Trattenute stipendiali e pensionistiche connesse al conguaglio fiscale. Con il cedolino di febbraio tanti hanno ricevuto una brutta sorpresa

Il conguaglio fiscale è il risultato del calcolo complessivo delle imposte Irpef e delle addizionali dovute dal lavoratore o dal pensionato, che il datore di lavoro, o l’Inps nel caso di pensionati, è tenuto ad effettuare al termine dell’anno solare.

Nei primi mesi dell’anno, infatti, il datore di lavoro (o l’Inps per i pensionati), nella qualità di sostituto d’imposta, effettua il conguaglio relativo al periodo corrispondente all’anno solare precedente tra:

  • le ritenute d’acconto operate mensilmente nel corso dell’anno solare precedente
  • l’imposta effettivamente dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti erogati (somme fondamentali e accessorie) nell’anno precedente.

In sede di conguaglio fiscale vengono determinate le ritenute addizionali a carico del dipendente e viene effettuato il conguaglio contributivo. Dalle operazioni di calcolo e pagamento può risultare:

  • un credito a favore del dipendente, se l’imposta complessivamente dovuta è inferiore al totale delle ritenute già operate nei singoli periodi; in questo caso le maggiori ritenute applicate nell’anno sono rimborsate direttamente al dipendente amministrato nel mese di  febbraio;
  • un debito, se l’imposta complessivamente dovuta è superiore al totale delle ritenute già operate nei singoli periodi; in tal caso le ritenute a debito sono trattenute nel cedolino del mese del conguaglio.

Purtroppo nel cedolino di febbraio 2023 molti dipendenti e molti pensionati stanno trovando dei conguagli a debito per somme talmente elevate da ricevere in concreto pochi euro di stipendio o di pensione. Non sono un esperto in materia fiscale ed effettuerò approfondimenti in merito. Probabilmente, comunque, la causa è dovuta alla modifica del sistema di tassazione delle persone fisiche, effettuata dalla Legge di Bilancio 2022 a partire dal 1° gennaio 2022, con il passaggio da cinque a quattro scaglioni d’imposta.

Alberto Bonisoli: «I concorsi non sono un flop, ma la Pa deve essere più attrattiva»

Tratto da PAmagazine

Il dato lo ha tirato fuori proprio il Formez: due vincitori su dieci di concorsi pubblici si sfilano all’ultimo e rinunciano all’incarico conquistato. Non solo, a presentarsi ai concorsi sono sempre meno candidati. Due circostanze che hanno portato molti a parlare di flop delle procedure di selezione pubbliche. Ma per il presidente del Formez Pa, Alberto Bonisoli, intervistato da PaMagazine, non si tratta di flop ma di un positivo aumento delle scelte a disposizione dei candidati. Certo, per Bonisoli il comparto delle selezioni pubbliche non è esente da possibili migliorie, che viaggiano su due priorità assolute, ci dice: migliorare la comunicazione – rendendola giù pop – per aumentare l’attrattiva delle Pa; e fare tanta formazione, anche questa al passo con i tempi. E poi una sfida che Bonisoli lancia: promuovere una rivoluzione culturale e cercare di cambiare lo sguardo dell’italiano medio sul lavoro statale. Come? Il presidente del Formez lancia un’idea: attraverso una sorta di Oscar della Pubblica amministrazione».

Presidente, si parla di flop dei concorsi, è veramente così?

«Nessun flop. Le rinunce che hanno fatto ragazze e ragazzi le vedo come una scelta, perché sono fatte all’interno del perimetro pubblico: non c’è una massiccia migrazione di candidati verso il privato, non è vero. C’è finalmente una massiccia quantità di candidati che hanno una scelta e che quindi scelgono tra l’amministrazione A e l’amministrazione B».

Si tratta di un dato destinato a durare? 

«Assolutamente sì. Siamo all’inizio di una fase nuova di selezione del personale. Prima del 2018 noi siamo arrivati ad avere 200 candidati per posto, ora ne abbiamo 40 e stanno scendendo. Perché? Perché abbiamo un aumento importante dei concorsi pubblici e ci sono meno persone. Perché non dimentichiamoci che fino al 2018 noi avevamo il turnover di 1 a 5. Ora non è più così, parliamo di 1 milione di nuovi posti da qui al 2030 e abbiamo grande fame di concorsi. Poi non dobbiamo dimenticarci che il numero di giovani è significativamente minore delle persone che vanno in pensione. Questo vuol dire che in futuro le pubbliche amministrazioni saranno in concorrenza tra di loro».

Ci potrebbe essere un problema allora nelle Pa meno appetibili.

«Sì, un aspetto è sicuramente la sede e un altro aspetto è la durata del contratto. Noi storicamente non facevamo concorsi a tempo determinato e invece da quando abbiamo riaperto ai concorsi in presenza post Covid-19, con la riforma Brunetta, dal maggio del 2021 ne abbiamo fatti diversi, sia collegati al Pnrr – come l’ufficio del processo – sia altri indirettamente collegati. E lì è un po’ compito della singola Pubblica amministrazione di rendere il posto messo a concorso appetibile. E questo è un aspetto su cui bisognerebbe lavorare».

Soffermiamoci un momento su questo. Come si potrebbe intervenire? Perché certo anche tra Pa vincerà sempre il contratto a tempo indeterminato…

«Non è detto, dipende, abbiamo avuto anche esempi contrari. Abbiamo avuto dei casi di persone che, per prestigio, hanno preferito andare a lavorare, seppur a termine, al ministero dell’Economia e delle Finanze o al ministero della Transizione digitale. Ci sono ambiti della Pubblica amministrazione che se raccontati bene possono essere delle esperienze professionalizzanti immense: per un giovane possono veramente fare la differenza tra un’impostazione di carriera e un’altra».

L’attrazione dei talenti seppure a tempo determinato la immagina come una operazione innanzitutto comunicativa?

«Deve partire dalla comunicazione perché molte Pa quando comunicano il bando, a volte si accontentano di utilizzare quello che viene pubblicato in Gazzetta ufficiale. E questo oggettivamente va bene, però il mondo sta cambiando, e i candidati sono più abituati a un linguaggio da LinkedIn, dove si usano meno riferimenti giuridici ma si spiega, magari in maniera più diretta, cosa realmente si andrà a fare. Non c’è questa abitudine in maniera massiccia: ci sono tante Pubbliche amministrazioni che già lo fanno ma dovrebbe diventare una sorta di cosa scontata. E oggi così scontata non è. C’è un tema di scelta dei media: per uno della mia generazione il media principale è il giornale cartaceo; per i potenziali candidati di oggi magari invece sono i giornali on line o i social network».

Puntare sulla comunicazione basterà?

«Probabilmente no, c’è anche tanto altro da fare. Ma senza questa operazione non ci ascolta nessuno. Questa è sicuramente la priorità “zero”. Poi c’è una priorità uno, che è quella della formazione. Noi abbiamo delle pubbliche amministrazioni che per anni sono state costrette ad agire in un ambiente che sicuramente non giocava a favore: carenza di personale, blocco del turnover, anche una narrazione che non era positiva. Basti pensare che abbiamo dei pregiudizi e dei cliché sulla Pa molto forti, che è uno dei motivi per cui ad esempio facciamo fatica a trovare candidati al Nord. Non per un problema economico, ma per un problema quasi culturale. Tenuto conto di questo dobbiamo fare una riflessione: le persone che assumiamo oggi avranno una vita professionale nella Pubblica amministrazione di 20-30 anni e quindi ci dobbiamo porre il problema non solo di cosa sanno fare oggi ma di cosa sapranno e dovranno saper fare tra 10-15 anni. E questa formazione deve ovviamente essere fatta con strumenti moderni: on line, asincrona, con pillole multimediali».

C’è qualcos’altro che servirebbe per migliorare i concorsi pubblici?

«Io vengo da un mondo in cui a tavola non si parlava certo di concorsi pubblici, per rifarmi a quanto dicevo sul Nord e sui pregiudizi sul lavoro statale. Mi rendo conto che questo mondo non c’è più ed è interesse di tutti, dell’intero Paese, trovare abbastanza candidati anche al Nord. Secondo me va fatta un’operazione culturale: ci sono Pa che fanno cose pazzesche, anche futuriste, e nessuno le racconta. A me piacerebbe che ci fosse una specie di Oscar per le Pa, questa un po’ la sfida che mi sento di lanciare. Che se ci pensa è quello che è successo negli anni SCORSI quando sono nati i primi concorsi per designer ad esempio, il Compasso d’oro, quando si è passati dalle sartine ai fashion designer: non è cambiata l’attività ma il modo in cui è stata vista. Stiamo parlando di medio e lungo periodo, non è una cosa che si fa in 6 mesi, ma è veramente una cosa che può cambiare la prospettiva».

C’è anche forse un problema di attrattività riferita agli stipendi offerti dal pubblico rispetto a quelli offerti dal settore privato. 

«La prima risposta in realtà l’ha data il ministro Zangrillo, dichiarando che c’è una riflessione sul tema delle retribuzioni. Però qui tocchiamo un altro punto: dipende un po’ da cosa cercano le singole Pubbliche amministrazioni, se cercano professionalità specifiche già formate, come un ingegnere o un architetto, non ricorreranno magari al concorso pubblico ma potranno reclutarlE tramite il portale InPa, che è stato creato anche con questo intento, utilizzando strumenti più leggeri e flessibili».

Quota 103: in pensione a 62 anni, ma se rinunci lo stipendio aumenta

Chi rinuncia ad andare in pensione con Quota 103 ha diritto ad un incremento dello stipendio. Come funziona il bonus Maroni per i lavoratori.

L’Inps ha dato il via alla presentazione delle domande per Quota 103. Nella circolare n. 754 del 21 febbraio 2023 è spiegato in dettaglio il funzionamento e i termini della presentazione della domanda anticipata con 62 anni di età e 41 di contributi.

Questa nuova deroga pensionistica che – ricordiamo – è limitata al 2023, non prevede la liquidazione libera della rendita maturata. E’ infatti prevista una soglia limite pari a 5 volte l’importo del trattamento minimo (2.839,70 euro). In altre parole, la pensione è pagata fino a tale cifra fino a 67 anni.

Chi rinuncia a Quota 103

Si può quindi notare che il legislatore ha voluto disincentivare le uscite anticipate con Quota 103 introducendo un tetto massimo di pagamento. Una misura che dovrebbe ridurre ipoteticamente ulteriormente la platea dei potenziali beneficiari che sono circa 44 mila lavoratori.

Ma non solo. Chi rinuncia a quota 103 avendone maturato il diritto può chiedere al proprio datore l’attivazione del bonus Maroni. Un incentivo che porta il nome dell’ex ministro al Lavoro Roberto Maroni e risalente al 2004, poi interrotto tre anni più tardi.

In breve, con la legge di bilancio 2023, viene concessa la possibilità di posticipare la pensione con Quota 103 in cambio di un bonus in busta paga. Un incremento dello stipendio che ha dei risvolti positivi nell’immediato, ma anche negativi sulla rendita futura. Vediamo bene di che si tratta.

Come funziona e quanto si prende

Il bonus Maroni è riconosciuto solo ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103 entro la fine dell’anno. Ma come funziona e quanto vale? In realtà lo Stato non aggiunge nulla, ma solo gira i contributi obbligatori dovuti all’ente pensionistico alla busta paga del lavoratore.

Chi matura i requisiti per la Quota 103 ha quindi il diritto di restare al lavoro rinunciando all’accredito per fini pensionistici della quota dei contributi a proprio carico. Detti contributi confluiranno in busta paga e la retribuzione si alza, ma il lavoratore si ritroverà meno contributi per la futura pensione.

Lo svantaggio principale è quindi legato a una pensione futura meno ricca. Fra gli altri svantaggi vi è da considerare anche l’imposizione fiscale. Aumentando il reddito del lavoratore per effetto del bonus Maroni, anche le aliquote Irpef cambiano. Il rischio è che ci si ritrovi una busta paga più alta ma tassato con una aliquota maggiore (dipende dagli scaglioni di reddito).


Ma la regione fa orecchie da mercante

Richiesta applicazione “Quota 103” in materia pensionistica

Sul calcolo della pensione il Cobas/Codir aveva ragione. La quota retributiva va calcolata fino al 31 dicembre 2003

Palermo 24 febbraio 2023
Ci sono voluti ben 2 pareri dell’Ufficio Legislativo e Legale (il cui contenuto è ormai noto benché non pubblicati) per convincere i vertici del Fondo Pensioni Sicilia a recedere dall’intenzione di retrodatare al 31 dicembre 1995 il calcolo della quota retributiva della pensione per i dipendenti regionali appartenenti al c.d. contratto 1 (circa 3000 unità) che avrebbe causato consistenti tagli all’assegno mensile di pensione.
Ricordiamo brevemente la questione: la L.r. 9/15 pubblicata nel S.O. alla Gurs n. 20 del 15/05/2015 ha modificato con l’art. 51 il trattamento pensionistico dei dipendenti regionali del c.d. “contratto 1” (destinatario, cioè, delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 10 della l.r. n. 21/1986) con decorrenza dall’entrata in vigore della legge.
La sopra citata legge ha, tuttavia, introdotto con l’art. 52 un periodo transitorio (2015-2020) per i dipendenti regionali che avessero chiesto (a domanda da presentarsi entro 180 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge) di essere collocati in quiescenza entro tale periodo, mantenendo, con alcune modifiche e con decurtazioni, il precedente sistema di calcolo (calcolo della quota retributiva fino al 31.12.2003 ma con le più vantaggiose aliquote di rendimento regionali).
Una serie di circolari emanate dal Fondo Pensioni, che si sono succedute alla prima emanata dall’Assessore alla Funzione Pubblica pro tempore, avevano fissato le modalità di calcolo del trattamento pensionistico, sia per il periodo transitorio di cui all’art. 52, sia per il trattamento pensionistico a regime di cui all’art. 51, sotto cui ricadevano le pensioni indirette e di reversibilità ma, soprattutto, le pensioni di tutti coloro che non avrebbero presentato istanza di prepensionamento pur avendone i requisiti, prevalendo la volontà tacita di aderire al nuovo sistema pensionistico. Per queste categorie il Fondo Pensioni ha già applicato, con decorrenza dal 15/5/2015, il nuovo sistema di calcolo della pensione di cui all’art. 51 attraverso l’emissione di centinaia di decreti, calcolando la quota retributiva fino al 31.12.2003 ma con le aliquote di rendimento statali (cfr. circolare del Fondo Pensioni prot. n. 28010 del 14 settembre 2015) nello spirito di quel progressivo avvicinamento al calcolo statale.
Con i due pareri sopra citati l’Ufficio Legislativo e Legale ha confermato la sopravvivenza dell’art. 20 della l.r. 21/2003 con decorrenza del sistema contributivo dal 01/01/2004 anziché dal 01/01/1996.
Tutto è bene quel che finisce bene? Presto per dirlo. Difficile, infatti, non pensare, dietro a questa storia, ad una regia politica alle spalle degli esecutori materiali il cui fine era quello di presentare i consistenti tagli delle pensioni dei dipendenti regionali come contrappeso o agli aumenti dei nostri cosiddetti “onorevoli” o all’aumento del 10% dell’indennità di posizione dei dirigenti generali o, semplicemente, perché Roma lamenta il mancato rispetto dell’accordo Stato-Regione che sembrerebbe, così, valere solo per i dipendenti ma non per i politici.
Una cosa è certa: lassù (nelle stanze del potere) qualcuno NON ci ama ma, ancora una volta, l’incessante azione sindacale del Cobas/Codir ha evitato che venisse perpetrata l’ennesima ingiustizia!
Ciò che conta per il Cobas Codir è il risultato finale per i lavoratori.

Codice Comportamento Dipendenti Pubblici: le novità per il 2023

Tratto da lentepubblica.it

Ecco disponibili tutte le novità che, a partire dal 2023, caratterizzano il nuovo Codice di Comportamento per i Dipendenti Pubblici: si spazia dalla performance ai social, fino ad arrivare al rispetto dell’ambiente.


Un Codice rinnovato e al passo con i tempi, che punta sul divieto di discriminazione sui luoghi di lavoro, su nuovi criteri di misurazione della performance, sulla responsabilità dei dirigenti per la crescita dei collaboratori, su comportamenti ‘green ed uso responsabile dei social media.

Le PA, ad esempio, potranno fare controlli sugli strumenti elettronici in loro dotazione per garantire la sicurezza dei sistemi e dei dati: ma sarà l’AgID, sentito il Garante della Privacy, a scrivere linee guida ad hoc.

Codice Comportamento Dipendenti Pubblici: le novità per il 2023

Lo schema di decreto del Presidente della Repubblica contenente modifiche al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (DPR 62/2013) ha l’obiettivo di modernizzarlo e di adeguarlo al nuovo contesto socio-lavorativo e alle nuove esigenze creata dalla digitalizzazione amministrativa e dalla sostenibilità economica.

Più nel dettaglio, tra le principali novità introdotte nel DPR, compaiono i seguenti punti:

  • responsabilità attribuita al dirigente per la crescita professionale dei collaboratori e per favorirne le occasioni di formazione e le opportunità di sviluppo;
  • misurazione della performance dei dipendenti sulla base del raggiungimento dei risultati e del comportamento organizzativo;
  • divieto di discriminazione basato sulle condizioni personali del dipendente, quali ad esempio orientamento sessuale, genere, disabilità, etnia e religione;
  • le condotte personali dei dipendenti nell’uso dei social media non devono in alcun modo essere riconducibili alla PA di appartenenza o lederne l’immagine ed il decoro

Attenzione viene dedicata anche al rispetto dell’ambiente, per contribuire alla riduzione del consumo energetico e della risorsa idrica, alla riduzione dei rifiuti e al loro riciclo.

Adottato in attuazione di quanto previsto dal cosiddetto decreto legge ‘PNRR 2’ (dl n. 36/2022), il provvedimento integra gli elementi costitutivi della milestone del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedicata alla riforma della Pubblica Amministrazione, che dovrà essere conclusa entro il 30 giugno 2023.

Il testo completo dello schema di Decreto

Potete consultare qui di seguito il documento completo.

Le assenze per malattia da Covid-19 (casi accertati di Covid-19 positivi a tampone) continuano a non essere soggette a decurtazione

Nei giorni scorsi il Dipartimento della Funzione Pubblica ha inviato a tutti i dipartimenti e uffici equiparati una nota (prot. n. 13119 del 6 febbraio 2023) avente come oggetto: premi e trattamenti economici correlati alla performance (c. 4 art. 90 del CCRL) – Valutazioni personale del comparto non dirigenziale anno 2022- richiesta dati”. Suddetta nota contiene un allegato (allegato A) con l’elenco delle assenze del comparto non dirigenziale da comunicare ai fini della decurtazione.

Suddetto allegato A è stato sostituito 2 volte con 2 note successive (prot. n. 17156 del 17 febbraio 2023 e nota prot. n. 17555 del 20 febbraio 2023) a causa di refusi, compreso l’inserimento della malattia da COVID-19 tra le assenze da decurtare ma che, invece, continuano a non essere soggette a decurtazione.

Di seguito l’ultima nota contenente l’allegato corretto.

La grande fuga dai concorsi pubblici. Salari bassi e contratti a termine. Uno su cinque rinuncia al posto

La Pubblica amministrazione ha bisogno di personale specializzato, ma il personale specializzato sembra sempre meno attratto dalla Pubblica amministrazione. La tendenza viene analizzata dal Messaggero, a partire da un dato: per la realizzazione del Pnrr, il governo ha spalancato le porte dell’indeterminato senza dover passare dal concorso pubblico a 800 esperti sotto il profilo economico, giuridico, informatico, statistico-matematico, ingegneristico e ingegneristico-gestionale. L’unica condizione richiesta è quella di aver effettuato 15 mesi continuativi di lavoro presso il ministero o il Comune preposto, dopo essere stati assunti con un contratto a termine. Ma una volta passate le selezioni, ben 400 degli 800 esperti si sono tirati indietro e non hanno accettato il posto.


Rischio fuga dalla P.A. malata? Ecco i veri motivi della fuga: prospettive di carriera pari a zero e rischio di percepire tra qualche anno una pensione più bassa di oggi

Delibera di Giunta n. 96 del 10 febbraio 2023. Graduazione della retribuzione di posizione e di risultato dei Dirigenti generali

Con deliberazione della Giunta regionale n. 96 del 10 febbraio 2023 è stata approvata la proposta relativa alle graduazioni delle strutture di massima dimensione dei Dipartimenti regionali e degli Uffici equiparati, da cui far discendere una diversa attribuzione della retribuzione di posizione e di risultato dei Dirigenti generali nei termini specificati:

Retribuzione di posizione pari ad euro 35.000,00:
– Dipartimento regionale degli affari extraregionali;

Retribuzione di posizione pari ad euro 42.000,00:

  • Autorità di certificazione dei programmi cofinanziati dalla commissione europea;
  • Dipartimento regionale delle autonomie locali dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica;
  • Dipartimento regionale dell’istruzione, dell’università e del diritto allo studio dell’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale;
  • Dipartimento regionale della pesca mediterranea dell’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea;
  • Dipartimento regionale del turismo, dello sport e dello spettacolo dell’Assessorato regionale del turismo, dello sport e dello spettacolo;

Retribuzione di posizione pari ad euro 48.000,00:

  • – Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia;
  • Ufficio speciale autorità di Audit dei programmi cofinanziati dalla Commissione europea;
  • Dipartimento regionale delle finanze e del credito dell’Assessorato regionale dell’economia;
  • Autorità Regionale per l’Innovazione Tecnologica (ARIT) dell’Assessorato regionale dell’economia;
  • Dipartimento regionale delle attività produttive dell’Assessorato regionale delle attività produttive;
  • Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica– Fondo Pensioni Sicilia;
  • Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali dell’Assessorato regionale della famiglia delle politiche sociali e del lavoro;
  • Dipartimento regionale della formazione professionale dell’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale;
  • Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale dell’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea;
  • Comando del Corpo forestale della Regione Siciliana dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente;
  • Dipartimento regionale dell’urbanistica dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente;
  • Dipartimento regionale tecnico dell’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità;
  • Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’Assessorato regionale della salute;

Retribuzione di posizione pari ad euro 54.000,00:

  • Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione;
  • Dipartimento regionale della protezione civile;
  • Dipartimento regionale della programmazione;
  • Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti dell’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità;
  • Dipartimento regionale dell’energia dell’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità;
  • Dipartimento regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana dell’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana;
  • Dipartimento regionale del bilancio e del tesoro – Ragioneria generale della Regione dell’Assessorato regionale dell’economia;
  • Dipartimento regionale dell’ambiente dell’Assessorato regionale del territorio dell’ambiente;
  • Dipartimento regionale per la pianificazione strategica dell’Assessorato regionale della salute;
  • Dipartimento regionale delle infrastrutture, della mobilità e dei trasporti dell’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità;
  • Dipartimento regionale dell’agricoltura dell’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea;
  • Dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative dell’Assessorato regionale della famiglia delle politiche sociali e del lavoro.

Fondo della Dirigenza. Graduazione della retribuzione di posizione e di risultato delle funzioni dirigenziali generali dei Dipartimenti regionali ed Uffici equiparati


La domanda è: con dirigenti di terza fascia a capo dei dipartimenti, un dirigente di seconda fascia potrebbe opporsi alla nomina a capo di un dipartimento graduato al minimo?