IL GIOCO DELLE TRE CARTE. E LA REGIONE SI AVVIA AL TRACOLLO

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Alla Regione è stata messa in atto invece una tecnica, della quale non esiste neppure traccia nei manuali di contabilità pubblica: il «gioco delle tre carte». Si tratta di una «sofisticata» metodica che poggia sul rinvio dei pagamenti e sulla «distrazione» di risorse, cambiando la destinazione.

Renzi con una mano dà e con l’altra prende

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D’ACCORDO che il Tesoro sta ancora limando i tanti punti oscuri della legge di stabilità, ma l’impressione è che qualcuno ci prenda in giro.

Il premier Renzi sostiene che lui le tasse le taglia per ben 18 miliardi e non le aumenta; il ministro Padoan ammette che le Regioni potrebbero comunque aumentarle dal momento che si ritrovano a dover tagliare 4 miliardi di spese grazie allo scherzetto del governo; la nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza), approvata appena il 30 settembre, dice che la pressione fiscale passerà dal 43,3% del 2014 al 43,6% del 2016.

Non è strano?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Innanzi tutto il beneficio fiscale: comprende il bonus in busta paga di 80 euro per dieci milioni di italiani (per un totale di 10 miliardi, finanziati con un aumento del disavanzo che dovrà essere colmato), la riduzione dell’Irap pagata dalle imprese sui salari mentre rimane invariata quella su interessi passivi e profitti, lo stimolo all’impiego (niente contributi per tre anni ai nuovi assunti). In totale 18 miliardi di tasse in meno che rappresentano un punto percentuale di Pil.

Ma, dal momento che Renzi non può derogare dal Def, significa che da qualche parte dovranno saltare fuori 18 miliardi in più.

Insomma, quel che viene dato con una mano viene ripreso dall’altra. Del resto c’ è una clausola di salvaguardia nel caso in cui Bruxelles dia un parere contrario alla manovra: prevede aumento delle imposte indirette e riduzione delle detrazioni fiscali.

In secondo luogo i tagli agli sprechi delle Regioni. E ce ne sono tanti, primo fra tutti lo spreco dovuto alle spese folli, agli emolumenti dei consiglieri che guadagnano più di un sindaco pur avendo responsabilità minori, ai vitalizi riconosciuti anche dopo una sola seduta.

Ma questi quattro miliardi di tagli chiesti da Renzi alle Regioni sono gli stessi che qualche mese fa il governo si era impegnato a distribuire alle Regioni stesse, soprattutto per la sanità. Quindi per le Regioni con i conti in ordine (la Lombardia ad esempio) non dovrebbe cambiare molto mentre cambierà moltissimo per quelle dalle mani bucate, Sicilia in testa.

Alla fin fine, comunque la si pensi, la verità è che saranno necessari altri sacrifici. Nessuno lo vuol dire, ma questa legge di stabilità non è in grado di creare crescita: non ci sono maggiori investimenti pubblici, le imprese non assumono perché non c’è domanda, le famiglie non spendono.