Pensioni, spesa fuori controllo: arriva l’allarme della Rgs. A settembre il governo deciderà quale “Quota” adottare nel 2024

Tratto da PAmagazine

La spesa per le pensioni nel biennio 2023-2024 supererà la soglia di guardia, portandosi al 16,2% del Pil contro il 15,6% del 2022. A lanciare l’allarme è stata la Ragioneria generale dello Stato nel rapporto “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario”. A pesare in modo particolare sarà l’indicizzazione legata all’impennata dell’inflazione. Ma non solo. La spesa risente anche degli effetti previsti dalle norme contenute nelle leggi di Bilancio 2022 e 2023 (Quota 102 e Quota 103).

Montagne russe

«La crisi economica del triennio 2008-2010, e gli effetti negativi propagatisi nel quadriennio 2012-2015, hanno determinato una doppia recessione che ha portato la spesa pensionistica nel 2013-2014 al 15,8% del prodotto interno lordo», si legge nel rapporto della Rgs. L’asticella, complice una leggera crescita economica, è scesa nel 2016 al 15,4% e poi al 15,2% nel biennio 2017-2018. Poi, a partire dal 2019 e fino al 2022, il rapporto tra spesa pensionistica e Pil è tornato ad aumentare, raggiungendo un picco nel 2020 (il 16,9% del prodotto interno lordo) per effetto della pandemia e della contrazione economica, ma anche di Quota 100. Lo scorso anno il rapporto spesa-Pil è calato nuovamente, al 15,6%, un valore comunque superiore di 0,4 punti percentuali rispetto al dato del 2018. Il rapporto, spiega sempre la Rgs, tenderà invece a stabilizzarsi dal 2025 al 2029, per l’esaurirsi degli effetti di Quota 100, Quota 102 e Quota 103 e per l’ipotizzato parziale recupero dei livelli occupazionali. Le previsioni indicano tuttavia che dopo il 2029 il rapporto spesa-PIL riprenderà ad aumentare velocemente, fino a toccare il 17% nel 2042. Infine, nella seconda parte dell’orizzonte di previsione, il rapporto inizierà una rapida discesa, attestandosi al 16,1% nel 2050 e al 14,1% nel 2070 grazie all’applicazione generalizzata del calcolo contributivo e alla stabilizzazione, e successiva inversione di tendenza, del rapporto tra il numero di pensionati e il numero di occupati.

Che “Quota” farà?

Domani, 26 luglio, nuovo appuntamento tra le parti sociali e l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale. Si ragiona su quale “Quota” adottare nel 2024 per evitare un brusco ritorno alla legge Fornero. Diverse le ipotesi sul tavolo. Quota 103, che offre la possibilità di uscire dal lavoro con 41 anni di contributi e 62 anni d’età, scadrà il 31 dicembre, ma non è escluso che la misura venga prorogata anche nel 2024. Quota 41 (pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età) costerebbe invece 4 miliardi di euro solo il primo anno. Ma vincolando lo scivolo al ricalcolo contributivo dell’assegno, che in questo caso si ridurrebbe del 15% circa, si riuscirebbe a risparmiare qualcosina. Sul tavolo ha poi trovato spazio Quota 96, che garantirebbe l’uscita dal lavoro con 61 anni d’età e 35 di contributi, ma solo per i lavoratori impegnati in attività gravose e usuranti.

Dopo la pausa estiva sono previsti altri due incontri tra le parti sociali e l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale, uno il 5 settembre sui trattamenti pensionistici delle donne e l’altro il 18 settembre sulla previdenza complementare. Al termine di questo ciclo di riunioni l’osservatorio consegnerà al ministro del Lavoro, Marina Calderone, le sue proposte. La fattibilità di queste ultime sarà valutata successivamente, a fine settembre, dopo la presentazione della nota di aggiornamento al Def, alla luce delle risorse effettivamente disponibili.