Il cartellino identificativo viola la privacy dei dipendenti pubblici?

Tratto da lentepubblica.it

Nella maggior parte dei casi, i dipendenti pubblici sono obbligati ad avere il cartellino identificativo, ma viola la loro privacy? Vediamolo insieme.

Nella Pubblica Amministrazione, in diversi casi, i dipendenti pubblici hanno l’obbligo di portare il cartellino identificativo, con le loro generalità.

Sul cartellino compaiono nome, cognome e numero di matricola, ma si tratta di una violazione della privacy?

Vediamo insieme cosa dice la legge.

Cartellino identificativo dipendenti pubblici: si tratta di una violazione della privacy?

Secondo l’art.55-novies del decreto legge n°165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego):

“i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro”.

L’obbligo, secondo la circolare n°3/2010 del Ministero per la Pubblica Amministrazione, vale per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione soggetti a contrattazione collettiva.

Mentre non si applica per avvocati e magistrati dello Stato, professori universitari, personale della carriera diplomatica, personale appartenente alle forze armate e alle forze di polizia e al corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.

Secondo la legge, quindi, i dipendenti che svolgono attività a contatto col pubblico hanno l’obbligo di mostrare il cartellino identificativo.
Per “attività a contatto col pubblico” s’intendono quelle svolte in un luogo pubblico e aperto al pubblico, nei confronti di un’utenza indistinta, come specificato nella circolare.

Questo perché è obbligatorio dare un volto alla pubblica amministrazione con la quale si interfaccia il cittadino e ciò deve avvenire mediante identificazione del dipendente pubblico.
L’amministrazione può scegliere se far indossare il cartellino identificativo ai dipendenti oppure apporre una targa coi dati sulla postazione di lavoro.

Inoltre, sempre l’amministrazione ha il diritto di inserire anche altri elementi oltre il nome, il cognome e il numero di matricola. Ad esempio, possono essere inseriti la posizione professionale, il profilo, la qualifica (se dirigente) e l’ufficio di appartenenza.

Ma il tutto si limita a questo e le amministrazioni devono prestare attenzione a non diffondere dati personali non pertinenti o eccedenti la finalità.

Perciò, in un cartellino identificativo, la presenza del nome, del cognome e del numero di matricola rappresentano il minimo essenziale per garantire l’identificazione del dipendente e la trasparenza dell’amministrazione.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

4 Risposte a “Il cartellino identificativo viola la privacy dei dipendenti pubblici?”

  1. Egr. dott. Mineo ci sta dicendo che in questi quattro anni l’Aran non ha fornito una bozza di contratto decente, ci chiediamo ma quando vi riunite di cose parlate? di calcio , di politica o altro? perchè non avete pubblicamente denunciato tutto ciò attraverso gli organi di stampa è informato i vostri iscritti? La sensazione e che aldilà dei luoghi comuni contro i sindacati che io non condivido, state perdendo l’oggetto della vostra missione che è quella di difendere chi rappresentate, non la controparte che sicuramente ha delle colpe, vedi Aran, funzione pubblica, e governo, questo si chiama inciucio, poi non lamentatevi se alla fine gli iscritti al sindacato saranno solo i vostri parenti più stretti.

  2. La stessa parola Pubblico esclude il privato cioe’ privasy. I’utente e’ nel proprio diritto di conoscere con chi si sta’ confrontando, nonche’ conoscere chi in quel momento sta acquisendo ,anche se per ragioni d’ufficio i propri dati sensibili.
    Cio’ dovrebbe essere esteso alla polizia Urbana, ed a tutte le forze dell’ordine, ad eccezione dii quelli che operano in particolari squadre, dove la segretezza è fondamentale.
    Quanto sopra nella sacrosanto diritto del cittadino a difendersi da eventuali abusi, che se pur non frequenti, avvengono.
    L’individuazione dei responsabili di eventuali abusi, eviterebbe lo scarica barile e/o l’attribuzione di colpe a questo o a quel Dirigente o capo politico che è certamente ignaro delle modalita’ dell’accaduto, evitando canee di commenti o strumentalizzazioni.
    In caso di presunto abuso il cittadino non deve procedere tramite identiKit, ma con documentazione alla mano.

  3. @Nicola
    Parlare per dire cosa?
    L’Aran fino alla riunione di ieri non ha ancora fornito una bozza degna di tale nome. Ha fornito alcuni blocchi di articoli che ripropongono quasi pedissequamente le norme del precedente contratto (relazioni sindacali, ferie, permessi, assenze, recuperi, etc.) e che poco interessano alla platea dei dipendenti, attenta solo ai soldi (e l’unica tabella diffusa dall’Aran SOLO nella penultima riunione, l’ho pubblicato alcuni giorni fa) e al nuovo ordinamento professionale su cui si è molto discusso ma su cui l’Aran non ha ancora fornito alcun documento su cui confrontarsi.
    Relativamente “all’argomento principe”, come lo chiami tu….ricordo a me stesso che le somme mancanti (di cui una parte oggetto dell’impugnativa di ieri) sono state stanziate con l’ultima finanziaria pubblicata a gennaio scorso e solo ieri, dopo l’impugnativa, si è avuta certezza delle somme su cui potere contare. Appena ci sarà un documento commentabile ne parleremo.

  4. Ma mi scusi signor Mineo.
    Sembra strano che in questo blog chiamato “sindacando” si parla poco anzi pochissimo dell’argomento principe che da ottobre tiene tutti i dipendenti regionali sulle spine e per il quale i sindacati sono i protagonisti.
    Detto questo a Lei la risposta (speriamo) grazie

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