità e con la quantificazione degli arretrati calcolati al 30 giugno 2024.

Il calcolo degli arretrati al 30 giugno è motivato dal fatto che verosimilmente l’amministrazione non potrà adeguare gli stipendi prima del 1° luglio 2024.

La prima tabella (tabella 1) è semplificata.

Ci sono gli aumenti dei tabellari spettanti per ciascun anno (2019, 2020 e 2021) e gli arretrati calcolati al lordo e al netto della vacanza contrattuale.

TABELLA 1

La seconda tabella (tabella 2) mostra i vari passaggi che portano alla quantificazione degli arretrati.

TABELLA 2

ATTENZIONE!!

Gli importi degli arretrati non corrispondono perfettamente per coloro che hanno conseguito la PEO nel 2020 e nel 2021 e questo riguarda non solo queste tabelle ma tutte le tabelle con la quantificazione di aumenti e arretrati in circolazione.

COMUNICATO STAMPA – FIRMATO IL RINNOVO DEL CCRL 2019-2021 PER I DIPENDENTI DELLA REGIONE SICILIANA

Palermo, 11 aprile 2024

Appena sottoscritto il rinnovo del contratto collettivo regionale di lavoro 2019-2021 che si applica a tutti i dipendenti regionali del comparto non dirigenziale, degli enti e delle società collegati alla Regione. A darne notizia sono unitariamente le segreterie regionali dei sindacati rappresentativi Cisl Fp, Cobas Codir, Fp Cgil, Sadirs, Siad Csa, Ugl Autonomie e Uil Fpl dopo avere sottoscritto il Ccrl 2019-2021 presso la sede dell’Aran Sicilia guidata dal commissario straordinario Accursio Gallo. “Riteniamo questo un importante risultato, considerati gli attuali limiti normativi ed economici sulla riclassificazione”. Peraltro, a distanza di oltre un anno e mezzo di ritardo, rispetto a tutti gli altri comparti del pubblico impiego, la firma era un atto dovuto. Adesso, occorre imprimere una forte accelerazione sull’attuazione del nuovo ccrl e proiettarci verso Il prossimo. Con il rinnovo – concludono le sigle – il comparto si avvicina all’equiparazione giuridica del Ccnl delle Funzioni Centrali, cioè dei ministeri, degli enti e delle agenzie dello Stato”. Gli aumenti contrattuali Con il nuovo contratto, i lavoratori avranno un aumento mensile degli stipendi che varia da 61,82 per la categoria economica più bassa a 145 per la categoria economica più alta. Per le categorie A l’aumento medio è di circa 65 euro. Per le categorie B l’aumento medio è di circa 76 euro. Per le categorie superiori l’aumento medio è di 100 euro per le categorie C e di circa 120 euro per le categorie D. “Adesso subito la riclassificazione” I sindacati richiedono subito l’attivazione delle procedure per la riforma dell’ordinamento professionale. “Non possiamo più attendere ritardi sull’avvio delle procedure di riclassificazione”, affermano aggiungendo: “Finalmente i fondi sono stanziati e non ci sono più alibi. Chiediamo che si proceda all’attivazione delle procedure per consentire le progressioni verticali del maggior numero di dipendenti possibili per dare il giusto riconoscimento ai tanti dipendenti che svolgono compiti di inquadramento superiore rispetto alle mansioni loro affidategli. Non ne hanno bisogno solo i lavoratori – aggiungono – lo richiede il funzionamento della macchina amministrativa che può solo trarre benefici dal giusto riconoscimento ai lavoratori”. Sul tema le organizzazioni rincarano la dose. “I futuri concorsi – dicono – prevedano una riserva dei posti per valorizzare maggiormente chi è già in amministrazione e che possiede professionalità e titoli.” Positiva la valutazione delle sigle sul potenziamento dell’istituto delle posizioni organizzative e sull’introduzione dell’area delle elevate professionalità. “Quest’ultimo è un istituto che nel resto di Italia – commentano i sindacati – inizia a essere attuato e che va nella direzione di una pubblica amministrazione capace di valorizzare le competenza e più efficiente nell’organizzazione. Una pubblica amministrazione, come la Regione Siciliana, fondamentale per la tenuta e il rilancio economico dell’Isola, d’altra parte, non può essere basata su un ordinamento professionale decontestualizzato e lontano dalle esigenze del futuro”. “Bene l’impegno di Messina e Gallo, ma serve una completa Aran Sicilia” Le organizzazioni sindacali valutano positivamente l’azione posta in essere dall’assessore Andrea Messina e dal commissario dell’Aran Sicilia, Accursio Gallo. “Il commissario Gallo – spiegano – ha manifestato apertura al confronto e gli va riconosciuto il merito di aver sopperito alla assenza del comitato direttivo ed alle gravi carenze d’organico. Dell’assessore Andrea Messina abbiamo apprezzato l’onestà intellettuale con cui ha sempre rappresentato gli invalicabili limiti, dettati dalle norme vigenti. Adesso però – rilanciano i rappresentanti dei lavoratori – non si può più rinviare il rinnovo del comitato direttivo dell’agenzia di negoziazione per recuperare tutti i ritardi che si sono accumulati.

Il regime delle incompatibilità nel pubblico impiego. Circolare

Per completezza di informazione, ad integrazione dell’articolo sugli incarichi extraistituzionali e il regime delle incompatibilità nel pubblico impiego (Dipendenti pubblici e incarichi extraistituzionali: incompatibilità e autorizzazioni), che ho pubblicato l’8 aprile 2024, condivido la circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica e del Personale relativa all’argomento in questione. Suddetta circolare, oltre a richiamare la normativa vigente, contribuisce ad una omogenea applicazione nell’ambito dell’Amministrazione della stessa normativa, supportando gli uffici attraverso una descrizione quanto più organica delle diverse fattispecie, alla luce delle attuali direttive ministeriali e di alcuni recenti orientamenti giurisprudenziali.


Dipendenti pubblici e incarichi extraistituzionali: incompatibilità e autorizzazioni

PEO: È illegittimo escludere il personale non più presente in servizio all’atto dell’approvazione delle relative graduatorie. Lo ha affermato la Sezione Lavoro della Cassazione. Il Cobas-Codir sta predisponendo le diffide

Con una recentissima ordinanza la Sezione Lavoro della Cassazione ha affermato che è illegittimo escludere dalle procedure selettive per l’attribuzione degli sviluppi economici il personale non più presente in servizio all’atto dell’approvazione delle relative graduatorie.
Da un esame delle graduatorie provvisorie PEO relative agli anni 2019, 2020 e 2021 si è avuto modo di verificare che sono un numero cospicuo i dipendenti esclusi dalle graduatorie definitive in quanto, in applicazione di quanto disposto dal bando (art. 5 bando PEO), sono stati posti in quiescenza, non risultando più nei ruoli della Regione alla data di pubblicazione della graduatoria finale.
I legali del Cobas-Codir stanno predisponendo una diffida per richiedere la corresponsione della PEO ai soggetti esclusi in applicazione del sopra citato art. 5 del bando PEO.
Gli interessati possono richiedere di aderire alla diffida PEO inviando l’email all’indirizzo [email protected] allegando copia del codice fiscale e del documento d’identità, la diffida è gratuita per gli iscritti.

Sospensione disciplinare del dirigente che non controlla i sottoposti

Tratto da neopa.it

Con ordinanza n. 8642 del 2 aprile 2024, la Sezione Lavoro della Cassazione ha giudicato legittima la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per mesi uno irrogata al dirigente del settore “Procedure sanzionatorie e Traffico della Polizia Locale” per mancato controllo e omessa vigilanza sulle procedure di data entry che avevano determinato, per difetto di registrazione del sistema, la mancata notifica di un numero rilevante di atti, con connesso grave danno economico per l’ente.

La Corte ha infatti rilevato che il dovere del dirigente di «sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto svolgimento dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare» (si veda oggi l’art. 34 del CCNL dell’Area della Funzioni Locali sottoscritto il 17.12.2020) non può non implicare quello di controllare il processo lavorativo e l’operato del personale a esso addetto, guidandone, con direttive di carattere generale, le attività, tra cui quelle di data entry riguardanti, appunto, gli accertamenti di infrazioni rilevate con le apparecchiature autovelox; il che comporta, a fronte della riscontrata «tolleranza di irregolarità di servizio» o della configurabilità del «grave danno all’ente», l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio «con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino a un massimo di 6 mesi» (così come previsto oggi dall’art. 36, comma 8, del cit. CCNL).