Finanziaria: impugnativa per la proroga dei contratti ai precari?

Da tre giorni si è conclusa la maratona di Sala d’Ercole su Bilancio e Finanziaria e mai come oggi aleggia un clima di grande incertezza. Dietro le dichiarazioni ‘tranqulllizzanti’ dell’assessore all’Economia, Luca Bianchi, che si dice certo di aver messo a posto i conti della Regione, si nasconde una grande paura.
Perché i conti della Regione non sono affatto a posto. Semmai è vero l’esatto contrario: sono tutti fuori posto. Il presidente Rosario Crocetta e l’assessore Bianchi sanno che la manovra non potrà essere impugnata non perché rispetta la Costituzione, ma perché l’Italia non può permettersi il fallimento della Regione siciliana. Perché l’eventuale default della Sicilia – che è già nei numeri dello scalcagnato Bilancio 2014 appena approvato dall’Ars – autorizzerebbe le società di rating a massacrare l’Italia….continua a leggere

LA MANCATA ASSUNZIONE DEI 250MILA PRECARI COSTA ALLO STATO 700 MILIONI DI EURO L’ANNO

Società(11/01/2014) – Si parla tanto di spending review e di spesa pubblica eccessiva. Per questo il Governo starebbe preparando altri tagli. Ma farebbe bene a guardare anche agli sprechi. Come quello che da un paio di anni le amministrazioni statali attuano per mantenere in vita il proprio “esercito” di 250mila dipendenti precari. Secondo l’ufficio studi dell’Anief, la loro assunzione in ruolo permetterebbe un risparmio annuo immediato di almeno 750 milioni di euro l’anno: basterebbe che lo Stato italiano decidesse finalmente di assumerli a tempo indeterminato, mettendo così anche la parola fine alle procedure di infrazione attivate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per l’abuso di contratti a tempo determinato.L’esborso si deve a una normativa relativamente recente, contenuta nella Legge 92 del 2012, che solo per il personale non di ruolo prevede un versamento ulteriore all’Inps, in proporzione allo stipendio, come conseguenza di due nuove indennità (ASpI e mini-ASpI) finalizzate a finanziare un “tesoretto” utile a indennizzare i lavoratori subordinati che, loro malgrado, dovessero rimanere disoccupati: in media, per il personale della scuola si tratta di circa 2.500 euro l’anno che lo Stato deve pagare in più. Una sorta di tassa sulla precarietà, che lo stesso “datore di lavoro” ha deciso di non estirpare. Ora, essendo diventati oltre 140mila i supplenti annuali della scuola, con contratto sino al 30 giugno o al 31 agosto (dati Ragioneria dello Stato, attraverso il Conto annuale, pubblicati appena qualche giorno fa), il salasso che lo Stato è chiamato a pagare ogni anno per loro è di ben 350mila euro.“Ma negli altri comparti della pubblica amministrazione – sottolinea Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -ci sono altri 110mila precari con almeno tre anni di servizio svolto: 30mila nella sanità e quasi 80mila tra ministeri vari, enti locali e regioni.Considerando che gli stipendi medi della scuola sono inferiori a quelli percepiti negli altri apparati pubblici, vanno considerati come inutilmente spesi almeno altri 350 milioni di euro l’anno. Sempre per la doppia indennità, AspI e mini-AspI, riservata a dipendenti non di ruolo. Viene da chiedersi – incalza il sindacalista – quale vantaggio può avere il nostro Stato nel continuare a mantenere una posizione sbagliata sull’assunzione definitiva dei 250mila precari dell’amministrazione pubblica”.

Va ricordato, inoltre, che all’inutile esborso di 700 milioni di euro annui va aggiunto il rimborso economico che il Paese potrebbe essere chiamato a saldare per l’abuso di ricorso al precariato. Tanto è vero che, oltre alle procedure di infrazione avviate ormai da tempo, il 12 dicembre scorso la Corte di Giustizia Europea con due provvedimenti coordinati ha bocciato senza appello la legislazione italiana in materia di negazione delle tutele effettive contro gli abusi nell’utilizzazione dei contratti a tempo determinato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni. Con le ordinanze Carratù e Papalia ha indicato allo Stato italiano la necessità impellente di rivedere le norme e la prassi in materia.

Ma i rilievi della Commissione Ue sul tema sono continui. Pochi giorni prima, a novembre, Bruxelles aveva ricordato al governo italiano che tanti suoi dipendenti continuano ad essere “impiegati con contratti a termine ma ‘continuativi’, per molti anni”, lasciati “in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri”. E questa situazione “è contraria alla direttiva sul lavoro a tempo determinato”. Senza dimenticare che con l’ordinanza n. 207/13, la Corte Costituzionale ha rinviato alla stessa Corte di Giustizia europea la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria, sempre sulla reiterazione dei contratti a termine e sul mancato risarcimento del danno per docenti e Ata precari della scuola con almeno 36 mesi di servizio.

“Se la Corte di Giustizia di Lussemburgo dovesse condannare l’Italia – ricorda Pacifico – per le casse statali sarebbero guai ancora più seri: la Corte, infatti, potrebbe condannare il nostro Paese a pagare fino a 8 milioni di euro per ogni singolo caso esaminato. In tal caso sarebbe ancora più evidente che sui contratti a termine la pubblica amministrazione italiana è il primo ‘attore’ che tradisce la normativa comunitaria in materia. Non a caso i pubblici dipendenti di ruolo sono scesi in pochi anni da 3 milioni e mezzo a poco più di 3 milioni. Peccato che non si servito a nulla, visto che l’indebitamento statale nello stesso periodo si è alzato di 10 punti”

Fonte: http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=76799&ampidSezione=1

Finanziaria. Precari: via libera alla proroga triennale. Accantonato, per il momento, l’articolo 34 sulla stabilizzazione dei dipendenti Italter e Sirap

Ieri l’Ars ha approvato gli articoli fino al 35 sui 46 totali.

Approvate le norme per garantire le proroghe dei contratti dei precari siciliani. Enti locali, Regione, Pip, Asu, il “pacchetto” è passato quasi interamente senza troppe polemiche.

Restano fuori, per il momento, solo i lavoratori Italtel e Sirap, oltre agli “Spo”. Nasce quindi l’albo unico, garantite le proroghe triennali, i rinnovi costeranno circa 330 milioni solo per quest’anno. Quasi un miliardo nel triennio.

ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione) 12 dicembre 2013 – Comune Aosta

ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
12 dicembre 2013 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE– Clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato – Settore pubblico – Successione di contratti – Abuso – Risarcimento del danno – Condizioni per il risarcimento in caso di apposizione illegale di un termine al contratto di lavoro – Principi di equivalenza ed effettività»

Nella causa C‑50/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Aosta (Italia), con decisione del 3 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria il 30 gennaio 2013, nel procedimento
Rocco Papalia
contro
Comune di Aosta,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta da C. G. Fernlund, presidente di sezione, A. Ó Caoimh (relatore) e C. Toader, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,
ha emesso la seguente
Ordinanza

(altro…)

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione) 12 dicembre 2013

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

12 dicembre 2013 (*)
«Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato – Principio di non discriminazione – Nozione di “condizioni di lavoro” – Normativa nazionale che prevede un regime di risarcimento del danno in caso di illecita apposizione di un termine al contratto di lavoro diverso da quello applicabile all’illecita interruzione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato»
Nella causa C‑361/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Napoli (Italia), con decisione del 13 giugno 2012, pervenuta in cancelleria il 31 luglio 2012, nel procedimento
Carmela Carratù
contro
Poste Italiane SpA,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C.G. Fernlund, A. Ó Caoimh, C. Toader (relatore) e E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: N. Wahl
cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 giugno 2013,
considerate le osservazioni presentate:
–        per C. Carratù, da A. Cinquegrana e V. De Michele, avvocati;
–        per Poste Italiane SpA, da R. Pessi, A. Maresca, L. Fiorillo e G. Proia, avvocati;
–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Gerardis, avvocato dello Stato;
–        per il governo polacco, da B. Majczyna e M. Szpunar, in qualità di agenti;
–        per la Commissione europea, da C. Cattabriga e M. van Beek, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 settembre 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza

LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA RITIENE ILLEGITTIMA LA NORMATIVA ITALIANA SUI PRECARI

(05/01/2014) – E’ ancora emergenza precariato: il Governo deve trovare le risorse per sbloccare il turn-over e procedere a un massiccio piano di immissioni in ruolo nella pubblica amministrazione a partire proprio dalla scuola. I 67.000 posti previsti dall’ultima legge che ha convertito il decreto legge n. 104/13 per il prossimo triennio non coprono neanche i pensionamenti mentre altri 138.000 sono stati assunti a tempo determinato quest’anno per far funzionare le scuole.L’Italia non rispetta le norme comunitarie sui dipendenti pubblici a tempo determinato. E deve prepararsi ad assumere i 250mila precari con contratti a termine che operano nella pubblica amministrazione – stima fornita di recente dallo stesso ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione, Gianpiero D’Alia, nel corso di un’audizione alla Camera – , di cui circa 133 mila nella scuola, 30 mila nella sanità e 70-80 mila tra Regioni ed Enti locali: a confermarlo è la Corte di Giustizia Europea, che con due provvedimenti coordinati, del 12 dicembre scorso, ha bocciato senza appello la legislazione italiana in materia di negazione delle tutele effettive contro gli abusi nell’utilizzazione dei contratti a tempo determinato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni.

Si tratta di due sentenze che indicano chiaramente allo Stato italiano la necessità impellente di rivedere le norme e la prassi in materia.

Con la prima ordinanza, la “Carratù”, la Corte di Lussemburgo ha bocciato la sanzione introdotta dall’art.32, comma 5, della legge n. 183/2010 con effetti retroattivi sui processi in corso di Poste italiane: confermando la tesi del Tribunale di Napoli, la Corte dell’UE sostiene che Poste è Stato e non un’impresa privata. E che allo Stato si applica soltanto il decreto legislativo n.368 del 2001 e non le norme successive approvate “abilmente” dal legislatore italiano per aggirare la sua adozione.

Allo stesso modo, con la seconda ordinanza, la “Papalia”, la Corte Europea si è espressa sulla questione sollevata dal Tribunale di Aosta di compatibilità comunitaria dell’art. 36, comma 5, D.Lgs. n.165/2001, norma dichiarata in palese contrasto con la direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato: per i giudici europei, dunque, il decreto italiano n.165/2001 rende estremamente difficile o addirittura impossibile al lavoratore la prova del risarcimento del danno senza costituzione del rapporto. Di conseguenza non è misura idonea a prevenire gli abusi nella successione dei contratti a termine nel pubblico impiego.

“La sentenza ‘Papalia’ riguarda il Comune di Aosta, ma puo’ per analogia essere sicuramente estesa a tutto il territorio nazionale – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – semplicemente perché il caso esaminato è equiparabile a quello dei 250 mila dipendenti ‘storici’ della pubblica amministrazione che hanno già svolto almeno 36 mesi di servizio. Ad iniziare dalla scuola, dove soltanto per l’ordnario funzionamento per quest’anno sono stati assunti a tempo determinato almeno 137 mila supplenti”.

Il sindacalista Anief-Confedir, inoltre, ricorda che “nella scorsa estate il Governo italiano, proprio per rispondere alle pressioni dell’UE sulla necessità di interrompere l’abuso di utilizzo del precariato nella PA, dopo aver vietato la stabilizzazione dei precari della scuola e della sanità per legge – tanto da essere nuovamente chiamato in giudizio alla corte europea di Lussemburgo – ha dato la possibilità alle amministrazioni pubbliche di bandire concorsi con riserva di posti (massimo il 50%) per chi, alla data di pubblicazione del bando, abbia maturato almeno tre anni di contratti a termine negli ultimi dieci anni. Ma si tratta di un tentativo del tutto inutile di sfuggire alle perentorie regole comunitarie, perché è destinato ad infrangersi di fronte alle espressioni dei tribunali di giustizia. I quali stanno ripetutamente confermando che le ragioni finanziarie non possono essere assunte come giustificazioni per aggirare le norme sovranazionali”.

“Quei concorsi riservati, indetti dal Governo, non hanno alcun senso: semplicemente perché – continua Pacifico – i lavoratori precari ‘storici’ non debbono essere più sottoposti ad alcuna nuova selezione. Hanno i titoli per essere assunti nei ruoli dello Stato. Quello stesso Stato che non può utilizzarli a suo piacimento, quando ne ha bisogno, licenziarli e poi richiamarli per un numero imprecisato di volte”.

Urge una riforma complessiva del mercato del lavoro e del sistema previdenziale che deve essere espressione di riflessione attenta del Parlamento a partire proprio dalle norme comunitarie come impone l’art. 117 della Costituzione. La proroga dei contratti o i concorsi riservati pensati ultimamente non bastano perchè l’Italia è l’unico Stato che ha utilizzato sistematicamente come modello organizzativo per esigenze di risparmio di cassa l’assunzione a tempo determinato dei suoi dipendenti in maniera prolungata. Nella sola scuola per non pagare le mensilità estive e gli scatti di anzianità, per vent’anni, il 15% dell’organico è stato utilizzato come supplente. E ora risulta necessario sbloccare il turn-over per liberare i posti ed evitare sanzioni dalla Commissione UE e dai tribunali di giustizia europei e nazionali, ma senza bloccare gli stipendi per dieci anni come si è fatto ancora nella scuola dal 2011 perchè sarebbe un’altra violazione della norma comunitaria facilmente rinvenibile dai giudici.

A tal proposito, va ricordato che la scorsa estate, con ordinanza n. 207/13, la Corte Costituzionale ha rinviato alla Corte di Giustizia Europea la questione sulla compatibilità della normativa italiana (avallata con la Legge 106/2011) proprio rispetto alla direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per docenti, amministrativi, tecnici ed ausiliari precari della scuola con almeno tre anni di supplenze alle spalle.

Ora, secondo l’avvocato Vincenzo De Michele che insieme agli avvocati Sergio Galleano, Fabio Ganci e Walter Miceli ha seguito per Anief il contenzioso sul precariato scolastico nei giudizi in Corte costituzionale e che ha partecipato alla discussione della causa Carratù in Corte di giustizia all’udienza del 5 giugno 2013, “le due importantissime decisioni della Corte Europea prendono atto della ormai certificata incapacità del legislatore nazionale di regolamentare la disciplina delle tutele contro i ripetuti abusi commessi dallo Stato e dalle imprese pubbliche statali sui contratti flessibili anche con norme retroattive”.

“La sentenza Carratù e l’ordinanza Papalia – continua l’avvocato De Michele – rendono sicuramente effettiva la riqualificazione in contratti a tempo indeterminato di tutti i rapporti a termine successivi con lo stesso datore di lavoro pubblico dopo trentasei mesi anche non continuativi di servizio precario, come previsto dall’art.5, comma 4-bis, dello stesso decreto 368. Una espressione inequivocabile che – conclude il legale – dovrà essere applicata immediatamente in particolare nei settori della scuola, della sanità e della ricerca, disapplicando le norme che impediscono la tutela effettiva”.

Fonte: http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=76681&ampidSezione=1#

250 mila precari del pubblico impiego da stabilizzare. Ce lo impone l’Europa!!

Il quadro normativo del pubblico impiego si complica ulteriormente a causa della recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla legislazione italiana in materia di precariato pubblico.

Sotto accusa l’abuso di contratti a tempo determinato.

È l’Anief, associazione sindacale che si occupa dei tanti ricorsi avanzati dai precari in Europa, ad evidenziare come due diversi provvedimenti emessi dalla Corte di Giustizia Europea il 12 dicembre scorso mettano già con le spalle al muro il governo. I giudici di Lussemburgo bocciano la legislazione italiana sull’abuso di contratti flessibili nella Pubblica amministrazione.

Secondo una stima sarebbero duecentocinquantamila i precari del pubblico impiego da stabilizzare obbligatoriamente ed urgentemente, con un macigno di spesa pari a circa 8,5 miliardi.

Secondo la Corte di giustizia la normativa italiana che disciplina il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in particolare l’articolo 36, comma 5, del d.lgs 165/2001, vìola la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. Essa, infatti, vieta la successione indiscriminata di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, considerandoli come eccezione alla regola generale, che impone ai datori di lavoro, anche pubblici, di assumere a tempo indeterminato. E’ possibile apporre il termine ai contratti solo in presenza di ragioni obiettive, che vanno evidenziate anche per giustificare il rinnovo; le legislazioni nazionali, inoltre debbono specificare la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi ed il numero massimo dei rinnovi.

Precari Pa, la Corte Ue censura le - La legislazione italiana sui contratti - Il Sole 24 ORE

Precari Pa, la Corte Ue censura le - La legislazione italiana sui contratti - Il Sole 24 ORE pag. 2

Il TAR di Palermo annulla concorso interamente riservato per stabilizzazione dei precari accogliendo il ricorso di disoccupati e dipendenti

Sentenza Tar annullamento avviso di selezione pubblica 44 posti Comune Caltanissetta N. 00527_2013 REG.RICCon sentenza n. 02361/2013 pubblicata il 4 dicembre 2013 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), si è pronunciato definitivamente sul ricorso con il numero di registro generale 527 del 2013 contro il Comune di Caltanissetta per l’annullamento dell’avviso di selezione pubblica, per soli titoli, per la copertura di complessivi 44 posti, pubblicato sulla G.U.R.S. 28/12/2012, n. 21.

La vicenda è quella relativa al concorso bandito dal comune di Caltanissetta per stabilizzare i precari.

Il bando prevedeva l’assegnazione di un punteggio ai precari da stabilizzare pari a 1,40 per ogni mese di lavoro svolto, tanto da vanificare in pratica e precludere, tanto ai disoccupati quanto agli altri dipendenti del Comune, la possibilità di partecipare al concorso, perché si sarebbero trovati la strada sbarrata dalla somma dei punti assegnati per ogni mesi di lavoro svolto dai precari.

Il TAR, in sostanza, ha ritenuto sussistente l’interesse dei ricorrenti “esterni” aspiranti alle qualifiche poste a selezione, all’annullamento dell’intera procedura e alla conseguente futura indizione di un concorso pubblico al quale potere prendere parte.

Per i dipendenti di ruolo del Comune di Caltanissetta, invece, che aspiravano progressione verticale alla categoria “C” e “D”, il ricorso è stato dichiarato inammissibile non perché i dipendenti non fossero legittimati ad agire, ma perché non hanno dimostrato di avere il titolo di studio per l’accesso alla categoria “C”, ossia il diploma d’istruzione superiore e per la categoria “D” il possesso del diploma di laurea.

Secondo il TAR, pertanto, il ricorso va accolto e per l’effetto vanno annullati l’avviso di selezione pubblica, per soli titoli, per la copertura di complessivi 44 posti, pubblicato sulla G.U.R.S. 28/12/2012, n. 21, nonché gli altri atti presupposti impugnati nella parte in cui prevedono la possibilità dell’indizione di un concorso interno interamente riservato al personale destinatario del regime transitorio dei lavori socialmente utili di cui al fondo unico del precariato istituito dall’articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, nonché quelli conseguenziali impugnati.

Stabilizzazione dei precari. Inevitabile lo scontro con i dipendenti di ruolo

Giusto stabilizzare i precari evitando di far pagare loro le nefandezze della politica ma i politici e certi sindacati se ne infischiano dei dipendenti di ruolo e del riconoscimento delle loro professionalità e titoli di studio.

Con le carriere e i concorsi bloccati, i dipendenti di ruolo rischiano, infatti, di essere assunti e pensionati con la stessa qualifica e, per di più, di essere scavalcati dai precari, causando malcontento e demotivazione.

Quanto accaduto al comune di Caltanissetta, dove un gruppo di dipendenti comunali ha fatto ricorso al Tar contro le procedure di stabilizzazione, vedendo preclusa l’opportunità di una progressione di carriera, potrebbe essere solo un assaggio.

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