DECRETO PRESIDENZIALE 15 gennaio 2021. Aggiornamento, per l’anno 2021, del Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale (SMVP)

È stato pubblicato nel supplemento ordinario alla gazzetta ufficiale della Regione Siciliana n. 4 del 29 gennaio 2021 l’aggiornamento del “Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale (SMVP)” di cui all’articolo 7, comma 2, del D.P.Reg. n. 52/2012, apprezzato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 620 del 31 dicembre 2020, che costituisce parte integrante e sostanziale del presente decreto, adottato per l’anno 2021.


Vi suggerisco un’attenta lettura dell’intero documento soffermandovi sulle pagine 30 e 31 ai paragrafi “refluenza della performance organizzativa sulla premialità del comparto dirigenziale” e al successivo paragrafo “refluenza della performance organizzativa sulla premialità del comparto non dirigenziale”. Se raffrontate le tabelle 4/2 e 4/3 vi accorgerete che il parametro di mitigazione ad es. del funzionario direttivo (ovvero, in parole povere, la percentuale con cui il funzionario direttivo risponde in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi della struttura) è uguale a quello del dirigente generale. Il parametro di mitigazione dell’istruttore è, addirittura, superiore a quello del dirigente di area, servizio e UOB. Il comparto non dirigenziale, pertanto, è penalizzato per il mancato raggiungimento di obiettivi, assegnati ai dirigenti, che sono frutto di scelte politiche.

Vi suggerisco pure la lettura del verbale (link in basso) relativo al confronto sindacale sull’adozione del nuovo sistema di valutazione.

VERBALE DEL 30 NOVEMBRE 2020. CONFRONTO IN ORDINE ALLA PROPOSTA DI AGGIORNAMENTO DEL SISTEMA DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE

Bocciato dal Cobas Codir il sistema di misurazione e valutazione della performance. Presentata una proposta di modifica

Il Cobas/Codir contesta il nuovo “Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale”

Assenze del dipendente pubblico causa Covid 19: quali decurtazioni si applicano

Sono tanti i lavoratori pubblici a chiedersi cosa accada nel caso di assenza dovuta al contagio da Covid 19.

Ricordiamo che la normativa vigente è quella disciplinata dal decreto Brunetta.

Cosa prevede il Decreto Brunetta

L’Art. 71 del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (cosiddetto Decreto Brunetta) “Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioniprevede che Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza e’ corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio. Resta fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita.

Caso in cui un pubblico dipendente è in quarantena o contagiato dal Covid -19

Il riferimento normativo è l’art. 87 comma 1 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 26, comma 1-quinquies, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 convertito con modificazioni dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126 il quale stabilisce che “Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al COVID-19, e’ equiparato al periodo di ricovero ospedaliero e non e’ computabile ai fini del periodo di comporto.


Assenze del dipendente pubblico causa Covid 19: quali decurtazioni si applicano – AGGIORNAMENTO

È confermato. Al dipendente pubblico in quarantena (in malattia certificata) da COVID 19 non si applica la decurtazione per i primi 10 giorni di assenza

Trattenimento in Servizio Dipendenti Pubblici: alcuni chiarimenti

Il trattenimento in Servizio è un istituto riservato esclusivamente ai dipendenti pubblici, che per anni ha consentito agli stessi di rimanere in servizio anche dopo aver raggiunto il compimento dell’età pensionabile.

Già da qualche anno le cose sono cambiate e il trattenimento in servizio è possibile solo in alcuni casi.

Le leggi attualmente vigenti non prevedono più, a differenza del passato, la facoltà per i pubblici dipendenti di chiedere il trattenimento in servizio oltre il compimento dell’età pensionabile, cioè oltre i 67 anni.

Tuttavia in alcuni casi è possibile.

Ad esempio, nel caso in cui il dipendente non abbia maturato l’anzianità (minima) contributiva necessaria per il conseguimento della pensione di vecchiaia.

PA: firmato DM di proroga al 30 aprile del lavoro agile semplificato

Firmato dal Ministro per la pubblica amministrazione il decreto 20 gennaio 2021, che proroga al 30 aprile 2021 le modalità organizzative, i criteri e principi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile stabiliti dal decreto ministeriale 19 ottobre 2020, allineandone la validità alla durata dello stato d’emergenza.

Pa, smart working fino al 30 aprile

Nuovo rinvio della deroga che evita l’obbligo di accordo individuale in extremis, ma attesa, arriva la proroga fino al 30 aprile della disciplina semplificata per lo Smart Working nella Pubblica amministrazione. Un decreto di Funzione pubblica, in corso di registrazione, allinea infatti al calendario dello stato di emergenza le regole del Dm del 19 ottobre, inpratica: quella a distanza resta la «modalità ordinaria» per le prestazioni di lavoro nella Pubblica amministrazione, non ha bisogno dell’accordo individuale con il lavoratore interessato come previsto dall’articolo 19 dellalegge 81/2017, e i dirigenti devono continuare a gestire l’organizzazione in modo tale da assicurare lo Smart Working almeno al 50 percento del personale impiegato in attività che non richiedano necessariamente la presenza.

Il nuovo calendario dello Smart Working si intreccia con quello per il «Piano organizzativo del lavoro agile», il Pola che in ogni amministrazione dovrebbe costruire l’organizzazione mista, in presenza e a distanza, del futuro. Il termine per la presentazione del piano è stato prorogato al 31 marzo dal Milleproroghe, per offrire un po’ più di tempo alle amministrazioni che nella stragrande maggioranza non hanno ancora cominciato davvero ad affrontare la pratica.

Il lavoro agile emergenziale dura fino al 30 aprile 2021

Un articolo pubblicato sul quotidiano online “Money” dal titolo: “Dipendenti pubblici, caos smart working: dal 1° febbraio si torna in ufficio?” ha fatto nascere parecchi dubbi circa la prosecuzione del lavoro agile emergenziale in modalità semplificata dopo il 31 gennaio 2021.

Sono partito dall’ottimo articolo di Luigi Oliveri tratto dal suo blog (blOgLIVERI) e ho cercato di integrarlo con i riferimenti normativi e piccole integrazioni.

Per quanto ingarbugliata e sovrapposta la normativa è, comunque, chiara.

Come rileva Oliveri, le norme che fino ad oggi regolano il lavoro agile nella Pubblica Amministrazione sono il Decreto 23 dicembre 2020 del Ministro per la Pubblica Amministrazione e il d.l. 183/2020 (c.d. milleproroghe).

Il primo, fa slittare al 31 gennaio 2021 le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la pubblica amministrazione del 19 ottobre 2020 che prevedeva la possibilità di regolare il lavoro agile in modalità semplificata fino al 31 dicembre 2020 (non e’ richiesto l’accordo individuale di cui all’art. 19 della legge 22 maggio 2017, n. 81 recita testualmente il comma 2 dell’art. 1 del DM 19 ottobre 2020).

Il secondo (il d.l. 183/2020 c.d. milleproroghe), all’articolo 19, rubricato “Proroga dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”, al comma 1 dispone: “I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021, e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente”.

L’Allegato 1 del sopra citato d.l. 183/2020, al n. 32, indica tra le norme prorogate (fino alla cessazione dello stato di emergenza o al massimo fino al 31 marzo 2021) il comma 1 dell’articolo 263 del d.l. 34/2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

In buona sostanza, scrive Oliveri, la norma che ancora disciplina il lavoro agile emergenziale nella pubblica amministrazione è l’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020, convertito in legge 27/2020, che dispone: “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, sicché le Pubbliche Amministrazioni “prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”.

Resta il problema del disallineamento dei termini della nuova scadenza dello stato di emergenza, 30 aprile (DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13 gennaio 2021), con la proroga della disciplina del lavoro agile contenuta nell’articolo 263 del d.l. 34/2020, attualmente fissata al 31 marzo.

E il POLA?

Come rileva Oliveri il termine per approvare il POLA è rimasto il 31 gennaio 2021 ma il POLA non è obbligatorio.

L’art. 263 comma 4 bis del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020 prevede che le amministrazioni pubbliche, entro il 31 gennaio di ciascun anno (a partire dal 2021), redigono, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA), quale sezione del Piano della performance.

Il POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte da remoto, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.

Al fine di promuovere l’attuazione del lavoro agile, il POLA definisce le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.

In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applica almeno al 30 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano.

Pagamento emolumenti arretrati anno 2019

Preliminarmente si desidera apprezzare lo sforzo organizzativo espresso dalla S.V. e da tutto il personale del Dipartimento Funzione Pubblica per avere provveduto ad emanare tutti i decreti d’impegno adottabili per il pagamento del salario accessorio 2019 entro la data del 31 dicembre 2020.
Orbene, però siamo preoccupati che i provvedimenti finali possano subire un nuovo rallentamento dovuto alla paventata richiesta di pareri da parte degli uffici preposti per il tipo di tassazione da applicare sulla liquidazione degli importi. Al fine di evitare che possano allungarsi i tempi di erogazione delle somme dovute (specie in un momento di complessiva difficoltà economica), questa O.S. – nelle more dell’acquisizione di eventuali ulteriori pareri in caso di dubbi interpretativi – chiede che vengano immediatamente fatti i provvedimenti esecutivi di pagamento, salvo eventuale successivo conguaglio fiscale.
Si resta in attesa di un cortese riscontro e si porgono distinti saluti.

I Segretari Generali
Marcello Minio – Dario Matranga

Navigator per il reddito di cittadinanza: un fallimento da 180 milioni. di Milena Gabanelli e Rita Querzé

Interessante servizio di Milena Gabanelli e Rita Querzé che vi consiglio di leggere interamente.


All’Auditorium di Roma la cerimonia era stata organizzata in pompa magna: 2.978 navigator erano appena stati assunti dall’Anpal dopo aver superato un concorso organizzato in fretta e furia dal governo Lega-5 Stelle, a cui avevano partecipato in 19.600. Era il 31 luglio 2019.

I navigator dovevano trovare lavoro a chi incassa il reddito di cittadinanza.

Adesso invece sono loro a perdere il posto: i contratti scadono il prossimo 30 aprile. Chi li aiuterà a ricollocarsi?

Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha promesso il prolungamento dell’ingaggio per altri otto mesi, fino a fine anno. Un modo come un altro per rimandare il problema. La domanda è: i navigator (copyright Luigi Di Maio a Porta a porta il 5 dicembre 2018) servono al Paese e ai contribuenti che pagano il loro stipendio?……continua a leggere

Proposte di programma per il riassetto della Pubblica Amministrazione regionale e della gestione del personale del comparto non dirigenziale e della dirigenza

Al fine di sfatare atavici luoghi comuni legati a fantomatici lauti stipendi percepiti dalla platea dei dipendenti regionali a fronte di demagogici e ingiusti giudizi di mediocrità sui loro apporti lavorativi occorrerebbe focalizzare talune criticità che, inevitabilmente, queste sì, vanno a ripercuotersi realmente sul mondo del lavoro regionale causando malcontento, ingiustizie, sfruttamento e condizioni lavorative, a dir poco, inaccettabili.
Per tali motivazioni il Cobas‐Codir, Comitato Nazionale Lavoratori, sindacato apartitico fondato nel 2000 all’interno della Regione Siciliana e organizzazione più rappresentativa di tutti i lavoratori del Comparto, si vede costretta, suo malgrado, in mancanza della dovuta valorizzazione e tenuta in considerazione del personale interno, a opporsi a ogni forma di assunzione di esterni o stabilizzazione di precari con posizioni giuridiche afferenti il titolo di studio posseduto perché tutto ciò rappresenterebbe l’ennesima onta nei confronti di tutti i lavoratori regionali in servizio, siano essi del comparto e, per motivazioni diverse, anche della stessa dirigenza.
Prima, infatti, di procedere a, seppur necessarie, nuove assunzioni e/o stabilizzazioni occorrerà procedere, con estrema urgenza a un processo di riorganizzazione, riqualificazione e riclassificazione di tutto il personale regionale, sia per ottimizzare l’utilizzo delle risorse umane disponibili rinnovando la macchina amministrativa sia per evitare ogni ulteriore possibile mortificazione giuridica e dando risposte concrete alle legittime aspettative di carriera di ogni dipendente e accelerando sui processi motivazionali del personale tutto potendo così incrementare i processi di inclusione del personale nella necessaria innovazione e nella riorganizzazione della macchina amministrativa. Tale processo da noi rivendicato, fra l’altro, alla luce dell’accordo firmato con lo Stato diventa improcrastinabile, in quanto in mancanza di una pianificazione globale sulla riorganizzazione delle risorse umane interne la Regione siciliana, ci si potrebbe trovare in uno stato di default organizzativo per effetto dei pensionamenti che entro un quinquennio andranno a verificarsi sia nel comparto non dirigenziale che nella stessa dirigenza e che, ai sensi del citato accordo, non potrebbero rimpiazzarsi.
D’altra parte, come tutti sanno (a eccezione dell’opinione pubblica male informata), la quasi totalità dei lavoratori regionali non vengono utilizzati per le mansioni proprie della qualifica posseduta (molto spesso fra l’altro inadeguate alla reale macchina amministrativa) ma in compiti diversi, svolgendo mansioni superiori, consentendo il buon andamento dell’Amministrazione sia in termini di servizi erogati ai cittadini sia in termini di procedimenti amministrativi portati avanti.
Tutto ciò, in una moderna Pubblica Amministrazione, è semplicemente inaudito anche perché questo status quo favorisce anche l’assegnazione di compiti lavorativi senza ordini di servizio scritti, con i dipendenti di turno diventati “invisibili” e con risultati del proprio lavoro non riconosciuti, quando non attribuiti al merito di altri. Tale situazione rende, inoltre, il Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance una fiction che rischia di vanificare la finalità che si prefigge, senza contare il fatto che tale distorsione continua a favorire così facili allusioni che possono culminare anche con la recente infelice, quanto gratuita, esternazione del Presidente della Regione sui cosiddetti “grattapancia”.
Occorre, quindi, necessariamente adeguare la classificazione del personale a nuovi assetti organizzativi derivanti da una radicale riforma della Pubblica Amministrazione Regionale, degli Enti di cui all’articolo 1 della Legge Regionale 10/2000 e delle Società Partecipate che applicano il CCRL della Regione Siciliana, individuando un nuovo sistema di classificazione del personale che promuova professionalità, valorizzi i titoli di studio posseduti esistenti nel comparto non dirigenziale e tenda a sopperire, almeno in parte, ai vuoti d’organico; consentendo, da subito, anche l’indizione di appositi concorsi interni (ai sensi della Legge Madia e successive modificazioni), sia per il comparto che per la dirigenza. Alla conclusione di tali procedure riservate al personale di ruolo, si potrebbe così provvedere anche alla stabilizzazione di personale che, a qualsiasi titolo, presta la propria prestazione lavorativa all’interno degli uffici regionali, nonché ai necessari concorsi pubblici.
Questo documento programmatico nasce anche dalla constatazione delle necessità lavorative che hanno portato al cambiamento del lavoro dipendente nel settore pubblico a seguito dei processi di automazione, informatizzazione, dematerializzazione dei procedimenti amministrativi e globalizzazione delle produzioni e vuole essere di contrasto, senza presunzione alcuna, al continuo attacco mediatico al lavoro pubblico additato e/o rappresentato come ostile o di ostacolo al mondo produttivo e ai cittadini.
La scrivente O.S., già da qualche anno, ha presentato alla classe politica siciliana proposte tendenti a valorizzare il ruolo della P.A. siciliana, indicando proprio nei processi di riclassificazione, formazione e riqualificazione di tutto il personale del comparto non dirigenziale e dirigenziale la chiave di volta per un nuovo modello di riclassificazione e di profili professionali più adeguati alla realtà che, definiti i processi di pensionamento di cui agli artt. 51 e 52 della l.r. 9/2015, a partire dal 1 gennaio 2021 dovrebbe consentire un ridimensionamento degli organici sia nella dirigenza e sia nel comparto, favorendo finalmente un naturale ricambio generazionale ed evoluzione nelle nuove aree professionali.
Prima di elencare i punti essenziali ritenuti indifferibili per il suddetto rilancio della Pubblica Amministrazione regionale, occorre anche porre l’accento sullo stato in cui versano tutti gli uffici regionali, siano essi sedi centrali o uffici periferici: a volte fatiscenti, non a norma, spesso con ascensori funzionanti a singhiozzo, privi di servizi igienici a norma (quando non manca anche la carta igienica), senza cancelleria e senza carta per fotocopie (spessissimo i dipendenti ricorrono al sistema delle collette per acquistare prodotti per la pulizia o cancelleria) e dotati di un sistema costosissimo ma arretratissimo di hardware, di software e di rete informatica. In questa situazione, facilmente documentabile e spesso denunciata alle Autorità sanitarie e alla stampa dal Cobas‐Codir, appare assolutamente insufficiente la recente fornitura di nuove divise per alcune fasce di personale o la realizzazione degli abbellimenti davanti Palazzo d’Orléans quasi come se si volesse fornire all’opinione pubblica un nuovo maquillage degli uffici regionali nascondendo, però, la polvere sotto il tappeto.
E che dire, in ultimo, di gran parte della dirigenza e della dirigenza generale? L’una, dopo vent’anni, mantenuta ingiustificatamente in una terza fascia che nasceva come transitoria ma che, ancora oggi, non risponde alle aspettative di tutti e rappresenta, di fatto, un “tappo” per uno sbocco di progressione dei funzionari direttivi e l’altra, spesso, frutto di aderenze politiche anziché di curricula adeguati ai ruoli da rivestire mortificando tantissimi dirigenti regionali che, pur possedendo qualità indiscusse, spesso vengono scavalcati da nomine di esterni all’Amministrazione senza alcuna procedura a evidenza pubblica.
Di seguito, anche nell’auspicio di potere contribuire all’apertura di un dialogo costruttivo che, in tempi celeri, possa dare risposte compiute alle svariate criticità (sommariamente e in parte su esposte), si riportano (senza un ordine di priorità) sinteticamente i seguenti punti programmatici:
1) Riforma del personale dell’Amministrazione regionale siciliana: riclassificazione e riqualificazione del personale, con stanziamento risorse necessarie come fatto dallo Stato, che consenta l’ottimizzazione delle risorse interne con un serio processo di riqualificazione, abolendo figure professionali obsolete e inutili attraverso apposita norma di prima applicazione che consenta l’immediato cambiamento;
2) Disciplina e regolamentazione dello smart working;
3) Censimento e contestuali interventi per adeguamento di sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro;
4) Emanazione direttive e stanziamento risorse per il rinnovo del contratto giuridico ed economico, triennio 2019/2021, del comparto non dirigenziale e della dirigenza;
5) Via libera per la dirigenza al contratto giuridico ed economico triennio 2016/2018, apprezzato dalla Giunta di Governo ma, a tutt’oggi, ingiustificatamente bloccato presso l’Aran Sicilia;
6) Riorganizzazione di tutto l’apparato amministrativo, con l’immediata individuazione dei “profili professionali” e “carichi di lavoro” (fino a oggi mancanti) per tutte le categorie e la contestuale assegnazione di incarichi corrispondenti alle categorie di appartenenza al fine anche di rendere più puntuale e meno discrezionale la valutazione dettata dal SMVP;
7) Implementazione del Fondo Ford attraverso l’utilizzazione e il conferimento di tutti i risparmi di spesa utili alla remunerazione dei trattamenti economici accessori legati alla performance e alle condizioni di lavoro ovvero degli istituti di welfare integrativo, nonché delle nuove indennità in termini qualitativi (in sostituzione ad esempio, di quella di disagio soppressa) e quantitativi (CCRL, all’art. 90 comma 2 lettera a);
8) Direttiva per applicazione in via amministrativa di quota 100 in materia pensionistica il cui recepimento è automatico ai sensi dell’art. 20 della legge regionale 21/03;
9) Riconoscimento diritto ai fini pensionistici dei contributi figurativi (anni 1995/2005) al personale precario in servizio alla Regione Siciliana e presso gli Enti non economici e successivamente stabilizzato;
10) Riserva di legge al personale interno dei posti banditi (post riclassificazione) sia per il comparto che per la dirigenza. Concorsi interni riservati esclusivamente al personale interno ai sensi dell’art.22, co. 15 del D.lgs. 25 maggio 2017, n.75 e s.m.i. in analogia a ciò che avviene presso le altre pubbliche amministrazioni (per esempio: Concorso Polizia di Stato, bando per 1141 vice ispettori riservato solo agli interni);
11) Rafforzamento degli organici di uffici nevralgici (Es. Fondo Pensioni, Dighe);
12) Equiparazione personale in regime di TFR (assunto dal 1° gennaio 2001) al personale in regime di buonuscita ai fini dell’anticipazione per acquisto prima casa e spese sanitarie; intervento affinchè il Fondo Pensioni gestisca il TFR del personale ex EAS utilizzando i fondi già disponibili al Bilancio;
13) Direttiva per sollecitare l’interpretazione autentica della norma contrattuale che prevede l’erogazione del salario accessorio al personale regionale in assegnazione temporanea presso gli uffici giudiziari;
14) Esclusione del ricorso a dirigenti esterni all’Amministrazione sia per la prima, che le seconda e terza fascia nonché per gli uffici di diretta collaborazione;
15) Eliminare la contrattualizzazione differenziata della dirigenza per fasce economiche (a parità di incarico) unificando il livello retributivo contrattualizzato con la posizione assegnata;
16) Assegnazione, in fase di programmazione del ciclo della performance, di incarichi e azioni al personale del comparto non dirigenziale che siano frutto di un confronto con la creazione di dinamiche appropriate per cui tutti i lavoratori vengano resi partecipi – almeno periodicamente – del processo produttivo, attraverso la pianificazione e la sintesi del lavoro prodotto;
17) Omogeneizzazione del Piano annuale di misurazione della Performance con le indicazioni contenute nelle “Linee guida per la misurazione e valutazione della performance individuale” n. 5/19 della Presidenza del Consiglio dei Ministri ‐ Dipartimento della Funzione Pubblica, in quanto, diversamente a quanto avviene oggi all’interno dell’Amministrazione regionale, gli obiettivi possono essere assegnati solo alla dirigenza o a titolari di posizioni organizzative, a cui spetta un’indennità per il raggiungimento di suddetti obiettivi. Per il personale del comparto si parla di azioni o di semplice apporto agli obiettivi della struttura. In ogni caso le “azioni” che il personale del comparto deve svolgere, devono essere assegnate, in fase di programmazione, con provvedimento scritto e motivato da parte del dirigente;
18) Direttiva su riassetto e riorganizzazione Aran Sicilia e contestuale rimodulazione relazioni sindacali.

Con l’auspicio di un cortese e gradito riscontro si porgono cordiali saluti.
f.to in originale
I Segretari Generali
Marcello Minio – Dario Matranga

Alla Pa serve selezione, non infornate di giovani

da NTPlus articolo integrale di Francesco Verbaro
Il reclutamento è importante per un’azienda ma non per il settore pubblico. Purtroppo. La politica ha sempre avuto un approccio clientelare verso le assunzioni nella Pa, mentre la dirigenza se ne è disinteressata per quieto vivere. Ma negli ultimi tempi è emersa un’attenzione sul reclutamento della Pa che non va sprecata.

Negli ultimi anni la Pa ha reclutato male, sia per il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato sia per la scarsa sensibilità sul tema. Nel frattempo ha utilizzato vecchie graduatorie, i lavoratori a termine che poi è stata costretta a stabilizzare, o ha fatto ricorso a leggi speciali, con scarsa attenzione ai profili e alle competenze.

……..

Gli obiettivi che abbiamo davanti dovrebbero far capire che abbiamo bisogno di culture nuove e di competenze trasversali, che il mercato del lavoro italiano offre. È sbagliato dire, soprattutto in questo momento, che occorrono tanti giovani laureati: 300 o 500mila. Numeri ingiustificabili, se teniamo conto dei processi di riorganizzazione e digitalizzazione. I giovani laureati sovente non hanno esperienza lavorativa, e sono quindi deboli nelle competenze di settore e ancor più in quelle trasversali, che si formano innanzitutto con l’esperienza. La Pa non è in grado di prevedere percorsi di formazione, con tirocini, tutor e formatori interni ed esperienze sul campo. Nè tanto meno è in grado di utilizzare il periodo di prova. Il corso concorso o il contratto di formazione lavoro, oggi marginali, potrebbero essere degli strumenti validi, se aggiornati, per assicurare un capitale umano qualificato. Inoltre, dato il profilo strategico del reclutamento, sarebbe il caso, come fanno oggi le grandi imprese, di investire in academy, nelle collaborazioni con le università o negli Its. In quest’ottica si colloca la disposizione della legge di bilancio che finanzia cento borse di studio per «promuovere e orientare le scelte professionali dei giovani verso il lavoro pubblico».

Per migliorare il reclutamento la Pa dovrebbe raccogliere più informazioni attraverso i bandi di concorso sul mercato del lavoro di riferimento e su quello potenziale, per capire chi è interessato a lavorare per la Pa: se ha mai lavorato, quali lavori ha svolto e per quanto tempo, le attitudini, se è disoccupato o neet e da quando. Nemmeno informazioni come l’età, il genere e i titoli di studio o la provenienza vengono oggi esaminate. Tutte informazioni basilari per mirare e migliorare quindi le procedure di reclutamento.

Usare la PA per assumere i giovani disoccupati pregiudicherebbe il buon funzionamento dell’amministrazione e i destini della nostra Next generation.