Taglio di stipendi, aumento delle tasse, aumento della disoccupazione. E si stupiscono che i consumi scendono

PoveroI quotidiani danno la notizia quasi con stupore. “I consumi delle famiglie sono ancora in calo, scesi al minimo dal 2004”.

Secondo quanto riporta l’Istat, nel 2013, la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.359 euro: il 2,5% in meno dell’anno precedente. 

Il 65% taglia sulla qualità del cibo, scende l’acquisto di carne. Operai e coppie con due figli i più colpiti dalla crisi. 

Crollo di abbigliamento e calzature: -8,9%.

A registrare il persistere della crisi anche i dati della Banca d’Italia: a maggio i prestiti bancari sono scesi del 3,2% (ad aprile era del 3,1%).

 In Trentino spese più alte, in Sicilia più basse.

Posso capire i politici che cercano di nascondere la realtà per evitare perdite di consenso. Ma come fanno a stupirsi (o a dare la notizia senza un minimo di commento) economisti, quotidiani e giornalisti economici di fronte a questo dato inconfutabile senza mettere in correlazione il fatto che restano sempre meno soldi nelle tasche degli italiani?

Quattro pensionati su 10 sotto i mille €…E la Corte dei Conti vorrebbe tra questi anche i dipendenti regionali

Anche in tema pensionistico economisti, quotidiani, giornalisti economici e commentatori vari non mettono in correlazione, in buona o in mala fede, dati e notizie che fornirebbero ai cittadini un’informazione più corretta e completa.

Ieri è stata riportata, come aumento dell’indice di povertà, la notizia secondo cui 4 pensionati su 10 riceverebbe un assegno mensile inferiore a 1000 €.

Di contro nessun quotidiano ha avuto nulla da obiettare o commentare quando la Corte dei Conti ha parlato di “privilegi” e di differenze nel calcolo della pensione dei dipendenti regionali, rispetto a quanto avviene a livello statale, auspicando una modifica legislativa che elimini questo “privilegio”.

A parte il fatto che, a mio avviso, la modifica del sistema di calcolo con effetto retroattivo ha evidenti profili di incostituzionalità, così facendo, la pensione della stragrande maggioranza dei dipendenti regionali scenderebbe abbondantemente sotto i 1000 €.

Rapporto della Ragioneria generale dello Stato. Pensioni sempre più magre

StipendiPensioni sempre più magre. Almeno per chi lascerà il lavoro da qui ai prossimi 25-30 anni.

È questa la sintesi delle indicazioni che emergono dall’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sulle tendenze del sistema previdenziale. Con una crescita del Pil annuale dell’1,5%, tra il 2030 e il 2040 si nota, in particolare per i dipendenti, il calo del tasso di sostituzione – vale a dire l’importo della pensione rispetto all’ultimo stipendio – dovuto al passaggio dal pensionamento di vecchiaia del regime misto a quello anticipato del regime contributivo: dopo un primo scalino sensibile rispetto alla situazione attuale che avverrà nel 2020, successivamente il primo assegno passerà dal 77 al 71% della retribuzione.