Il Governo su proposta di Brunetta si appresterebbe ad esautorare l’Anac mettendo in piedi un sistema in cui il controllore sarebbe subordinato al controllato

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Di Carlo Di Foggia

Ben che vada si crea uno strano doppione, complicando la vigilanza dell’Autorità anticorruzione. Mal che vada, l’Anac sarà esautorata dal monitoraggio delle amministrazioni pubbliche.
E siccome assai poco avviene per caso nei provvedimenti che accompagnano il Piano nazionale di ripresa (Pnrr), sembra che il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, abbia messo a segno un discreto blitz: è successo nell’ultimo decreto, approvato venerdì, con le assunzioni straordinarie per gestire il Piano europeo. L’Anac è furente: “Dal governo arrivano preoccupanti passi indietro in materia di anticorruzione, se venissero confermate le bozze in circolazione, in un momento in cui massima dovrebbe essere l’attenzione verso la gestione trasparente delle risorse, anche per il rischio di infiltrazioni delle mafie”, ha attaccato ieri il presidente Giuseppe Busia. Al Fatto, Busia – nominato ad agosto 2020 dal governo giallorosa – rincara la dose: “Il governo così mette in piedi un sistema in cui il controllore è subordinato al controllato, un errore grave e un pessimo segnale in vista del Piano”.
Cosa è successo? Il diavolo, è noto, si annida nei dettagli. E stavolta all’articolo 6 del decreto, che peraltro con il Pnrr non c’entra nulla. La norma non compariva nelle bozze iniziali né ha fatto capolino nelle interlocuzioni avute con l’Anac. Cosa fa?
La materia è complessa ma, in sostanza, rivede l’impianto che oggi stabilisce la redazione del piano di contrasto alla corruzione da parte delle amministrazioni statali.
Funziona così. Oggi l’Anac redige delle linee guida nazionali sulla base delle quali le amministrazioni redigono i piani attraverso un responsabile interno, che si interfaccia con l’Authority cui poi spetta il monitoraggio sia dei piani sia della loro attuazione. Il decreto di venerdì cambia tutto. Prevede che tutte le amministrazioni redigano, entro dicembre, un “Piano integrato di attività e organizzazione”. In quest’ultimo, che ha durata triennale, ci finisce un po’ di tutto, dagli “obiettivi programmatici” delle performance e del reclutamento, ai criteri per le “progressioni di carriera del personale”, dalla lista delle “procedure da semplificare” ai criteri per rispettare la “parità di genere”. Il Piano deve poi contenere anche “gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione”. E qui viene il punto.
In sostanza, in tema di anticorruzione, viene chiesto un doppione di quanto già avviene, solo che stavolta i piani vanno inviati al ministero della Funzione pubblica, a cui spetterà la vigilanza. Il ministero di Brunetta redigerà un “Piano tipo”, che servirà da schema per tutti (se ricorda le “linee guida” dell’Anac non è un caso). Che il sistema oggi controllato dall’Autohrity resti in vita è difficile crederlo, anche perché l’articolo affida poi a un Dpr il compito di eliminare “gli adempimenti assorbiti nel piano integrato”, tipo quelli oggi in capo ad Anac. Anche le sanzioni passano al ministero di Brunetta, che potrà punire i dirigenti inadempienti con gli strumenti tipici della Funzione pubblica, cioè “il divieto di erogazione della retribuzione di risultato”.
“In questo modo si passa dal controllo di un’autorità indipendente a quello di un ministero, che è gerarchicamente subordinato al governo – spiega Busia al Fatto –. Si fa la lotta alla corruzione con la minaccia di non erogare il premio di risultato: è insensato. I controlli li fanno dei dirigenti nominati dal ministro vanificando una normativa oggi apprezzata all’estero. Non abbiamo bisogno di continue modifiche normative, ma di dare forza alle norme in vigore. Abbiamo imprese deboli, a rischio di infiltrazione mafiosa e arriveranno molte risorse: la trasparenza va rafforzata, non indebolita”. L’articolo 6 non è l’unico a preoccupare l’Authority. Dal testo, per dire, è saltato il rafforzamento dell’organico chiesto dall’Anac: 32 persone da selezionare tra chi ha già superato un concorso. Il decreto raddoppia poi al 20% la quota di dirigenti esterni che possono essere assunti a chiamata diretta: “Si tratta di figure scelte dal vertice politico, e questo non aiuta a difendere la trasparenza e il merito nell’operato della P.A.”, conclude Busia. Il governo ieri ha replicato solo attraverso “fonti” anonime: “La norma non pregiudica alcuna competenza dell’Anac su indirizzo gestione e controllo anticorruzione, riunisce solo la maggior parte degli attuali piani, compreso quello anticorruzione”. Si vedrà.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir