La rideterminazione della dotazione organica può legittimare la mancata assunzione dei vincitori del concorso

tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

La rideterminazione della dotazione organica può legittimare la mancata assunzione dei vincitori del concorso

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

I dipendenti vincitori di un concorso pubblico hanno un diritto soggettivo all’assunzione presso l’ente che ha indetto la selezione, soggetto alla giurisdizione del giudice del lavoro. La rideterminazione della dotazione organica, quale atto di macro organizzazione che abbia, invece, comportato la espunzione dei posti messi a concorso, la tutela del vincitore degrada ad interesse legittimo sindacabile dal giudice amministrativo. In quest’ultimo caso, spetterà al giudice amministrativo verificare se l’atto di macro organizzazione sia da considerarsi legittimo e come tale, il sacrificio richiesto ai vincitori del concorso possa essere o meno considerato recessivo rispetto al pubblico interesse dell’ente a non procedere alla loro nomina. Il Tribunale Amministrativo del Lazio (sentenza n. 4191 del 29 marzo 2019) ha dato ragione all’ente locale nella decisione di non procedere più alla nomina dei vincitori del concorso a suo tempo indetto.

La complessa vicenda

Nel 2016 l’ente locale ha deciso di pubblicare diversi bandi d concorso per l’assunzione di istruttori direttivi affidandone la selezione alla Commissione RIPAM (Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni), i cui esiti determinavano la nomina dei vincitori e degli idonei. A seguito del D.M. 24 luglio 2014, che determina i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica validi per gli enti, in condizioni di dissesto finanziario ai sensi dell’art. 244 e ss. e per quelli che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis, comma 8, lett. g del TUEL, il Comune rideterminava la propria dotazione organica riducendo la propria dotazione organica al fine del rispetto dei parametri ministeriali, con soppressione dei posti che erano stati messi a concorso. La copertura, inoltre, di alcuni posti messi a concorso veniva coperta con procedure di mobilità volontaria, mentre per altri posti a tempo determinato utilizzavano un protocollo di intesa con la Provincia per le necessità di personale transitorio dovuto ad eventi sismici e finanziato con risorse regionali, mediante attingi mento della graduatoria Provinciale e non Comunale.

I ricorrenti censurano la rideterminazione della dotazione organica che non avrebbe potuto incidere sulle posizioni ormai consolidate di vincitori di concorso, ricorso che invece era avvenuto mediante attivazione delle procedure di mobilità e di assunzione a tempo determinato per i medesimi profili professionali che avrebbero dovuto dare priorità al vincitori dei concorsi ormai espletati anche questi censurati dai ricorrenti.

L’indicazione dei giudici amministrativi

In merito alla prima censura di aver attivato il protocollo di intesa con la Provincia attingendo alla graduatoria di quest’ultima, il ricorso non merita accoglimento. Trattasi, infatti, di assunzione di personale tecnico a tempo determinato collegato all’emergenza sisma con risorse a carico della Regione e della Protezione Civile, che non incide in alcun modo sul programma triennale di assunzioni dell’ente locale ed è estranea ai posti messi a concorso e rivendicati dai ricorrenti, attinenti ad assunzioni a titolo di lavoro subordinato a tempo indeterminato per la gestione di funzioni strutturali dell’Ente e non per arginare situazioni emergenziali.

Anche il ricorso a procedure di mobilità volontaria, sono da considerare per il Collegio amministrativo immuni dai dedotti vizi di illegittimità, irragionevolezza e sviamento. Infatti, il ricorso alla mobilità volontaria risponde ad esigenze di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa che utilizza personale con esperienza acquista nell’esercizio dei compiti propri del posto da ricoprire, il quale ha già svolto la specifica funzione per un rilevante lasso di tempo continuativo, trattandosi di un lavoratore già stabilmente inserito nell’organizzazione della Pubblica amministrazione, da preferire rispetto ad una assunzione da farfe ex novo. Secondo la giurisprudenza amministrativa, ormai consolidata, l’esistenza di una graduatoria ancora valida, se limita (o in ipotesi, addirittura esclude ) la libertà di indire un nuovo concorso, non incide sulla libertà di avviare una procedura di mobilità. Infatti, la mobilità consente varie finalità quali l’acquisizione del personale già formato, l’immediata operatività delle scelte, l’assorbimento di eventuale personale eccedentario ed i risparmi di spesa conseguenti a tutte le ricordate situazioni (tra le tante Cons. di Stato , Sez. III, 19 giugno 2018, n. 3750).

Secondo il Collegio amministrativo, inoltre, il provvedimento attuato dall’ente locale più che costituire vero e proprio esercizio del potere di autotutela nei confronti del concorso, a cui i ricorrenti hanno partecipato, rappresenta la verifica, espressamente prevista nel bando di concorso, che condizionava l’assunzione alla “presenza di tutte le condizioni normative e contabili”. Tale verifica è stata effettuata dall’ente locale, con l’obbligo di rideterminare la propria dotazione organica che non era pari a 378 dipendenti previsti al momento dell’assunzione ma di 324 unità. L’atto dell’ente, nella soppressione delle posizione eccedenti, le quali hanno inciso proprio sui posti messi a concorso, ha permesso di ricondurre sia la spesa complessiva della dotazione organica a quella congrua per un ente in riequilibrio finanziario, sia la coerenza con i limiti imposti dal decreto ministeriale rispetto all’indice demografico del comune che si riferiva alla consistenza della popolazione residente al biennio precedente. Anzi, la Commissione di stabilità finanziaria degli enti locali, cui spetta la verifica della coerenza della dotazione organica e della spesa del personale, aveva evidenziato che la consistenza ridotta a 324 unità da parte dell’ente locale dovesse essere ulteriormente contenuta per arrivare ad un massimo di 315 unità. In altri termini, la riduzione si imponeva dunque come doverosa per l’Ente Comunale, con conseguente assoluta impossibilità di utilizzazione della graduatoria.

Infine, la graduatoria restando in ogni caso efficace non impedirebbe né ostacolerebbe le successive utilizzazioni della stessa da parte di altre amministrazioni per tutta la durata della stessa.

Il ricorso è stato, pertanto, rigettato.

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 29 marzo 2019, n. 4191