Regionali, turn over a rischio entro tre anni

Giornale di Sicilia del 31 marzo 2023

Tratto dal Giornale di Sicilia del 31 marzo 2023

La Regione proverà a portare a casa il rinnovo del contratto dei regionali ma sulle progressioni di carriera, che costituiscono una delle richieste principali dei sindacati, la partita si annuncia difficilissima.

È la sintesi della relazione fatta dall’assessore al personale, Andrea Messina, in commissione Bilancio ieri all’Ars. Messina ha parlato di «ostacoli che attualmente impediscono di procedere con una organica riforma dell’ordinamento professionale». In particolare per l’assessore «le norme statali consentono per la riclassificazione del personale regionale soltanto il ricorso ad uno stanziamento pari allo 0,55% dell’attuale dotazione…..».

Le verità scontate del ministro della PA Paolo Zangrillo

Le dichiarazioni rilasciate dal neo ministro della pubblica amministrazione dr. Paolo Zangrillo a Il Corriere della Sera lo scorso 24 marzo fanno pensare a quattro o cinque concetti “messi in bocca” da solerti collaboratori a un marziano planato improvvisamente a Palazzo Vidoni.


Non c’è una sola idea esposta che non costituisca una mera ripetizione di ciò che ascoltiamo da decenni dai politici che si degnano di occuparsi di pubblica amministrazione. Piano di assunzioni nell’ordine delle centinaia di migliaia di posti (quando ministeri e comuni non riescono a completare le assunzioni di tecnici per le impellenze del PNRR); invecchiamento medio della popolazione lavoratrice della PA (come se non fosse stata la politica, tutta la politica, ha reiterare per 20 anni il blocco assoluto del turn over, impoverendo di risorse gli uffici pubblici); semplificazione (sempre presente nei programmi dei ministri della funzione pubblica dall’epoca della legge n. 241 dell’anno 1990); piattaforme digitali (ci mancherebbe!); per finire, una spruzzatina di “formazione” attraverso il lancio di un’iniziativa dal nome attraente di “Syllabus”! Poi niente più.

Pensioni, riforma congelata: si va verso una Quota 103 bis (tranne che per i dipendenti della regione siciliana?)

Tratto da PAmagazine

Ancora un anno con Quota 103. E poi, dal 2025, tutti in pensione con 41 anni di contributi previdenziali, a prescindere dall’età anagrafica. Ecco lo schema (che suona come una beffa, considerate le promesse elettorali formulate da larga parte della maggioranza) che ha in testa il governo, alle prese con il complicato rebus della riforma della pensioni. Al centro dei problemi, per palazzo Chigi, c’è la necessità di mettere a punto un meccanismo che consenta uscite anticipate dal lavoro alternative al ritorno della legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni di età con 41-42 di contributi.

I tempi

La soluzione definitiva e strutturale dell’esecutivo Meloni prevede, come detto, il prepensionamento universale con 41 anni di contributi. Ma per realizzare il progetto, a regime, occorrono 8-9 miliardi di euro. Una copertura finanziaria eccessiva per la prossima legge di Bilancio. Tanto da consigliare una frenata e un rinvio di ben due anni. Occorre ricordare che, attualmente, Quota 41 è riservata solo ai lavoratori precoci (in attività prima dei 19 anni di età) e ad alcune categorie di addetti a mansioni gravose. Una soluzione minimal determinata, appunto, dalla modesta quantità di risorse finanziarie a disposizione e dalla necessità di evitare uno scontro con l’Europa, che vigila sulla riforma previdenziale. Così, per superare lo stallo, il governo confermerà, come detto, per un altro anno Quota 103 (in pensione anticipata con un minimo di 41 anni di contributi e 62 di età anagrafica) finanziando l’operazione con ulteriori tagli al Reddito di Cittadinanza. La road map si concluderebbe nel 2025 rendendo Quota 41 possibile per tutti i lavoratori. Per il prossimo anno nulla cambierà nella struttura di Quota 103 che è uno strumento basato sul sistema delle “quote”, come la ormai vecchia Quota 100 (che ha visto uscire meno della metà dei potenziali beneficiari).

Il tetto

Per chi sceglie questo prepensionamento il governo ha previsto un tetto massimo per l’assegno pensionistico che non potrà essere superiore a 5 volte il valore dell’assegno minimo. Un limite da rispettare fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni con almeno 20 anni di contributi versati). Per chi decide di andare in pensione con questa strada non ci sarà alcuna penalizzazione in merito al criterio di calcolo dell’assegno, ma solo un tetto massimo per il trattamento riconosciuto. In pratica si applicherà il sistema retributivo – assegno calcolato sullo stipendio – sulla anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1995 e, poi, il sistema contributivo – assegno calcolato solo sui contributi versati –  dal 1° gennaio 1996. Tuttavia, chi decide di entrare in questa finestra, fino a maturazione dei requisiti dell’età per la pensione di vecchiaia non potrà ricevere, come detto, un assegno superiore a 5 volte quello minimo, ossia sopra i 2.850 euro lordi. Quindi, tra i 62 e i 67 anni (età necessaria per la pensione di vecchiaia) chi sceglie Quota 103 dovrà rinunciare a un trattamento superiore a 5 volte l’assegno minimo. Dai 67 anni in poi, invece, riceverà l’assegno che gli spetta secondo la sua specifica situazione contributiva.

Importi

Occorre a questo proposito ricordare che, attualmente, le pensioni minime ammontano a 525 euro mensili circa, ma che nel 2023, secondo quanto stabilito dalla legge di Bilancio, aumenteranno fino a 574. Per questa ragione, considerando una pensione minima di 574 euro, chi va in pensione prima dei 67 anni di età non potrà ricevere un assegno pensionistico superiore a 2.850 euro. Viceversa, se il parametro è il trattamento minimo del 2022, il tetto sarà a 2.625 euro. Occorre ricordare che, sul versante previdenzia­le, il governo governo Draghi si era già mosso sul fronte dei prepensionament­i, accarezzando in particolare l’idea della soluzione “s­oft”. Vale a dire la messa a punto un me­ccanismo che consenta il prepensionamento a 63 anni calcolan­do l’assegno con il metodo contributivo integrale. Per chi avesse aderito, ci sarebbe stato un taglio medio del 3 per cento annuo per 4 anni. E poi, allo scoccare dei 67 anni di età, ci sarebbe il ritorno alla pen­sione piena. È “l’ip­otesi Tridico”. E ci­oè una soluzione, escogitata dal presidente dell’Inps  in due tempi utile a su­perare, in maniera morbida, lo scoglio del ritorno alle legge Fornero, che risch­ia di incagliare mig­liaia di lavoratori creando una disparità rispetto a chi, ne­gli ultimi tre anni è riuscito a raggiun­gere il prepensionam­ento.

Pubblica Amministrazione. La formazione peserà sulle carriere. Lezioni al via per un milione di statali. Ecco la nuova direttiva del Ministro

Il Ministro Paolo Zangrillo ha emanato la nuova direttiva dedicata alla formazione nella Pubblica Amministrazione: ecco tutte le novità.


Formazione digitale obbligatoria per i 3,2 milioni di lavoratori pubblici. Entro il 30 giugno le amministrazioni che non lo hanno ancora fatto dovranno aderire a Syllabus, il nuovo portale per la formazione messo in rete ieri dal ministero della Funzione pubblica. Ed entro fine 2023 dovranno fornire contenuti formativi digitali ad almeno il 30% dei propri dipendenti, per poi salire fino al 55% entro il 2024 e ad almeno il 75% entro il 2025. Le amministrazioni che hanno già aderito all’offerta formativa entro lo scorso 28 febbraio, dovranno raggiungere i target entro il 30 settembre 2023.

Ad ogni lavoratore pubblico dovranno essere garantite almeno 24 ore di formazione l’anno, non solo in campo digital ma anche sulle tematiche, sempre più attuali, della transizione ecologica e amministrativa. Senza dimenticare la lingua inglese e le tecniche di comunicazione (public speaking). La partecipazione ai corsi di formazione entrerà a far parte della valutazione individuale del dipendente e conterà ai fini delle progressioni professionali all’interno della stessa area e tra le aree o qualifiche diverse. La formazione diventerà dunque per il lavoratore pubblico un diritto ma anche un dovere, da considerare a tutti gli effetti come un’attività lavorativa che impatta sulla carriera. E per le amministrazioni pubbliche dovrà essere considerata un investimento e non un costo, in linea con gli obiettivi del Pnrr che prevedono che siano offerti corsi di formazione ad almeno 750mila dipendenti pubblici entro il 2026. E’ quanto prevede la direttiva firmata ieri dal ministro Paolo Zangrillo e diffusa a tutti gli enti tenuti alla formazione, ossia tutte le p.a. con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attività di formazione dovranno essere programmate dalle p.a. attraverso specifica sezione del Piao. “Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale che conferma l’intenzione del governo di investire sul capitale umano della Pubblica amministrazione, facendola diventare più attrattiva agli occhi dei giovani talenti perché fornisce loro chiare prospettive di crescita professionale. Una novità importante nel bel mezzo della stagione di assunzioni che stiamo vivendo, circa 350mila previste per il biennio 2022-2023 tra turn over e nuovi ingressi”, ha osservato il ministro Zangrillo.

In Germania maxi sciopero per chiedere l’aumento dei salari. “Escalation sul modello francese”

Ferrovie, scali aerei, il trasporto urbano di ben sette Lander, le società autostradali e l’amministrazione navale. Tutti servizi del trasporto pubblico che in Germania, lunedì 27 marzo, si fermeranno per un maxi sciopero, ispirato, come molti hanno commentato, a quanto sta accadendo in Francia. A convocare una protesta senza precedenti sono stati i sindacati del trasporto su ferro, Evg, e la sigla Verdi, che ha lanciato il suo appello per bloccare il traffico aereo. L’obiettivo per entrambe le sigle è un cospicuo aumento dei salari. Verdi chiede un incremento del 10,5% e un minimo di 500 euro in più nelle buste paga.


In Francia fanno la rivoluzione, in Grecia esplode la rabbia, pure nella ricca Germania scioperano. E gli italiani? A casa sul divano a poltrire!

In Francia fanno la rivoluzione, in Grecia esplode la rabbia, pure nella ricca Germania scioperano. E gli italiani? A casa sul divano a poltrire!

Tratto da Dagospia

In tutta Europa (dove sicuramente stanno meglio di noi) si susseguono manifestazioni contro il caro vita, scontri con la polizia per le pensioni, proteste per le politiche di austerity che hanno impoverito la popolazione.

Solo un paese è apparentemente placido e tranquillo, e subisce tutto, senza colpo ferire. sarà perché la protesta, da grillo a meloni, è stata inglobata dal potere e a regnare è solo la disillusione?


Breve commento

Personalmente non credo sia disillusione. Storicamente gli italiani sono questi. Basta sfogliare un libro di storia per rendersi conto di quanti Stati stranieri hanno imperversato in Italia con i loro eserciti, cacciando e “liberando” l’Italia dall’invasore precedente ma prendendo il suo posto, con gli italiani, tranne casi isolati (moti carbonari, partigiani, etc.), a fare da spettatori.


In Germania maxi sciopero per chiedere l’aumento dei salari. “Escalation sul modello francese”

Lo scandalo del Pnrr, assunzioni ferme negli enti locali: «Non vengono a lavorare per gli stipendi bassi»

Tratto da Open

Il totale è un – 0,12%. L’opera di rafforzamento del personale della Pubblica Amministrazione per l’attuazione del Pnrr non sta avendo il successo sperato. Le proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato dicono il tentativo di allargare gli organici di Regioni, Province, Comuni e Città Metropolitane sta procedendo a rilento. Anzi, peggio: l’anno scorso i dipendenti sono diminuiti di qualche centinaio. A differenza, spiega oggi Il Sole 24 Ore, di quel che è accaduto nel resto della Pa dove un piccolo aumento di dipendenti si incontra quasi ovunque. Anche le agenzie fiscali hanno perso lavoratori. Nelle città metropolitane e nelle province si è verificato il crollo maggiore: l’anno scorso il personale si è ridotto dello 0,97% e dello 0,99%. A fine 2021 un emendamento al decreto Pnrr-1 del governo Draghi ha introdotto un meccanismo di spazi aggiuntivi per le assunzioni a tempo. Nelle stime avrebbe dovuto portare fino a 15 mila tecnici ed esperti nei Comuni. Ci sono stati 2.492 nuovi ingressi, meno di un quinto del previsto.

Le cause e le conseguenze

Le spiegazioni per questo flop sono molte. La prima è che il decreto che ha ripartito i 30 milioni destinati a pagare i tecnici è arrivato 14 mesi dopo la norma che lo prevedeva. Ma soprattutto, come ha detto il presidente dell’Anci Antonio Decaro, «i professionisti non vengono a lavorare da noi». Perché l’incrocio fra il tempo determinato e i livelli retributivi più bassi non rende appetibili i posti. E nella ripresa post-pandemia tutti partecipano a più selezioni per poi scegliere quella più conveniente economicamente. Ma oltre alle cause c’è il problema delle conseguenze. I 40 miliardi che il Piano indirizza agli enti territoriali passano attraverso quasi 6mila «soggetti attuatori». Tra questi i comuni impegnati in almeno un investimento sono 5.708. E l’80% di loro ha meno di 10mila abitanti. Gli uffici tecnici sono spesso all’osso e tra poco si entrerà nella fase di bandi e aggiudicazioni. Con il rischio che alla fine si blocchi tutto.

Francia. Ancora scontri tra manifestanti e polizia: 149 agenti feriti, oltre 170 fermi. Più di 1 milione in piazza contro la riforma delle pensioni

Le proteste contro la riforma delle pensioni in Francia si stanno trasformando in guerriglia urbana tra i gruppi di manifestanti più radicali e la polizia.

Scontri si registrano nella capitale, a Lione e Rennes, mentre gli aeroporti parigini rischiano il blocco a causa dell’occupazione di alcuni terminal da parte dei manifestanti e per la mancanza di cherosene per lo sciopero indetto in una delle più importanti raffinerie nazionali. Blocchi anche alla stazione di Parigi, mentre la polizia cerca di reprimere le proteste lanciando lacrimogeni sulla folla.

PNRR: al Sud è boom di consulenti esterni

Tratto da PMI.it

I Comuni del Sud sono in difficoltà con l’attuazione dei progetti del PNRR e cresce il ricorso a consulenti esterni.

Il PNRR rappresenta un’opportunità per attuare progetti mirati a sostenere la ripresa economica e ridurre i divari territoriali, investendo sul capitale umano. Allo stato attuale, tuttavia, persistono differenze oggettive che frenano l’attuazione dei progetti soprattutto a causa del mancato supporto offerto alle amministrazioni del Sud.

Questo è quanto emerge dal recente studio Svimez “I Comuni alla prova del PNRR”, che focalizza l’attenzione sull’eccessiva complessità delle procedure e fa luce sul crescente ricorso a consulenti esterni da parte delle amministrazioni del Mezzogiorno per la partecipazione ai bandi del PNRR, sebbene con disparità a livello locale.

Per quanto riguarda il reclutamento di nuovo personale, “tutto gira intorna a inPA“. Di fatto è una grande opportunità per attingere in modo rapido a collaboratori esperti. Paradossalmente, un modo più semplice e veloce rispetto ai bandi di gara per assunzione, spesso finiti con vincitori che rifiutano il posto perchè sottopagati. Insomma, un cane che si morde la coda. Vedremo le le ulteriori semplificazioni promesse dal decreto PNRR 3 cambierà qualcosa.

Ad oggi, se i Comuni del Sud al di sotto dei 30mila abitanti si caratterizzano per un alto tasso di partecipazione e un basso livello di aggiudicazione, infatti, per i Comuni più grandi i dati sono invertiti, mostrando una minore partecipazione e un aggiudicazione più alto.

Al Sud si impiegano quasi tre anni per completare un’infrastruttura sociale, ossia nove mesi in più della media italiana. I ritardi si registrano nelle fasi di affidamento lavori, per la carenza di personale specializzato nei piccoli Comuni.

Guardando ai dati pre-Covid, tra i dipendenti dei Comuni del Mezzogiorno, al Sud hanno meno di 40 anni il 4,8% nel Mezzogiorno rispetto al 10,2% del Centro-Nord) e soltanto il 21,2% dei dipendenti comunali è laureato contro il 28,9% del Centro-Nord. Da qui le potenzialità del PNRR per cambiare la situzione. Che però rischiano di rimanere sulla carta se gli investimenti in capitale umano restano confinati alle collaborazioni esterne senza svecchiare la macchina pubblica.

Ci chiediamo cosa rimarrà agli enti locali del bagaglio di esperienze maturate, per lo più al di fuori della macchina amministrativa, se non verrà reclutato nuovo personale pubblico e se non verranno varate azioni importanti e mirate di capacity building.

Così commenta Stefano Di Palma, direttore di Ecoter, Istituto di Ricerca e Progettazione Economica e Territoriale. È sempre Di Palma a mettere in evidenza come da parte degli advisor esterni sia cresciuta la consapevolezza della centralità del loro ruolo, tuttavia questa linea dovrà essere confermata anche in fase di manutenzione del PNRR a progetti ultimati.