Il mito della “meritocrazia” che produce il suo opposto

Il mito della meritocrazia assurto come principio ordinatore di una società giusta, è, in realtà, nient’altro che la legittimazione morale della diseguaglianza.

Cosa intendiamo esattamente per merito? Aver superato il concorso? Aver preso la laurea? Essere diventato notaio, chirurgo, deputato? Essere ricco, di successo e bello? Ecco, giudicare il merito sulla base dei risultati è chiaramente una scorciatoia. Un bel principio applicato decisamente male. E, si sa, in questi casi i costi sono sempre maggiori dei benefici. Perché, se applichiamo acriticamente la retorica della meritocrazia che ci porta a pensare che dobbiamo premiare, socialmente, economicamente, politicamente, chi ce l’ha fatta, il passo successivo è l’equivalenza per la quale premiare chi ce la fa implica punire chi, invece, non ce la fa. Se manchi la promessa di Obama secondo cui «chi ci prova ce la fa» e tu non ce la fai, allora vuol dire che, in fondo, non ci ha provato abbastanza e la colpa del fallimento è solo tua. Eppure, è come se questo schema iniziasse a mostrare i primi segni di malfunzionamento.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

Una risposta a “Il mito della “meritocrazia” che produce il suo opposto”

  1. la meritocrazia dovrebbe essere valutata dall’utenza ( Cittadino, amministrazione locali, enti fruitori servizi ecc…..) Il dirigente è troppo condizionato da innumerevoli fattori( compreso il bacetto la mattina per il saluto).
    Si dovrebbe adottare il metodo delle recenzioni, come fanno tanti enti privati , banche ecc……
    E’ L’utente il vero conoscitore dei servizi prestati, professionalita’ e cortesia di ogni dipendente con il quale tratta le sue istanze. Per coloro che non sono al contatto diretto con l’utenza si valuti con giudizio del Dirigente.

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