Baccei. Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco! Bocciata la norma che bloccava l’indicizzazione delle pensioni

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale una norma inserita nel 2011 dall’allora ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero nel cosiddetto decreto “Salva Italia” voluto dal governo Monti, che bloccava l’adeguamento annuale delle pensioni al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo INPS (cioè per chi prende circa 1.500 euro lordi al mese). Questo vuol dire che lo Stato dovrà versare gli adeguamenti arretrati – 5 miliardi di euro – e ricominciare a versare quelli annuali da adesso in poi.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

7 Risposte a “Baccei. Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco! Bocciata la norma che bloccava l’indicizzazione delle pensioni”

  1. A quanto pare un elemento importante nella valutazione di un ricorso alla C.C. è determinato dall’impatto economico che la relativa sentenza può provocare. A tal proposito è importate ascoltare, per chi non ha avuto l’opportunità di averla vista, la puntata di 8 e mezzo su La7 del 06.05.2015 (rivedibile sempre sul sito). Nel nostro caso dai numeri che sono stati previsti nel prepensionamento pare che il totale si aggirasse sui 3000 casi. Ora l’importo procapite medio che la manovra può recuperare potrebbe essere fissato intorno ai 300 € per cui in totale stiamo parlando di meno di 1 milione di Euro, che rappresenta il differenziale tra la pensione liquidabile senza penalizzazione e lo stipendio in godimento. Se consideriamo che il totale delle pensioni dei regionali ammonta poco di più di 600 mln di € l’incidenza del riconoscimento dei trattamento pensionistico in vigore prima di questa manovra finanziaria è irrisorio. Questo metterebbe in condizione la corte di valutare anche l’impatto economico che la senteza potrebbe provocare.

  2. GIACOMO,
    SUL PROCEDERE LEGISLATIVO DELL’ARS E’ MEGLIO STENDERE UN VELO PIETOSO….
    QUA LA DOMANDA E’:
    IL DIVIETO DI RETROATTIVITA’ RICONOSCIUTO PER I PENSIONATI, HA STESSA VALENZA PER IL PERSONALE IN SERVIZIO?

  3. Estratto dalla Sentenza della Corte Costituzionale N. 416/99:

    “….questa Corte ha più volte affermato che il divieto di retroattività della legge – pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell’ordinamento, cui il legislatore deve in linea di principio attenersi – non è stato tuttavia elevato a dignità costituzionale, se si eccettua la previsione dell’art. 25 della Costituzione, relativa alla legge penale. Al legislatore ordinario, pertanto, fuori della materia penale, non è inibito emanare norme con efficacia retroattiva, a condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (da ultimo, v. sentenza n. 229 del 1999).
    Tra questi la giurisprudenza costituzionale annovera, come è noto, l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti (v. sentenze nn. 211 del 1997 e 390 del 1995).”.

    Quindi è da dimostrare se è ragionevole che un rapporto di lavoro che si istaura con la L.R. 2/62 che prevedeva un limite massimo di 35 anni per conseguire il diritto a pensione. Per cui un lavoratore si pone in una aspettativa iniziale, poi modificata dall’art. 20 della L.R. 21/03 che rinvia successivamente alla norma statale, più volte nel tempo modificata fino a 40 di contribuzione, poi elevati a 41 e 3 mesi con le finestre d’uscita, poi modificata dalla Fornero a 42 e 3 mesi. poi via via aumentate di 4 mesi ogni 3 anni per l’aspettativa di vita: MA VI SEMBRA RAGIONEVOLE QUESTO MODO DI MODIFICARE UN ISTITUTO CONTRATTUALE TRA IL LAVORATORE CHE NON PUO’ DISCUTERE ED IL DATORE DI LAVORO CHE DISPONE E BASTA?
    Modificando perdipiù il contenuto di una norma confermativa del sistema pro-rata, legittimamente riconosciuto, all’atto dell’introduzione della modifica sostanziale tra il trattamento regionale e quello statale “…fatte salve le quote spettanti da calcolarsi secondo la legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per l’anzianità contributiva maturata alla stessa data e con riferimento alla retribuzione ultima in godimento alla data di cancellazione dal ruolo.”, proprio al momento prossimo in cui si sta raggiungendo il requisito dell’auspicata pensione. DOVE STA LA SICUREZZA GIURIDICA POSTA DALLE LEGGI?
    NON E’ TUTTO IRRAZIONALE IL PROCEDERE LEGISLATIVO DELL’ASSEMBLEA REGIONALE?

  4. @Giacomo da Messina
    osservazione intelligente. Avevamo in mente qualcosa del genere.
    Abbiamo già appuntamento mercoledì pomeriggio con uno dei migliori (e anche cari) amministrativisti di Palermo. Se dovessi pensare altri particolari da valutare, non esitare a contattarmi.

  5. Il primo passo da fare è predisporre,in modo congiunto tra tutte le sigle sindacali, un documento di invito all’Ufficio preposto presso il Consiglio dei Ministri che cura la supervisione e l’istruttoria di verifica sull’ammissibilità della Finanziaria Regionale ed alla Ragioneria Generale dello Stato che ne deve confermare la verifica contabile pena l’impugnabilità. Un passaggio dovuto per far manifestare, da parte degli enti preposti, l’assunzione di responsabilità sulla certificazione della spesa.
    Si deve dimostrare che le iniziative intraprese con l’approvazione dell’art. 53 corrispondono ad una esposizione al dissesto, del futuro economico della Sicilia, conseguente ai fondati ricorsi di legittimità costituzionale che si avvieranno per via della mancata previsione nello stesso articolo del sistema pro-rata, esponendo la Regione a sentenze di portata similare a quella della recente sentenza della C.C. sul blocco all’adeguamento del costo della vita delle pensioni.
    Inoltre i previsti prepensionamenti di cui all’art. 54 (anche se legittimi nella loro formulazione) non sono assistiti da copertura finanziaria del TFS che non è supportato dalla disponibilità finanziaria degli accantonamenti di bilancio per cui si deve far fronte, in quanto ci sono altre sentenze della C.C. che riguardano la indifferibilità del trattamento.

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