IL JOBS ACT SERVE POCO ALL’ECONOMIA (di Alessandro Bellavista)

Il Jobas Act serve poco all'economia
La Repubblica dell’8 marzo 2015 – Per scaricare l’articolo cliccaci sopra

ALESSANDRO BELLAVISTA

IL GOVERNO Renzi ha varato una profonda riforma della disciplina del mercato del lavoro. Questo intervento è stato denominato (con un po’ di provincialismo), Jobs Act. Esso revisiona gli aspetti cardine del rapporto di lavoro, come l’ambito dei poteri datoriali, la normativa sui licenziamenti, le tipologie contrattuali, la sfera d’azione della contrattazione collettiva, gli ammortizzatori sociali. L’obiettivo principale del è quello di affrontare la drammatica crisi occupazionale e quindi di stimolare nuove assunzioni.

CIÒ è perseguito sia attraverso la riduzione delle tutele del lavoratore sia offrendo sconti contributivi ai datori che stipulano il cosiddetto contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il premier aderisce, in buona sostanza, alla tesi (alquanto controversa e non dimostrata empiricamente) secondo cui l’abbassamento del livello di tutela dei lavoratori produce effetti positivi sul piano dell’aumento dell’occupazione; ovvero che la eccessiva rigidità della protezione dei lavoratori scoraggia le nuove assunzioni. E’ questa un’ideologia dominante nelle grandi istituzioni europee ed internazionali. Tuttavia, seri studi mettono in evidenza come la mancata crescita occupazionale italiana dipenda soprattutto dallo scarso livello di investimenti produttivi e da un sistema imprenditoriale che innova molto poco, concentrato su settori a basso valore aggiunto e che mira ad impiegare lavoratori poco qualificati. Invece, le migliori performance occupazionali sono ottenute dai paesi che perseguono la cosiddetta “via alta allo sviluppo” fondata su produzioni di beni di qualità, su elevati gradi di innovazione tecnologica e sull’utilizzo di forza lavoro qualificata. Per muoversi in quest’ultima direzione è necessaria la presenza di una vera politica economica e industriale gestita da istituzioni pubbliche che abbiano una visione di lungo periodo. In Italia, i governi degli ultimi vent’anni non hanno fatto nulla del genere, anzi hanno stimolato il preoccupante percorso, in senso opposto, costituito dalla cosiddetta “via bassa allo sviluppo”. Pertanto, il Jobs Act potrà produrre duraturi effetti positivi solo se sarà accompagnato da intense politiche pubbliche per il rilancio del sistema produttivo, di cui alcuni segnali sembrano intravedersi nella pur cangiante agenda del governo Renzi. Ma a questo punto bisogna chiedersi quali benefici apporta tale intervento normativo per l’asfittico mercato del lavoro siciliano. Intanto, quest’ultimo è largamente dominato dal pubblico: è cioè caratterizzato da un elefantiaco apparato a carico, in vari modi, delle casse regionali. Qui il problema reale è quello di ridurre i costi per evitare lo spettro, sempre più incombente, del default: il che implica scelte tragiche sul piano della probabile perdita di consenso elettorale per chi le adotta.

Il tessuto industriale vero e proprio è stato colpito dagli effetti della crisi e vive una fase di progressiva desertificazione. Massiccia è l’utilizzazione di lavoro nero da parte di aziende la cui capacità competitiva è data solo dal permanere ai margini della legalità. Sopravvivono coraggiosi imprenditori che non si arrendono, ma che si scontrano ogni giorno con l’assenza di adeguate infrastrutture e con asfissianti oneri burocratici, senza potere contare su alcun supporto da parte delle istituzioni pubbliche. Anzi, fatti di cronaca mettono in luce come gli operatori economici siano tartassati non solo dalle pressioni delle organizzazioni criminali, ma anche da indebite richieste di denaro (rectius tangenti) da parte di esponenti del mondo politico e amministrativo. Seppure in questo contesto non facile, Palazzo d’Orleans potrebbe fare molto per avviare un processo di sviluppo virtuoso se, per esempio, mirasse a indirizzare, le risorse disponibili, la programmazione e la spesa dei fondi europei verso attività ad alto contenuto di innovazione e di capitale umano qualificato. I forti incentivi normativi ed economici contenuti nel Jobs Act potrebbero così aiutare le imprese nascenti per consolidare una base occupazionale di elevato livello professionale. Tutto ciò richiede una capacità strategica del governo regionale al momento non percepibile, ma assolutamente indispensabile per evitare che i migliori giovani siciliani abbandonino la loro terra per cercare fortuna altrove.

Fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/03/08/il-jobs-act-serve-poco-alleconomiaPalermo09.html

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir