Via gli zombie dell’euro, l’Ue è fondata sull’imbroglio

Addio euro: si avvicina la fine di quella che è stata una pericolosa “avventura forzata” per i popoli europei e, al tempo stesso, un gioco d’azzardo per il mondo della finanza. Il premio in palio era la stabilità economica, come valore-guida di un’Europa immaginata libera, giusta e portatrice di civiltà e benessere? Fallimento totale: stiamo cercando di sopravvivere tra le macerie di un’Europa «instabile, schiavizzata, ingiusta e impoverita», osserva Alberto Conti su “Megachip”. Da noi, la crisi del sistema dominante, made in Usa, è stata aggravata dalla perdita rovinosa della sovranità monetaria – unica vera leva per attutire i colpi – e dal grande imbroglio delle politiche salariali tedesche, che «ha rappresentato la complicanza mortale di un sistema già malato». Puntando all’egemonia, non potendo svalutare la moneta, la Germania ha “svalutato” i salari, «provocando così differenziali d’inflazione che hanno rapidamente messo fuori gioco gli avversari più deboli nella gara della competitività produttiva e commerciale».

Questo, aggiunge Conti, ha prodotto flussi costantemente monodirezionali di merci esportate e corrispondente denaro importato, in un contesto sistemico incredibilmente privo di meccanismi compensativi automatici come negli Usa, dove invece esiste da sempre un unico debito pubblico federale, il cui costo in interessi è minimizzato dalle politiche monetarie espansive della Fed, pronta a soccorrere l’economia reale. «Al contrario, la Bce per Statuto non può e non vuole intervenire direttamente sui singoli debiti pubblici dei partecipanti, abbandonati a se stessi ed agli attacchi finanziari speculativi che amplificano gli spread», aggravando ulteriormente i differenziali di competitività. «In pratica è un meccanismo micidiale che crea disomogeneità e instabilità nel cuore del sistema Europa: ma un gioco d’azzardo truccato a più livelli non è più un gioco, è una truffa». La prova? «Sono gli effetti devastanti che produce, come l’esplosiva sperequazione sociale di redditi e ricchezze in tutti gli Stati, l’esplosione di debiti prima privati e poi pubblici, l’esplosione del gap competitivo nord-sud (fenomeno Piigs+Francia), la desertificazione del tessuto produttivo nelle aree più colpite, episodi d’insolvenza assistita con un accanimento terapeutico interessato e sadico, sofferenze e tensioni sociali, populismi e derive fasciste».

Prima domanda: esiste una via d’uscita democratica per salvarsi da questo obbrobrio oligarchico, che ormai i cittadini europei detestano? E poi: quanto tempo potrà ancora durare quest’ordine sociale di cui l’euro è sostanza e ideologia? La corda sta per spezzarsi, avverte Conti: la Grecia è alla fame, e ora serpeggia anche il panico del contagio per il “prelievo forzoso” imposto sui conti correnti di Cipro, sempre per “restare nell’euro”. Vacilla seriamente anche l’Italia: «Assistiamo sgomenti alla caduta libera di tutti i nostri principali parametri macroeconomici, con una sofferenza sociale ormai incontenibile anche dalla censura mediatica». Di questo passo, aggiunge Conti, saremo proprio noi italiani a dover dichiarare default e, di conseguenza, a decretare la fine della partita euro, per tutti i partecipanti. Un epilogo «prematuro quanto inglorioso, con conseguenze tanto più gravi e dolorose per noi quanto più non saranno governate al fine di contenere i danni».

Exit strategy? Decisioni “rivoluzionarie”: impedire la fuga di capitali all’estero, salvaguardare ad ogni costo un reddito minimo di sopravvivenza per le fasce deboli ormai sempre più vaste, creare lavoro dignitoso per tutti, bloccare l’emorragia di ricchezza operata dagli speculatori finanziari a cui abbiamo “liberisticamente” spalancato le porte. «Il liberismo sfrenato che ha inaugurato l’era di questa Ue, con questa architettura monetaria, in pochi anni ha provocato tali devastazioni che ormai si presenta definitivamente come un lusso che non ci possiamo più permettere». Lasciar fare ai “mercati”? Significa precipitare verso la calamità estrema, il default disordinato, modello Argentina. Al contrario, serve «una rinnovata sovranità di popolo, anche monetaria», perché niente sarà come prima, e nessun aiuto potrà venire dai falsari del liberismo oligarchico, «impostoci dall’alto e accettato passivamente da una casta partitica ormai zombificata». Parafrasando Monti: possiamo ringraziare l’euro, perché coi suoi disastri ci insegna quello che non dobbiamo più fare. «Qualunque soluzione vera ai problemi scatenati dall’euro inizia col mandare a casa tutti i suoi paladini irriducibili, Monti in testa, seguito da Bersani: l’unione europea è cosa troppo importante per lasciare che venga distrutta da questi falsi profeti».

Articolo tratto da www.libreidee.org

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir