Sicilia. Grano avvelenato, uva e arance africane, pomodori cinesi. L’agricoltura uccisa dalla concorrenza a basso costo
Tutti ricorderanno i tempi in cui la Sicilia veniva definita il granaio d’Europa. Molti ricorderanno gli agrumi siciliani, i limoni, le arance, i mandarini. Altri ricorderanno il latte e i derivati dal latte degli allevatori italiani. Ma giorno dopo giorno troviamo sugli scaffali dei grandi super e ipermercati prodotti che non vengono dalla nostra agricoltura; spesso, a dire la verità, non ci curiamo nemmeno di sapere da dove vengano e con quale grano siano realzzati i derivati come pasta, pane, biscotti, dolci.
Non ci chiediamo come si fa a vendere il latte confezionato nei supermercati a 40 centesimi di euro al litro. Guardiamo soltanto al costo o tutt’al più ci indirizziamo verso i prodotti più pubblicizzati. Non ci curiamo se le marche negli anni sono passate dalle mani di italiani alle mani di multinazionali straniere; ancora meno ci curiamo se quei marchi – ancora italiani – preferiscono importare le materie prime da paesi lontani.
Oggi incominciano ad uscire, tra enormi difficoltà, studi che giustificano costi bassi di produzione, a volte dovuti a manodopera a costo ridottissimo per mancanza di tutte le tutele “nostrane” o a utilizzo indiscriminato di diserbanti o di sostanze che proteggono i prodotti della natura da infestanti e parassiti.
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