Statali in piazza per il contratto. No alla mancia di 5 euro al mese

Statali no mance
Repubblica del 29 novembre 2015. Per scaricare l’articolo clicca sopra l’immagine

Statali in piazza per dire «no» all’elemosina del governo Renzi che ha stanziato per gli aumenti contrattuali solo 300 milioni di euro. Tradotto in cifre sono circa 5 euro al mese. Così ieri i dipendenti hanno manifestato a Roma per chiedere il contratto subito e per rifiutare mance che umiliano i lavoratori.

Un’Agenzia statale assumerà i 22 mila precari per poi trasferirli dove c’è bisogno

Un'agenzia di lavoro per i 22 precari
Repubblica del 29 novembre 2015. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars clicca sopra l’immagine

Con un emendamento inserito nella finanziaria nazionale il personale precario, cioè i 18 mila impiegati negli enti locali, i 4 mila Isu sempre dei Comuni e i 600 della Regione siciliana diventeranno dipendenti dell’Agenzia e potranno essere trasferiti nei vari rami delle amministrazioni, nei musei, negli enti controllati della Regione o in altri Comuni rispetto a quello sede di lavoro attuale.

«Il rifiuto immotivato» dell’eventuale trasferimento «costituisce giusta causa di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con l’Agenzia».

Cgil, Cisl e Uil annunciano una serie di manifestazioni per rivendicare stipendi arretrati e stabilizzazioni di 22 mila lavoratori

Regione al verde. Precari in piazza
Giornale di Sicilia del 29 novembre 2015. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars clicca sopra l’immagine

A Palermo Cgil, Cisl e Uil daranno il via alla più grande mobilitazione degli ultimi anni mentre a Roma inizierà il cammino di una norma con cui Renzi punta alla stabilizzazione di massa.

La mobilitazione organizzata da Cgil, Cisl e Uil nasce dalle emergenze che si sono moltiplicate a causa dei problemi di bilancio della Regione. Per questo motivo i confederali porteranno in piazza da mercoledì all’l 1 dicembre tutti i precari degli enti locali e della Regione.

Poletti sogna il cottimo: “Penso a contratto non legato a ore ma ai risultati”

Poletti orario di lavoro
Repubblica del 28 novembre 2015. Per scaricare l’articolo clicca sopra l’immagine

Dopo l’uscita sulla laurea (meglio finire l’università a 21 anni con 97 che tirarla in lungo per prendere 110 e lode) il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è tornato alla carica per demolire quello che, a sua detta, è un altro vecchio mito da sfatare. Quello, cioè, che il lavoratore debba essere pagato in maniera proporzionale all’impegno in termini di tempo, straordinari compresi. Un capitolo chiuso, secondo il ministro. Che sembra favorevole a rispolverare il cottimo, cioè appunto la remunerazione sulla base del risultato.

Una prassi che cambierà le nostre vite, il linguaggio, i rapporti interpersonali. “A che ora torni, caro?”. “Uh, come sei antica! Ancora legata alle ore! Arrivo quando ho raggiunto il risultato, come impone la nuova etica del lavoro”. “Quindi?”. “Boh, facciamo un giovedì di dicembre, ma non so quale”.

Ecco, niente orari. Preparatevi a un futuro di paste scotte e microonde. Perché ve lo diciamo con una mano sul cuore: in questo modo polettiano di intendere il lavoro, le ore non saranno mai meno, ma sempre di più.

Rottamando la paga oraria assisteremo finalmente a una guerra continua con ufficiali e graduati travestiti da capufficio. “Signorina, faccia questi otto miliardi di fotocopie”. “Guardi che io stacco alle sei!”. “No lei stacca quando ha finito”. Di colpo, in ufficio, si finirà di lavorare quando finirà il toner, mai prima.
(di Alessandro Robecchi – fonte: Il Fatto Quotidiano)